martedì

MA QUALE CRISI?

Di Antonella Randazzo


Ormai da tanti giorni i titoli dei giornali gridano alla “crisi finanziaria”. Ovunque si parla di questo, e si fanno congetture su quello che potrà accadere o di come “salvare” il salvabile. E’ stata creata una generale situazione di allarme, alzando il livello emotivo e seminando paura.
In realtà occorre chiedersi se realmente quello che sta succedendo rappresenta per noi tutti una “crisi”. In fondo cosa sta accadendo? Il sistema finanziario, che sappiamo essere radicalmente iniquo e truffaldino, sta mostrando le sue falle.
Ma questo è un male o un bene?
Adesso mi direte “ma sei impazzita? E’ ovvio che è un male se rischiamo tutti di perdere i nostri soldi!”
E io replico: ma quali soldi? Nel contesto attuale non esiste denaro come valore ma soltanto come mezzo di dominio. Infatti, le nostre banconote, come ormai molti sanno, non sono altro che debito verso le banche che le stampano e fanno pagare pezzi di carta come avessero valore nominale più gli interessi. Gran parte dei nostri guadagni serve a pagare questo debito.

La domanda è: il fallimento delle banche e la crisi finanziaria potrebbero rappresentare per i popoli la possibilità di uscire dall’asservimento?
Negli ultimi secoli ci sono state diverse occasioni per abbattere il sistema, ma a causa della paura del cambiamento non sono state colte.
Sono gli stessi banchieri, in una certa misura (non sono infallibili), a provocare o rendere possibili le crisi, sia attraverso il meccanismo “immettere o sottrarre banconote dal mercato”, sia attraverso il sistema delle bolle speculative. Occorre notare che le crisi possono persino servire a provocare affezione al sistema, attraverso la paura del cambiamento.
Nel 1929, i banchieri fecero aumentare i prezzi delle azioni, fino a quando raggiunsero livelli molto elevati. L'aumento vertiginoso doveva servire ad attrarre molte persone. A metà del 1929, ben nove milioni di americani avevano investito in borsa. A questo punto, i banchieri avevano tutto l'interesse a provocare la crisi. Il crollo sarebbe servito ad impossessarsi di una quantità enorme di beni (negozi, industrie, piccole banche, case, automobili ecc.) di coloro che non avrebbero più potuto pagare i debiti.
L'aumento o il ribasso azionario sono dovuti ad elementi di natura informativa o psicologica, e i banchieri possono controllare e condizionare le notizie che riguardano la Borsa.
Nell'ottobre del 1929, la caduta del valore delle azioni, provocata dai banchieri di Wall Street, produsse effetti devastanti. Le banche esigevano i pagamenti e i clienti non potevano pagare. Le industrie cessarono la produzione, e molte persone rimasero disoccupate. Piccole banche e industrie diventarono proprietà dei grandi banchieri che avevano innescato la crisi. Milioni di persone rimasero disoccupate o andarono in bancarotta, e alcune di esse si suicidarono.
La truffa del crollo del 1929 era stata ben compresa da Emile Moreau, governatore della banca di Francia, che l'8 febbraio del 1928 aveva scritto nel suo diario: "Le banche avevano ritirato improvvisamente dal mercato diciottomila milioni di dollari, cancellando le aperture di credito e chiedendone la restituzione".(1) I banchieri avevano agito in modo da bloccare l'economia, e questo si sarebbe riversato anche sul mercato borsistico. Sarebbe inevitabilmente scoppiata una grave crisi, che si ebbe il 29 ottobre del 1929.

Cosa accadde dopo?
Accadde che milioni di lavoratori rimasti senza denaro e senza lavoro si sollevarono, ma non furono in grado di cogliere l’occasione per occupare le fabbriche confiscate dai banchieri o per non riconoscere più il vecchio sistema finanziario che si era rivelato truffaldino.
Alcuni però si resero conto dell’opportunità, e stavano per organizzarsi in modo da abbattere il vecchio sistema, ma a quel punto intervenne lo stesso presidente, che si mostrò pronto ad offrire lui la via d’uscita. A quel punto, si rivelava più comodo e rassicurante continuare a riconoscere la “protezione” delle autorità piuttosto che lavorare arduamente per demolire il potere dell’èlite.

Il presidente americano Franklin Delano Roosevelt dette vita, nel 1933, al New Deal. Il nuovo corso mirava ad approvare una serie di leggi a tutela del lavoratore dell'industria e sullo stato sociale. Per la prima volta nella storia degli Usa, il governo interveniva nella vita economica e sociale del paese, a favore delle classi inferiori. Furono approvate leggi come il National Recoveru Act, che comprendeva la legge sul risanamento industriale, in cui veniva determinato l’orario di lavoro, il salario minimo e la lotta contro il lavoro nero.
In tal modo Roosevelt salvò il sistema, a costo di riconoscere alcuni diritti ai lavoratori, che sarebbero stati smantellati a partire dagli anni Ottanta dai successivi presidenti.

L’incapacità di cambiare costò ai popoli una durissima guerra, in cui i soliti personaggi si dettero da fare per accrescere ulteriormente il loro potere e la loro ricchezza, a danno delle popolazioni che continuavano a cercare la soluzione alle crisi nel sistema stesso che le aveva create.
Come molti sanno, le guerre mondiali hanno modificato profondamente la società dei paesi europei, decretando il trionfo di una ristretta élite economico-finanziaria, l’unica che ha ottenuto enormi vantaggi, concentrando ulteriormente il potere nelle sue mani. Le classi medie, come quelle povere, hanno perso potere e ricchezza, e sono state indotte a dipendere dalle decisioni prese dai governi, che diverranno sempre più lo specchio del potere dell’élite.

