lunedì

LA FINZIONE POLITICA - Parte Prima - Condizionare le emozioni

Di Antonella Randazzo


In seguito alla caduta del governo Prodi, è stata aperta la campagna elettorale, a cui i telegiornali stanno dando molto spazio. Ogni giorno ci viene offerta un'ampia varietà del panorama elettorale: invettive, stoccate, secessioni, accuse, o l'alterco di turno.
Molte persone credono che l'attuale sistema sia rappresentativo, nel senso che i cittadini, tramite il voto, eleggono alcuni delegati. In realtà ciò non avviene, poiché sono i Partiti a scegliere i candidati e la scelta elettorale avviene all'interno di un sistema che manipola le emozioni, le informazioni e molti altri aspetti della realtà. Di conseguenza, la maggior parte della popolazione crede di essere libera di scegliere, mentre di fatto soltanto chi controlla il sistema sceglierà una certa quantità di persone, che faranno la campagna elettorale, e che potranno avere ruoli politici. Tutto ciò avviene senza alcuna considerazione delle reali capacità dei candidati di risolvere i problemi del paese, poiché al centro dell'attenzione non c'è l'interesse collettivo ma la salvaguardia e il rafforzamento del sistema stesso.
Esistono molti legami fra mass media e politica, e per comprendere appieno l'attuale sistema politico occorre analizzare il sistema dei mass media. Non soltanto perché i politici veicolano i loro messaggi attraverso i mass media, ma anche perché gli eventi socio-culturali promossi dai media di massa hanno sempre più importanza nel creare la realtà collettiva e nell'orientare il consenso.
Oggi la "cultura" non è più fatta dagli intellettuali indipendenti, ma dai gossip e da programmi televisivi altamente involutivi. Molti non conoscono nemmeno più la differenza fra la situazione mediatica attuale e la cultura propriamente detta. Ciò ha un grande peso nel peggiorare la politica, poiché l'elettore poco informato e che non coltiva la propria mente si aspetta sempre meno competenza e coerenza, limitandosi a seguire, più o meno passivamente, le beghe e le risse dei vari personaggi politici.
Secondo una ricerca condotta dallo psicologo Richard Wiseman, pubblicata sulla rivista "Nature", la televisione è più adatta degli altri mass media a far credere alle menzogne dette dai politici. Spiega lo scrittore e giornalista Klaus Davi: "La televisione... funzionando attraverso immagini che rimangono impresse nella mente degli elettori, sarebbe non tanto da sfruttare per raccontare false promesse, quanto per diffondere false percezioni della realtà e dell'avversario... Attraverso immagini che rimangono sedimentate nella mente degli elettori... è possibile condizionarli su quanto sta accadendo intorno a loro... Per questo motivo la televisione si presta perfettamente a rivestire il ruolo di media più bugiardo... Se in passato i politici ci facevano sognare, oggi, al contrario, ci promettono di proteggerci dai nostri incubi peggiori con i toni pericolosamente paternalistici".(1)
I mass media, soppiantando nella vita di molti le attività sociali e culturali, hanno acquisito un enorme potere di condizionare le emozioni, favorendo oltremodo la suggestione e l'illusione. Basi su cui viene posto l'attuale potere politico.
Il sistema politico attuale può esistere soltanto all'interno di una realtà mediatica che crea una determinata condizione psicologica, idonea a rendere "normale" tale sistema. I mass media (specie i telegiornali, la pubblicità e la televisione), presentano alcune caratteristiche atte a destabilizzare il senso di sé, a indurre l’individuo a formare una determinata versione del mondo (materialistica, superficiale, istintuale, egoistica, ecc.) e a sperimentare un senso di impotenza sugli eventi, come se essi fossero difficilmente modificabili. Diversi programmi trattano problemi come il precariato lavorativo, la povertà, la disoccupazione o i disservizi, argomentandoli senza far comprendere le vere cause, e dunque rendendo difficile una chiarezza circa la loro definitiva risoluzione. Ciò produce un senso di impotenza e di disagio, che sarà assai utile all'attuale sistema politico, basato proprio sulla mancata soluzione dei problemi collettivi.
Tale sistema deve, per continuare a sopravvivere, creare un assetto cognitivamente "chiuso", in cui vigila una struttura autoritaria che non permette a nessuno di avere reazioni che possano squarciare il muro che protegge il potere del gruppo dominante.
La ripetizione ossessiva degli spot pubblicitari non serve soltanto a vendere il prodotto, ma anche e destabilizzare mentalmente le persone, facendo subire loro una ripetitività che terrà occupata la mente su aspetti non importanti dell'esistenza.
Per rendere il sistema più efficace, vengono creati contrasti e opposizioni.
Specie negli ultimi decenni, il sistema di valori professato dai media è sempre più rigidamente impostato su polarizzazioni estreme: buono/cattivo, bene/male, noi/loro, ecc. Le guerre statunitensi vengono raccontate come buono (occidentale) e cattivo (terrorista), nascondendo la verità (vedi http://www.disinformazione.it/significato_terrorismo.htm).