Ormai sappiamo che il sistema bancario, la Borsa e il sistema detto "capitalistico" hanno al loro interno aspetti paradossali, che siamo indotti ad accettare come "normali" o "essenziali". Sappiamo che i cosiddetti organismi di "vigilanza" o di "controllo", sono una truffa, in quanto lo stesso gruppo di persone è al contempo controllore e controllato. Le stesse persone che hanno il dominio finanziario si “travestono” da autorità che “tutelano” interessi collettivi.
Capiamo che si tratta di una messinscena, architettata in modo tale da far credere alle persone ciò che esse sono abituate a credere: che l'attuale sistema sia voluto dal popolo, sia a servizio del popolo, o comunque l'unico possibile.
Dobbiamo ricordare che sono le grandi banche ad avere nelle loro mani il potere speculativo della Borsa. Almeno il 70% del credito speculativo mondiale è nelle mani di tre grandi banche: Morgan Stanley, Goldman Sachs e Ubs. La Borsa è un sistema senza alcuna logica: è come una luce ad intermittenza irregolare, che pur essendo controllata dall'alto, dà l'illusione di potere anche a molti operatori e agenti. Fa parte del gioco, come anche il far credere che ci sia una logica di base o delle regole. In realtà la Borsa non ha regole certe, e le azioni non sono collegate alla situazione delle società a cui si riferiscono, né ad altri parametri chiari. Credere di avere potere investendo in Borsa è come credere che i banchieri siano a servizio della gente e vogliano condividere con tutti il potere. Certo, qualcuno può guadagnarci, e anche questo fa parte del gioco.
Ricordiamo anche che, come molti sanno, la Federal Reserve è formata da un gruppo di banche private controllate da personaggi come i Rothschild, i Rockefeller, i Morgan e i Warburg. Quando un banchiere muore o va in pensione, il potere viene ereditato dalla generazione successiva, in tal modo questo ristretto gruppo di famiglie esercita potere da diversi secoli.
Queste persone hanno il potere di impoverire qualsiasi area del pianeta, facendo crollare la valuta o sottraendo il denaro circolante. Ciò è avvenuto in Argentina, in Messico, nel sud-est asiatico e in molti altri paesi, con l’appoggio di personaggi che si curano di far eleggere.
Nel 1991 il presidente argentino Carlos Menem attuò riforme economiche devastanti, che peggiorarono la situazione già drammatica del paese. Egli prometteva al popolo importanti cambiamenti, mentre in segreto si accordava con Washington per continuare le devastazioni economiche. Nel 1991, verrà addirittura inserita nella carta costituzionale, la parità di cambio tra il peso ed il dollaro, che favorirà un'economia basata sulle importazioni. La situazione economica si aggravò ulteriormente, e si arricchirono soltanto i pochi che avevano investito all'estero. Washington dette al governo argentino miliardi di dollari, per indurlo ad attuare altre riforme favorevoli all'élite. Il progetto era quello di far crollare l'intero sistema economico-finanziario argentino. Menem continuò a fare il doppio gioco, illudendo il popolo argentino di poter accrescere la ricchezza del paese attraverso la privatizzazione delle aziende pubbliche e la deregulation in numerosi settori, per attrarre gli investitori stranieri. In realtà, egli stava attuando riforme che avrebbero messo il paese nelle mani dell'élite americana. Le riforme, imposte dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale, prevedevano il taglio della spesa pubblica e il licenziamento di migliaia di persone. Il debito estero raddoppiò, la povertà e la disoccupazione aumentarono, e la classe media venne cancellata. A metà degli anni Novanta, nacque il movimento dei piqueteros (disoccupati), che lottava per il lavoro, suscitando molti consensi popolari. I piqueteros rendevano visibili le persone costrette a rimanere ai margini del mondo del lavoro, che erano aumentate a dismisura in seguito alle riforme del Fmi.
Nel 1999 fu eletto Fernando De La Rua, che promise di lottare contro la corruzione e di processare i vecchi esponenti delle dittature militari. In realtà, egli si mostrava disposto a riprendere le politiche del precedente governo, e a questo scopo, chiamò al governo l'ex ministro menemista Domingo Cavallo, e altri sostenitori della linea neoliberista, che continuarono a privatizzare e fecero tagli a stipendi e pensioni.
Seguendo la linea imposta dal Fmi, il peso argentino fu svalutato del 70% rispetto al dollaro. Tutto fu privatizzato, anche i servizi (gas, telefono, trasporti, acqua, ecc.). I prezzi aumentarono del 42% e oltre 170 mila lavoratori furono licenziati. Cavallo tagliò gli stipendi e le pensioni del 13%, e attuò riforme che fecero crollare il consumo, le produzioni industriali e le esportazioni.
Le riforme del Fmi avevano messo l'intera economia argentina nelle mani di privati stranieri, che non avevano alcun interesse a rispettare le esigenze della popolazione, e ancora meno desideravano sacrificare facili profitti per i diritti dei lavoratori. Si ebbero tagli drastici alle spese sociali e ai sussidi a favore dell'agricoltura e dell'industria.
Nell'agosto del 2001, il Fmi fece aumentare il debito pubblico (che era stato congelato), da 8 a 14 miliardi di dollari. Nel dicembre dello stesso anno, Cavallo impose il congelamento dei depositi bancari, che impedì ai comuni cittadini di ritirare dalle banche i risparmi, mentre i grandi speculatori nazionali e internazionali avevano ritirato di colpo tutti gli investimenti. Anche le numerose corporation transnazionali, che prima avevano investito in Argentina, improvvisamente ritirarono la valuta e si rifugiarono altrove, lasciando il paese nel caos. Il New York Times scrisse che erano stati prelevati dalle banche "100 milioni di dollari al giorno".(2)
Dal gennaio 2001, 30.000 negozi furono costretti a chiudere, e la povertà salì al 49%. Il “Los Angeles Times”, calcolò che l'élite argentina fece sparire 106 miliardi di dollari, nascondendoli nei paradisi fiscali esteri, e 30 miliardi di dollari furono investiti in titoli “intoccabili”, mentre il denaro della classe media veniva gravemente svalutato e congelato. Migliaia di risparmiatori si riversarono davanti alle banche gridando "dateci i nostri soldi". La classe media, improvvisamente, dovette diventare cosciente che il sistema non tutelava i diritti fondamentali, e che i cittadini argentini avrebbero dovuto organizzarsi autonomamente per rimettere in sesto il paese. Milioni di persone del ceto medio rimasero senza nemmeno la possibilità di sfamarsi, e si aggiunsero ai milioni di poveri già presenti nel paese. Per quasi tre anni il popolo argentino protestò con blocchi stradali, scioperi, proteste e occupazioni, e venne quotidianamente represso dalle forze dell'ordine.
La sera del 19 dicembre 2001, De La Rua annunciò il crollo, e per tre giorni si ebbero disordini ovunque. Gli argentini chiedevano di riavere il loro denaro, e che fossero perseguiti i responsabili del saccheggio del paese.
Le repressioni governative provocarono 40 morti e 2000 feriti, e 40.000 persone vennero arrestate. Il 20 dicembre, la Plaza de Mayo divenne un campo di battaglia, in cui i poliziotti pestavano e sparavano.
Il Fmi, pur essendo il maggiore responsabile del collasso argentino, si considerò estraneo al disastro, e spacciò le strategie per saccheggiare il paese come "un programma che poteva essere sostenuto economicamente e politicamente".(3) Le autorità della Bm e del Fmi cambiarono la versione dei fatti, per far apparire che avevano cercato di aiutare il paese ma non vi erano riusciti, nascondendo che proprio le loro "riforme" avevano causato la bancarotta.

Ma la crisi argentina non fu soltanto un disastro: molti lavoratori si accorsero che poteva essere un’opportunità per cambiare il sistema, almeno parzialmente. Il popolo si sollevò e cacciò ben tre presidenti (Fernando De la Rua, Federico Ramón Puerta, Adolfo Rodriguez Saà). Si formarono assemblee popolari, sulla base del modello di democrazia diretta, che portarono verso l'autogestione delle fabbriche abbandonate dai proprietari. Oltre 200 fabbriche furono occupate e rimesse in funzione. Gli operai pianificarono la creazione di cooperative, avviando una lotta per l'espropriazione e la statalizzazione delle fabbriche autogestite.
L'occupazione della prima fabbrica, la Yaguanè (surgelazione), si ebbe nel 1996, seguì nel 1998 l'Impa (industria di imballaggi e carta di alluminio) e nel 2000, 90 operai metalmeccanici della Gip formarono una cooperativa e presero possesso dell'azienda. Dopo il 2001 si ebbero oltre 1000 industrie fallite, e i lavoratori presero possesso di alcune di esse. Nel 2001 furono autogestite la Zanon (fabbrica di ceramiche) di Neuquen e la Brukman (tessile) di Buenos Aires, che i vecchi proprietari avevano abbandonato. La Zanon e altre fabbriche diventarono un esempio di successo del sistema dell'autogestione.
Oggi circa 170 aziende sono gestite da 10.000 operai, che hanno creato un assetto privo di gerarchie. In tal modo molti sprechi sono stati eliminati, in quanto, con il vecchio patronato, almeno il 65-70% dei guadagni costituivano il reddito dei dirigenti e dei proprietari.
Per tutelare il nuovo assetto, continuamente minacciato dall’èlite, si è formato il Movimento Nazionale delle Imprese Occupate (Mner), che chiede l'estensione dell'Articolo 17 della Costituzione, che prevede le espropriazioni per "interesse pubblico". Secondo il Mner, anche espropriare un'azienda per creare occupazione significa operare per l'interesse pubblico.
I cittadini argentini si sono riappropriati di parte delle risorse del paese, dopo le devastazioni del Fmi. Oltre alle industrie, anche supermercati, miniere, case editrici ecc., abbandonati dai vecchi proprietari, sono stati rilevati dai lavoratori e rimessi in sesto. La lotta per riappropriarsi del proprio paese è anche una lotta per cancellare un passato fatto di ingiustizie e crimini. Racconta Raúl Godoy, segretario del Sindacato Ceramista di Neuquen: "Questa fabbrica (la Zanon) fu inaugurata nell'80, in piena dittatura. E come furono i mondiali, così anche queste grandi inaugurazioni contribuirono a far sì che il silenzio sulle morti, sui sequestri, sulla desaparecion continuasse impunito.... Ed oggi, a un anno dall'occupazione dell'impianto, posso dire con gioia che la fabbrica è inaugurata di nuovo, stavolta dalle Madri di Plaza de Mayo.... ed è una fabbrica nuova, una fabbrica degli operai, e delle Madri."(4)

I lavoratori che autogestiscono le fabbriche, le miniere ecc., hanno l'appoggio di quasi tutta la popolazione, compresi professori universitari e studenti. Per tutti gli argentini si tratta di far rinascere il paese da una devastazione colossale, architettata dall'élite statunitense per saccheggiare il paese. Il futuro dell'Argentina è affidato ai lavoratori, e alla loro capacità di autodeterminarsi. Si può considerare tutto questo come una rivoluzione pacifica, che determina un nuovo modo di intendere il lavoro e la proprietà. I lavoratori argentini, gestendo direttamente le fabbriche, stabilendo regole retributive eque e liberandosi del controllo dei "padroni", hanno generato un assetto realmente democratico.
Nel gennaio del 2002, diventò presidente Eduardo Duhalde, che cercò di sganciare il peso argentino dal dollaro, in seguito alla svalutazione del 300% della valuta argentina, che aveva trascinato il paese verso l'iperinflazione.
Il 25 maggio del 2003 fu eletto presidente Nestor Kirchner, che iniziò da subito una grande campagna contro la corruzione nell'amministrazione pubblica. Egli promise al popolo di essere disposto a contrastare gli obblighi imposti dal Fmi per difendere i diritti della popolazione argentina.