La distinzione destra/sinistra, presente all'interno del sistema partitico, poteva avere un senso fino agli anni Settanta, quando la classe proletaria (o dei lavoratori) si riuniva nelle associazioni politiche o sindacali, e aveva le sue pubblicazioni e iniziative mediatiche. All'epoca i lavoratori esistevano mediaticamente e politicamente, anche se il sistema dei partiti cercava di limitarne il più possibile il potere. Gradualmente, il gruppo dominante ha tagliato fuori le classi popolari dalla politica, assumendo il possesso della quasi totalità dei mass media e il controllo di tutti i partiti parlamentari. Oggi gli operai esistono soltanto nelle cronache mortuarie, quando avvengono incidenti terribili, causati dai tagli alla sicurezza e favoriti dalla sostanziale impunità di cui gode il gruppo dominante.
I media hanno il potere di manipolare le emozioni per garantire che il sistema, nonostante i paradossi, continui a sopravvivere. Spiega il sociologo Italo De Sandre:

"Sicuramente si è ampliato - non soltanto in chiave esplicitamente pubblicitaria - lo sfruttamento delle emozioni per una loro riproduzione di massa... Nella vastissima produzione dell'industria culturale si possono intravedere in azione - ben al di fuori della pubblicità - i meccanismi psicologici profondi... i mass media stimolano ambiguità, contraddizioni e spaccature rispetto agli "oggetti d'amore", creando ansie, sollecitando sentimenti e contemporaneamente offrendo al pubblico strumenti e simboli per la risoluzione a proprio modo di quelle ansie attraverso il distanziamento (separazione, estraniazione) dalla responsabilità del dolore mostrato (guerre, atrocità, disgrazie). Offrendo mediazioni soprattutto rispetto alla responsabilità di coinvolgimento diretto delle persone, anche nella pratica dell'altruismo, spettacolarizzato esso stesso (ad esempio nella raccolta fondi di alcuni programmi televisivi nda)... La cultura di massa ridisegna lo stile di sé attraverso gli stili di vita... con strategie più moderne e polverizzate, affidate al bricolage dei singoli. Emozioni da gestire e godere in uno stile di sé il cui set coincide sempre di più con l'agenda dei mass media sostenuta dai mercati connessi, con stili di vita in cui aggressività ed ostilità in questi anni stanno crescendo, giustificate da valori di solidarietà spesso angusti, a loro volta legittimati dalla propria ricerca di identità".(2)

I mass media tendono dunque a creare una dipendenza degli individui dai contenuti che essi propugnano, agendo sull'emotività, in modo tale che le persone perdano i criteri interiori di riferimento, che indichino loro ciò che è "giusto", "bene", "male", "vero", "falso", "accettabile" o "inaccettabile".
La dipendenza emotiva dal giudizio mediatico è sempre più significativa. Ad esempio, mentre nel periodo di "mani pulite" i mass media condannavano gli incriminati e non la magistratura, inducendo i cittadini al crollo della fiducia e alla condanna morale dei politici corrotti, oggi i media di massa, condannando o mettendo in dubbio l'operato della magistratura, producono effetti assai diversi. Mastella oggi può tranquillamente fare la sua campagna elettorale come se non vi fossero contro di lui gravi accuse di corruzione; e addirittura presentarsi come una vittima della magistratura. Questo esempio può dare l'idea di cosa si intenda per "manipolazione emotiva dai mass media". Ovvero, le reazioni dei cittadini dipendono sempre più dalle pulsioni emotive stimolate dai media. Essi non si accorgono di agire come robot, sulla base di ciò che il sistema vuole, e contro i propri interessi.
Il legame emotivo creato dal sistema è talmente forte che secondo l'Associazione Europea attacchi di panico, una crisi di governo aumenta i casi di ansia fra i cittadini, proprio come avviene ai bambini nei casi in cui vedono i genitori litigare. Avere fiducia nelle attuali istituzioni può significare cadere in una depressione latente.
Alcuni individui, sommersi di informazioni e discorsi politici ingannevoli, invadenti e manipolanti, possono provare un senso di disagio e un nascosto risentimento. Spiega la sociologa Francesca Ursula Bitetto:

"Viviamo in una società "vanitosa" che rende inessenziali i rapporti fra gli uomini sottolineando l'esteriorità, l'appartenenza, il possesso... Siamo continuamente sottoposti ai messaggi di una comunicazione paradossale ancor prima che inessenziale. Il risentimento... è frutto dei paradossi del sistema in cui viviamo, delle sue asserzioni contraddittorie o impossibili da realizzare, e delle frustrazioni che da questa impossibilità derivano. Il successo, la felicità, l'uguaglianza, la democrazia, sono solo alcune delle promesse sistematicamente propagandate e deluse... L'infelicità dell'uomo è frutto di una promessa non mantenuta... In una società di schiavi le rivendicazioni di uguaglianza non sono ancora un contenuto fatto proprio del sistema... è lo stesso sistema (a creare) nei fatti barriere tali da impedirne la realizzazione".(3)

Difendersi dal coinvolgimento emozionale mediatico sta diventando sempre più difficile. Subiamo una montagna di stimoli emozionali di vario genere, anche quando cerchiamo di sottrarci.
Le nostre emozioni vengono stimolate, ma anche canalizzate all'interno di un contesto ben preciso. Il sociologo Arlie Russell Hochschild parla di "riciclaggio delle emozioni": "Riciclano le nostre emozioni e i nostri sentimenti per rivenderceli in forma diversa e paradossalmente come celebrazione di sentimenti incontrollati".(4)

Per accrescere il potere del sistema sulle nostre emozioni, vengono utilizzate tecniche assai sottili, che tendono a dare alle emozioni un significato sociale che in precedenza non avevano. Vengono utilizzati "esperti" pronti a dare significato alle nostre emozioni e ai nostri sentimenti, condizionandoci a ritenere un significato piuttosto che un altro.
Oggi, dunque, la nostra vita emotiva non è poi così spontanea e autentica come si può comunemente intendere, poiché sono numerosi gli stimoli mediatici e sociali che tendono a controllare le nostre emozioni. Per spazzare via l'attuale sistema, le persone dovrebbero riappropriarsi della propria vita emotiva, prendendo le distanze dalle manipolazioni mediatiche. Occorre ritornare a riconoscere autonomamente ciò che è accettabile da ciò che non lo è.
I politici dell'attuale sistema si impegnano soprattutto a capire come poter meglio persuadere le "masse". Per "massa" si intende una "grande quantità indistinta di persone che agisce in maniera uniforme", che iniziò ad essere creata dal sistema alla fine del XIX secolo.
Per gli intellettuali accreditati dal regime e per i dittatori del passato, le "masse" non sono un effetto del potere sui popoli, ottenuto stimolando l'area più involuta del cervello (quella detta cervello R, che presiede allo spirito gregario), ma l'essenza delle persone riunite in una folla. Scrive Hitler nel Mein Kampf: "Le masse non sanno cosa farsene della libertà e, dovendone portare il peso, si sentono come abbandonate... Pertanto la propaganda efficace deve limitarsi a poche parole d'ordine martellate ininterrottamente finché entrino in quelle teste e vi si fissano saldamente".
Mussolini scriveva: "Regimi democratici possono essere definiti quelli nei quali, di tanto in tanto, si dà al popolo l'illusione di essere sovrano".(5)

"Massificare" significa creare un'entità conforme nelle reazioni emotive e nel comportamento verso il potere. Il sistema oggi ha molti strumenti efficacissimi per massificare e per annullare l'individuo, sottraendogli la sua originalità creativa e di pensiero. L'effetto della massificazione diventa, nelle argomentazioni degli esperti e dei dittatori del passato, la "natura" di un'entità (il popolo) da non definire. Scriveva Mussolini:

"Il popolo non fu mai definito. È una entità meramente astratta, come entità politica. Non si sa dove cominci esattamente, né dove finisca. L'aggettivo di sovrano applicato al popolo è una tragica burla... La sovranità gli viene lasciata solo quando è innocua o è reputata tale, cioè nei momenti di ordinaria amministrazione. Vi immaginate voi una guerra proclamata per referendum? Il referendum va benissimo quando si tratta di scegliere il luogo più acconcio per collocare la fontana del villaggio, ma quando gli interessi supremi di un popolo sono in gioco, anche i Governi ultrademocratici si guardano bene dal rimetterli al giudizio del popolo stesso".(6)

I politici di oggi professano le stesse idee, soltanto che non lo dicono. Ciò risulta evidente nel loro modo di gestire il potere, e nel loro rifiuto categorico di dare reale sovranità al popolo nelle questioni importanti, come la moneta o il diritto di sovranità sul proprio territorio.
Mussolini diceva ""Quando mancasse il consenso, c'è la forza" .(7) Le autorità di oggi non lo dicono ma lo mettono in pratica. Ad esempio, in Campania e in Val di Susa sono stati usati manganelli e la repressione dell'esercito; e nei paesi esteri la repressione dei popoli viene chiamata "missione di pace". Oggi i metodi repressivi vengono giustificati dal pretesto che viene a crearsi una situazione violenta, e non si dice che tale situazione è spesso organizzata dalle stesse forze che reprimono, attraverso squadre appositamente addestrate (vedi http://antonellarandazzo.blogspot.com/2007/09/la-dissidenza-e-il-g8.html)