Il caso dell’Argentina è soltanto un esempio di come una crisi possa generare desiderio di libertà e rinuncia all’asservimento. Gli argentini capirono quello che era avvenuto: la responsabilità dei banchieri nel provocare la crisi e nel trarne profitto.
Accettare il principio di autorità nel settore finanziario ci ha resi schiavi di un ristretto gruppo di personaggi. Questi personaggi sanno che il loro potere si basa sulla nostra creduloneria, ovvero sulla disponibilità a credere che la moneta sia coniata nell’interesse di tutti, che l'economia abbia "cicli naturali" o che la Borsa dipenda da fattori completamente non prevedibili e non sia controllata da nessuno.

In parole semplici, l'accettazione psicologica appare fondamentale per mantenere il sistema, e addirittura le “crisi” possono rafforzare tale accettazione, provocando il vuoto che appare prima di un radicale cambiamento.
I banchieri si valgono di esperti in materie psicologiche e sociologiche, e sanno che le crisi sono utili quando una certa quantità di persone comprende la loro truffa e cercano il modo di uscirne.

Ovviamente, arriverà prima o poi la crisi definitiva che spazzerà l’attuale sistema di potere, Ma essa non potrà avvenire prima di una totale presa di coscienza delle popolazioni e dell’acquisizione di un forte senso di responsabilità necessario alla libertà.
Si dovrà comprendere che ogni “crisi” del sistema è vantaggiosa per i popoli.
Il problema è che i popoli temono di creare un sistema che li veda sovrani, perché pensano di dover dipendere dall’esterno e di non essere in grado di reggersi da soli. Se così non fosse non esisterebbe di certo un sistema finanziario basato sul nulla, e controllato da pochi personaggi, che agiscono come una banda di pericolosi gangster.

Forse occorre chiedersi come superare la gabbia di massa, che ci imprigiona a tal punto che anche quando le sbarre si allentano gridiamo di paura. Occorre chiedersi in cosa crediamo realmente: se nella libertà che esige responsabilità e rischio, o nell’asservimento, che è dovuto alla paura e al senso di impotenza.
Cosa sono le banche per noi? Siamo sicuri di non poter fare a meno dei banchieri attuali? Siamo sicuri che il fallimento delle banche non possa essere un’opportunità per rivoluzionare il sistema finanziario? Certo, questo richiederebbe un impegno e un senso di responsabilità che i popoli non si sono mai assunti prima d’ora (tranne casi sporadici), ma è certo che prima o poi un sistema fondato sulla truffa crollerà. E' dal nostro cambiamento che potrà derivare un cambiamento della realtà, e non saranno certo Berlusconi o Veltroni a dirci come demolire l’attuale regime.

I cambiamenti potrebbero essere già iniziati, grazie alla presa di coscienza di alcuni, e saranno irreversibili. Nel mondo molte persone vogliono uscire dal sistema. Questo è reale, anche se non vi verrà detto al telegiornale.
Arriverà il momento in cui ci sarà il crollo definitivo, prepariamoci per questo, superando ogni paura e credendo fermamente che il peggio sarà passato proprio nel momento del crollo.
Non dobbiamo più cedere il nostro potere ad autorità esterne, perché possiamo essere responsabili del nostro benessere, della nostra felicità e creare un sistema che non sia a servizio del profitto ma del bene collettivo. Possiamo iniziare sin da adesso a non essere più motivati dalla paura.
Non bisogna per forza avere uno spirito temerario e rivoluzionario per accogliere con favore le novità, che in apparenza potranno sembrare sgradevoli. Pensiamo a cosa hanno fatto negli ultimi secoli le grandi famiglie stegocratiche: guerre, povertà, fame e sofferenze di vario genere ed entità; due terzi degli abitanti del pianeta costretti a vivere in grave miseria, milioni di lavoratori-schiavi chiusi nelle industrie della Walt Disney, della Nike, della Coca Cola, ecc.; le mafie internazionali che estendono i loro affari sempre più in tutti i settori economici; la disoccupazione e il precariato lavorativo; l’inquinamento che aumenta a causa della resistenza ad applicare le nuove tecnologie energetiche; i sistemi politici sempre più basati sullo spettacolo e sulla corruzione, i media sempre più squallidi e degradanti, ecc.
Credete che rimpiangeremo qualcosa?


Articolo correlato “Psicologia della Finanza”
http://antonellarandazzo.blogspot.com/2007/11/psicologia-della-finanza-parte-i-le.html



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NOTE

1) Moreau Emile, Memorie di un governatore della Banca di Francia, Cariplo-Laterza, Roma-Bari 1986. www.centrostudimonetari.org
2) New York Transfer, 24 Aprile 2002.
3) Intervista a Thomas Dawson, responsabile delle relazioni esterne del Fondo Monetario Internazionale. http://italy.indymedia.org/news/2002/08/76632.php
4) http://italy.peacelink.org/latina/articles/art_19896.html

25 commenti:

sanfer ha detto...

Gentile Signora Randazzo,

leggo da diverso tempo gli articoli di questo blog. Sulla situazione del nostro mondo ho aperto gli occhi già da diversi anni, la presenza del burattinaio che muove i fili è evidente. Con molti conoscenti si commenta tale stato di fatto ma non si riesce a trovare un punto da cui partire per iniziare a cambiare le cose.
Una rivoluzione?? Impossibile. Dare il voto a un partito serio?? Non ce ne sono. Il nostro ragionamento rimane sempre impigliato in questo nodo, difficile da sciogliere. Purtroppo la coscienza del popolo è ormai offuscata da "miriadi di cazzate" (scusi il termine volgare ma efficace) proposte dalle tv e massa media in genere. Quando affronto il discorso, la risposta più frequente è: "Lascia stare, è tutto inutile". Sono ancora uno dei pochi che si imbufalisce vedendo come stiamo andando a rotoli? Spesso mi sento come Don Quijote contro i mulini a vento.
Come possiamo iniziare a creare un nuovo mondo, dove i nostri figli abbiano la possibilità di una vita decorosa?

Saluti.

Davide

Alberto ha detto...

Rivedere la crisi argentina è come rileggere una fiaba, dove ci si chiede come i buoni possano essere stati tanto stupidi e i cattivi tanto impuniti. Se non fosse che come l'Argentina siamo noi oggi, e perfino la stessa storia rischia di ripetersi laggiù, come in Islanda e forse in tutto il mondo. La crisi fa paura, una paura che viene da lontano, che ci attanaglia progressivamente, che non passa al solo capire che è una strategia dei potenti.
Dopo una vita a comprare tutto ciò che ci occorre, o che crediamo ci occorra, e non basta mai, ci terrorizza restare senza soldi, è come sentirsi morire, perdere il lavoro, rimanere senza più aria da respirare, senza futuro. E ci terrorizza il solo pensiero che per rinascere bisogna morire di questa crisi, come la fiaba ci insegna. Certo si potrebbe risolvere tutto dolcemente, solo usando il cervello, ma solo in teoria, se la paura non fosse reale. E se arrivasse un nuovo Roosevelt, magari nei panni di Robin Hood, gli correremmo dietro festanti e rasserenati, fino alla prossima crisi. E' molto difficile fare i medici di se stessi.

Antonella Randazzo ha detto...

La domanda di Davide è semplice, ma la risposta non può esserlo altrettanto. Qui si tratta di considerare la crescita emotiva e sociale di ogni individuo, e di come si può diventare talmente evoluti da ritenere di poter creare la propria realtà senza doversi asservire agli altri.
E' un discorso che coinvolge tanti piani di conoscenza: quello psicologico, sociologico e fisico.
Il discorso è lungo e complesso.
Potrebbe essere utile leggere alcuni testi di studiosi che da anni studiano questo argomento, come Joseph Dispenza ("Evolvi il tuo cervello. Come uscire dal vecchio programma", Macro Edizioni, Cesena 2008) oppure Gregg Braden ("La guarigione spontanea delle credenze", Macro Edizioni, Cesena 2008). Ovviamente, esistono anche altri punti di vista del problema, altrettanto interessanti (sono gradite segnalazioni).
Il punto centrale è che la soluzione non è all'esterno di noi, ma dentro noi stessi. Se non cambiamo noi non cambierà nemmeno la realtà esterna. Finora abbiamo cercato all'esterno, ritenendoci incapaci di reggerci da soli e i risultati si possono vedere nella realtà attuale.

Il Politicon ha detto...

Grandissimo articolo. Noto in giro una maggiore presa di coscienza. Tuttavia ancora oggi mi trovo a discutere con gente che non immagine possibile che le banche possano essere responsabili di questo sfascio planetario. A volte mi alcuni mi guardano come fossi un paranoico con la mania della teoria della "cospirazione". E abbandono pensando: "prima o poi saranno costretti e a vedere".

livroteca ha detto...

Antonella, le tue parole come sempre risplendono..

e mi addormenterei con loro tranquillamente... ma un pensiero alimenta la mia insonnia, che ne faranno di tutte quelle armi che sembra abbiano costruito?, che ne faranno di tutti quei militari che hanno addestrato...

le banche mi fanno pena, le armi mi fanno ancora paura.

un abbraccio.

frittomister ha detto...

La prima difesa è la consapevolezza, quindi dobbiamo fare di tutto per divulgare tra amici e conoscenti tutto ciò che apprendiamo, anche tramite la rete, a proposito della schiavitù imposta dall'elite finanziaria.
Poi è importante rendersi conto che il potere non lo esercitiamo solo durante il voto (secondo me è l'ultimo dei momenti in cui si esercita il potere), ma sopratutto quando spendiamo il nostro denaro (ammesso che esista...), cioè quando canalizziamo il frutto del nostro lavoro. Nel limite del possibile io cerco di evitare tutti i prodotti pubblicizzati, specialmente di multinazionali, di consumare il meno possibile, e di usare mezzi pubblici. Riuscire ad organizzare comportamenti di consumo efficiente secondo me sarebbe molto più dirompente di qualunque croce sulla scheda o gesto di protesta violento.

Massi ha detto...

Signora Randazzo, quando lei dice che il punto centrale è che la soluzione non si trova all'esterno di noi, ma dentro noi stessi, mi trova perfettamente d'accordo con lei.Questa sua giustissima affermazione mi riporta alla memoria un uomo che diceva la stessa cosa, secondo me è stato un grandissimo italiano all'estero, Tiziano Terziani.
Leggo sempre con piacere gli articoli del suo Blog.
Un saluto

Antonella Randazzo ha detto...

Se crolla il sistema non ci sarà più bisogno né di armi né di guerre, e dunque tutte le produzioni saranno convertite sulla base dei bisogni collettivi.

Davvero moltissime persone stanno prendendo coscienza della realtà, e ogni giorno il numero aumenta.
Molto prima di quanto pensiamo le cose cambieranno. Credete sia da sognatori pensarlo?
Se nell'Ottocento qualcuno avesse detto che dopo alcuni decenni ci sarebbe stato un tubo catodico (la TV) che miliardi di persone avrebbero guardare per ore sarebbe stato preso per matto, eppure è successo.
Il sistema attuale è già da alcuni anni a capolinea. Forse potrebbero ancora passare alcuni anni, ma crollerà e il problema è che noi dobbiamo già da oggi prepararci a questo.

Unknown ha detto...

Ciao Antonella, da qualche mese ho iniziato ad osservare con grande attenzione lo scenario di questa grande crisi finaziaria-sociale e scavando, ricercando, navigando sull´oceando internet mi sono avvicinato alla scuola austriaca di economia ( www.mises.org ) e al pensiero filosofico-umanistico-libertario del grande economista Von Mises.
Si anch´io penso che una grande occasione di liberta´sia finalmente arrivata
Mi piacerebbe sapere se anche tu hai mai studiato il pensiero della scuola austriaca di Von Mises

emiliano ha detto...

complimenti per l'articolo. ho scoperto oggi questo blog, e ne sono rimasto colpito. la "crisi", da sola, non porterà ad alcunché perché esattamente come quella del '29 è stata creata ad arte per scambiare debiti con beni reali che finiranno nelle mani di indovinate chi. attendersi che il capitalismo "si suicidi" è quindi sterilizzare a priori le proprie possibilità di incidere sul reale; il potere si riproporrà con etichette diverse e identici modi brutali. la soluzione, forse, è prendere l'iniziativa nelle proprie mani e cominciare a vivere assecondando principii più umani e respingendo con ogni mezzo prevaricazione, gerarchia e sopraffazione. con ogni mezzo.

Unknown ha detto...

parole sante ma ho paura che la natura umana sia infallibilmente propensa a fregare il prossimo.
nel senso che ben vengano cambiamenti radicali dell'attuale sistema di asservimento e controllo dalle elite, ma poi chi ci dice che nuove elite nasceranno e cresceranno per riportarci al punto di partenza?
sicuramente avverrà con stili nuovi di zecca mascherati sempre, come oggi, da "cose buone e giuste".
purtroppo penso che l'evoluzione umana, quella vera, trascende dalle nuove scoperte tecnologico/scentifiche (tubo catodico).
attualmente l'essere umano ha raggiunto una evoluzione interiore di poco superiore a quella che aveva durante il medio evo.
forse riusciamo a sopportare tale gap con le "cose" che ci rendono la vita per così dire facile.
grazie al tubo catodico e altre scoperte e comodità probabilmente abbiamo più coscenza della realtà delle cose.e questo non può che fare bene e migliorarci ma ci vincola sempre di più alle "cose".
nel momento in cui questa vita facile dovesse divenire difficile allora potremmo essere catapultati indietro di mille anni.
immaginando una bella crisi globale dove venga a mancare qualsiasi servizio essenziale per come ora siamo abituati (acqua, luce, gas quindi tv, telefono, internet, spostamenti con auto, bus, aerei quindi mancanza di beni di prima necessità nei negozi chiusi), penso che si tornerebbe tutti all'istinto animalesco di sopravvivenza e del più debole che soccombe al più forte. sia come singoli individui che come gruppi organizzati (tribù).
ecco allora che le elite non sono nient'altro che la parte più forte dell'essere umano.
quella parte che esisterà sempre alla testa di qualsiasi società proprio perchè selezionata dalla competizione per la sopravvivenza, prima per l'acqua e il cibo e poi per l'accaparramento di qualsiasi risorsa del pianeta.
tutto questo a mio parere osservando come appunto il pianeta sia sempre più nelle mani di pochi irresponsabili egoisti dittatori che hanno il nome di elite.

Antonella Randazzo ha detto...

Risposta ad Antonio Manno: sinceramente, non ho avuto ancora modo di approfondire il pensiero dell'economista Von Mises.

cinetica ha detto...

Andrea,
questa elite non è affatto la parte più forte dell'essere umano, non è affatto selezionata dalla dalla competizione per la sopravvivenza,
ma è figlia del nepotismo e dei privilegi acquisiti dalle lobbies,
ovvero è una manica di figli di papà e di furbetti del quartierino che hanno avuto più culo degli altri.

Alberto ha detto...

Von Mises ha affascinato anche me, ma alla fine propone un gold standard storicamente archiviato (non dagli economisti ma dalla realtà) ed un liberismo puro come soluzione dei problemi economici. Purtroppo siamo già nell'era della moneta a corso legale di natura puramente convenzionale, senza alternative, ma la cui emissione è stata delegata al sistema bancario privato organizzato nelle banche centrali. Così il trust della moneta è diventato il più potente del mondo, superiore agli stati sovrani, ed è manipolato "professionalmente" dagli stegocrati che ne sono padroni. Nonostante errori e lotte interne questa gestione "famigliare" ha trovato via libera, grazie anche al meccanismo di rendere complici le classi dirigenti e non solo, riproducendo la verticalizzazzione della società come nella struttura piramidale della S.p.A. che sta assimilando l'intera economia planetaria.
I problemi economici, le crisi, i conflitti armati, tutto fa brodo in questa realtà monetaria da rapina, che si espande divorando le risorse naturali ed umane in un gioco a somma zero, dove tutti i crediti tendono al vertice e tutti i debiti alla base, una base sempre più ricattabile e ricattata. La conquista della parità tra gli esseri umani e la conseguente libertà individuale, costata immani sofferenze culminate nei due conflitti mondiali, è stata così riassorbita nel precedente sistema oligarchico delle civiltà antiche, modernamente reinterpretato in forma apparente di democrazia, nell'era del consumo di massa tecnologicamente assistito.
L'eterna rincorsa della coscienza civile ai progressi tecnologici non è mai stata così difficile ed essenziale per scongiurare la catastrofe ambientale ed economica, ormai tutt'uno.
La scienza monetaria è la grande assente, e non a caso manca un degno figlio di Von Mises, che sappia superare il padre. Tuttavia la coscienza collettiva della truffa monetaria in atto sta faticosamente prendendo forma.
Tanto per cominciare dovremmo riformare la nostra Costituzione, già avanzatissima quanto disapplicata e moribonda, per consolidare il principio di divisione dei poteri, includendovi però quello economico-monetario e quello mediatico-informativo-formativo.
Se però la condizione storica necessaria è un nuovo conflitto, non ci arriveremo mai.
Alberto

alessandro perrone ha detto...

Mi complimento con l'interessantissimo articolo. Occorre stare molto attenti sugli sviluppi di questa crisi; dopo il '29 ci sono state due soluzioni d'uscita alla crisi, una che si reggeva sul compromesso socialdemocratico: più lavoro, più diritti e più Stato, l'altra sulla barbarie dei fascismi. Non va però dimenticato che c'era anche la Russia sovietica e che le masse operaie dell'occidente guardavano ad essa come ad un esempio da imitare. In questa crisi gli altri popoli europei hanno almeno la fortuna di avere governi anche di destra, ma sicuramente più seria di quello che abbiamo noi. Solo noi in Italia, infatti, abbiamo il conflitto d'interessi così eclatante. Berlusconi invita agli industriali a non investire in pubblicità alla RAI e nessuno dice nulla. Sua figlia entra in Mediobanca e pare che tutto sia normale, per non parlare del caso Mediolanum.

Ulisse ha detto...

Stiamo giocando in un enorme Monopoli
(da pronunciare Monopòli perchè di questo si tratta ) ma non siamo padroni del tabellone e non abbiamo capito ancora di chi è.

Un consiglio per la lettura:
Libertà dal conosciuto, J.Krishnamurti.

Andrea Bologna76 ha detto...

Ciao Antonella,
mi permetto di darti del tu per farti i miei complimenti, i tuoi articoli sono veramente dei must.
Da diverso tempo leggo vari siti e blog della c. d. "controinformazione".
L' argomento economico direi che è quello che più mi interessa, visto il riscontro reale e tangibile che ho nella vita di tutti i giorni soprattutto negli ultimi tempi....
Le banche, e il sistema economico che loro stesse ci impongono, è veramente assurdo.
Progetti come la Jak Bank, banche etico solidali, monete alternative tipo SCEC potrebbero essere secondo te quei primi piccoli passi in direzione di una economia veramente sostenibile? Sono realizzabili nella realtà italiana?(lo SCEC sembra di sì) Perchè vada per la consapevolezza e l' informazione personale ma bisognerà pure far qualcosa di concreto.....
Grazie mille. Ciao Antonella! Sei una grande!

www.idea3online.it ha detto...

Ora vi racconto una favola per fare capire:

Cappuccetto “rosso” camminava nel bosco lì incontrò il lupo e se la mangiò…la Russia era nel bosco la incontrò il lupo e se la mangiò
Il lupo vide un altro cappuccetto “rosso”, disse al secondo cappuccetto “rosso”…..vieni che ti accompagno a casa della nonna, ma la Cina rispose…va bene però non ti offendere se mentre mi accompagni ti punto la “lupara” nella testa caro lupo. Il lupo rispose va bene….e camminava e camminava ma la casa della nonna non esiste…forse cappuccetto “rosso” premerà il grilletto. Il lupo soffre perché ha la lupara puntata sulla testa.

Morale:

La Russia si è fidata del lupo.
La Cina si è fidata del lupo ma a condizione che punta verso il lupo la “lupara”.

Il secondo cappuccetto “rosso” non è stato mangiato dal lupo, ma nel bosco ha fatto sia la parte del bambino e sia la parte del cacciatore, e se dalla pancia del lupo il primo cappuccetto rosso è stato salvato dal cacciatore? Una cosa è certa il lupo non ha digerito bene il primo cappuccetto “rosso” fagocitato, e come se ha un dolore alla pancia, e come se riceva calci..che dolore ha il povero lupo.

Chi è adesso il cacciatore? Amici si prepara il default del sistema bancario


Amici il gioco delle potenze è il gioco dei bambini, i giocattoli non sono macchinine, costruzioni, ect…ma adesso è il petrolio per fare camminare le macchine…e il gas per riscaldare le costruzioni.


In questo momento gli accorti dovrebbero chiudere i prestiti inutili e gettare via le carte di credito, fare questo finchè tutto non si calmi...magari i cittadini ascoltassero, rimborsare le carte di credito e le finanziarie, questo corrisponde ad un rendimento del 10-15% all'anno. Quale bond rende il 10%?

In una seconda fase chi vuole potrà riavere la sua carta di credito ma adesso liberatevene come la peste. Non dobbiamo fare campare chi ha distrutto la povera vecchietta!!!

Sono sempre convinto che si prepara il default del sistema bancario!!!

www.idea3online.it/subprime.htm

Unknown ha detto...

nell'ambito del discorso del cercare cambiamenti all'attuale situazione vorrei proporre la lettura (presa da un altro sito di INFORMAZIONE) di una lettera inviata a IL GIORNALE DI VICENZA Martedì 28 Ottobre 2008 e sottoscritta dalla popolazione vicentina del "Sì-dal Molin".

penso che finchè saremo circondati da tali persone nulla potrà mai cambiare per il meglio.
PROTESTA

«Un silenzio assordante»



Noi non manifestiamo, non sfiliamo, non battiamo pentole, non distribuiamo volantini, non occupiamo prefetture e stazioni, non imbrattiamo muri e teatri, non blocchiamo il traffico, non insultiamo, non lanciamo uova e pomodori marci, non costruiamo tendoni abusivi, non piantiamo alberi sul suolo demaniale, non impediamo cene e manifestazioni, non distribuiamo "patenti di persona non gradita", non partecipiamo a dibattiti, convegni, talk-show, non mostriamo le terga nude alle inaugurazioni, non attacchiamo manifesti sui cassonetti.

Noi viviamo una vita tranquilla e senza strepiti, abbiamo famiglie e amici, lavoriamo e quando possiamo ci divertiamo, viviamo in case grandi o piccole, a volte purtroppo anche negli ospedali o nelle carceri, abbiamo momenti tristi e momenti felici, viviamo in silenzio grandi drammi, ma anche piccole soddisfazioni, siamo molto vecchi perché esistiamo da sempre, in tutti i paesi e in tutte le epoche, e leggiamo, ci muoviamo, parliamo, discutiamo, ascoltiamo, ecco ... ascoltiamo.

E per chi ci sa ascoltare (e lei caro signor sindaco, non è tra questi) il nostro silenzio è un rumore assordante, è un boato fragoroso, più forte delle urla di 23 mila persone.

La Maggioranza Silenziosa

e a seguire il commento che approvo pienamente dell'utente che ha postato tale argomentazione.

In altre parole, sarebbe come dire:

noi stiamo bene così come siamo, abbiamo il nostro lavoro la nostra casa le nostre comodità il nostro cinema la nostra macchina il nostro cibo (magari dop) il nostro cioccolatando le nostre vasche in centro il nostro teatro …

abbiamo cioè dimostrato e continuiamo a dimostrare la nostra pigrizia il nostro egoismo il nostro menefreghismo, e gli altri? che si arrangino:

che i nostri figli crescano incoscienti nella ricca bambagia mantenuta con soprusi e violenze sui più deboli, tanto quell’oppressione non la vogliamo vedere e non vogliamo sentirne parlare,

che uno stato straniero ci occupi militarmente va bene, purché prometta di darci un po’ di soldi e di non rompere le scatole,

che si voglia costruire nella nostra città una struttura pensata per procurare disastri e morti nei pesi più deboli: facciano pure, basta che non disturbi il nostro quieto vivere;

che chi viene qui in cerca di una vita un minimo dignitosa se ne vada, ché sporca la nostra città;

che chi si spende per combattere le ingiustizie, vada a farlo a casa di altri, ché qui disturba;

che chi vuole ottenere questi miglioramenti in modo non violento smammi, tanto qui non lo vuole neanche la Chiesa ufficiale,

che chi è qui fuori della legge vada in galera o torni al suo paese, in barca o in camion o come vuole, qui non lo vogliamo;

ecc. ecc.

cioè chi ha fame continui a morire, tanto noi mangiamo;

chi ha sete continui a morire, tanto a noi l’acqua non manca;

chi è straniero rimanga all’addiaccio, tanto noi la casa l’abbiamo;

chi è in galera vi rimanga a marcire, tanto noi siamo rispettosi della legge;

chi è ammalato muoia pure, tanto noi abbiamo i soldi per pagarci le cure;

chi è analfabeta rimanga ignorante, così può essere meglio manipolato;

chi va a scuola venga pure condizionato e indottrinato, così non dovrà fare la fatica di pensare;

ecc. ecc.

Quasi letteralmente come dice il Vangelo, vero?

Esattamente è vivere ogni uomo come nostro fratello, e i doni che abbiamo offrirli a servizio di tutti, perché li abbiamo ricevuti solo per poterli a nostra volta donare, no ?

Quasi quasi è un “fai agli altri quello che ti piacerebbe gli altri facessero a te”, non è vero?

Non riesco proprio ad accettare questa stupida “tranquillità” che nella storia ha sempre avuto esiti mortali!

Unknown ha detto...

Ciao Antonella,
il tuo articolo "purtoppo" non è fantascienza ma é reale.
Spero vivamente che abbiamo il coraggio di fare come in Argentina.
Ma in italia sarà molta più dura,
abbiamo chi ci dice che tutto va bene ed e tutto bello.
NON DEVE VINCERE SOLO LA LOGICA DEL PROFITTO a scapito della perdita dei posti di lavoro.
Banche, imprenditori, management
televisione, giornali tutto da buttare.
Solo Internet è vero pluralismo e libertà di parola.

saluti
incazzato nero

Unknown ha detto...

ciao antonella,
mi dimenticavo .. da buttare
partiti, sindacati, ecc
il ceto medio non esisterà più

se non publicherai non me la prenderò ma almeno mi avraì ascoltato

Antonella Randazzo ha detto...

Perché mai non avrei dovuto pubblicarti? Sono io la prima a denunciare quello che dici, ovvero il controllo dei partiti, ecc.
vedi
http://antonellarandazzo.blogspot.com/2007/09/cosa-sono-realmente-i-partiti-e-come.html

Decrescita e Comuni virtuosi ha detto...

Ciao Antonella, scusa il tono confidenziale è solo per prendere confidenza, ho letto diversi articoli tuoi, devo dire che sono di buona se non ottima espressione, una nota particolare merita questo articolo grazie di esistere.

Anonimo ha detto...

E' un vero piacere poterle scrivere dottoressa Randazzo. Ho da poco terminato di leggere un libro interessante che si intitola Hilter ha vinto la guerra di Walter Graziano e seguo con interesse il suo blog. Molto interessante questo articolo e legato a questo tema volevo indicarle anche un buon documentario fatto nel 2004 che riporta molto di quello che lei scrive.

Il diario del saccheggio

http://www.youtube.com/watch?v=R17O2wiDog0

sarebbe disposta in un futuro non molto lontano a tenere una conferenza che parli di tale problema e che indaghi inoltre sul suo splendido e terrificante libro Dittature la storia occulta (che tra l'altro mi han detto è fuori produzione e non so proprio come recuperare)??

grazie della sua cortese attenzione se volesse nel caso rispondere privatamente, questa è la mia mail: teobert-@hotmail.it

Antonella Randazzo ha detto...

Grazie per l'apprezzamento e la segnalazione.
Sono lieta di informarla che il libro "Dittature" adesso è già disponibile nella nuova edizione. Per leggere la recensione e sapere come acquistarlo vada al link:
http://antonellarandazzo.blogspot.com/2009/10/regalati-e-regala-la-nuova-edizione-del.html