Secondo la Psicologia delle folle, spesso il comportamento di gruppi umani è altamente condizionato da persone che stimolano i comportamenti più involuti, attraverso paure, o anche attraverso stimoli emotivi che spingono all'entusiasmo, al coinvolgimento emotivo, o a manifestare aggressività verso altri gruppi o persone. Se si stimolano gli aspetti irrazionali si possono produrre folle che si comporteranno in modo irragionevole, contro i loro stessi interessi.
L'irrazionalità può essere stimolata attraverso una sorta di induzione "ipnotica", ripetendo slogan, frasi ad effetto, sventolando bandiere, attraverso simboli, oppure semplicemente evocando emozioni o rassicurando.
Talvolta le corde toccate sono inconsce, ovvero si stimolano desideri, speranze e illusioni, inducendo in tal modo il comportamento desiderato, irrazionale perché non in linea con la ragionevolezza che il soggetto dovrebbe avere per creare una realtà consona ai suoi interessi.
La creazione di Partiti stimola l'aggregazione ideologica delle masse, e rende dunque attivi i meccanismi emotivi che possono portare al condizionamento. L'uomo è un essere sociale, e dunque, all'interno di una cultura di massa, che stimola l'appartenenza sociale senza un vero sviluppo della personalità individuale, è indotto ad aggregarsi ad un gruppo o ad un partito. Talvolta si abbraccia la fede ideologica della famiglia di appartenenza, o si continua a votare un Partito per abitudine o affezione, tralasciando le aspettative deluse.
Utilizzando le conoscenze acquisite sulla "massa", il politico (o l'esperto per lui) prepara i suoi discorsi, scegliendo con cura, e sulla base degli effetti emotivi, parole, concetti, nomi, ecc. L'oratore politico deve evocare le immagini ad effetto (famiglia, casa, lavoro, sicurezza, stabilità, sviluppo, ecc.) che la seducono. Deve creare un clima emotivo positivo, in cui le sue parole appariranno vere e i suoi propositi come i migliori. I politici tengono conto che:

1) Gli elettori sono delusi dal governo precedente, che non ha mantenuto le promesse.
2) Ci sono diverse aspettative di novità, specie nei settori in cui c'è stata la delusione.
3) Gli elettori non voteranno le stesse persone che li hanno delusi, dunque i partiti dovranno sostituire i loro candidati oppure fare nuove promesse.

Di conseguenza tutti i candidati tratteranno gli stessi argomenti: cambiamento, costi della politica e trasparenza, sviluppo economico, combattere l'impoverimento del paese, lavoro, ecc. Ogni partito accuserà l'avversario di non rinnovarsi, di non essere all'altezza dei cambiamenti o di non porsi a servizio dei cittadini.
Il politico tende talvolta ad utilizzare frasi ambigue, per evitare di dire evidenti bugie o verità scomode. Dovendo fondare il suo operato sull'inganno e sulla finzione, egli fa largo uso di mezze verità e di mistificazioni. Le menzogne del politico talvolta sono evidenti, eppure, se in ambito sociale o giuridico la menzogna è condannata, in ambito politico sembra essere considerata "normale".
Nella politica attuale la sincerità non può essere prevista poiché se i politici svelassero ciò che sanno sulla verità del sistema farebbero crollare tutta l'impalcatura che lo regge.
Il politico deve saper cogliere i desideri, le speranze e le aspirazioni della massa e far credere di essere l'unico capace di realizzare tutte le aspirazioni. Quello che conta non è ciò che intende fare, ma quello che appare che egli farà. E anche quando sarà evidente lo scarto fra ciò che ha detto di fare e ciò che ha fatto, egli si ripresenterà con le stesse tecniche persuasive, facendo credere di poter ancora realizzare ciò che il popolo vuole. Nella comunicazione emotiva, l'illusione risulta essere assai più importante della realtà. Come asseriva Gustave Le Bon: "Nella storia l'apparenza ha sempre avuto un ruolo più importante della realtà".(8)

I gruppi umani ridotti in "masse", dalla manipolazione mentale attuata dal sistema, diventano fortemente influenzabili non dai ragionamenti ma dall'immagine che il "leader" offre loro.
All'interno della massa, le persone sono indotte a non conoscere se stesse, e a preferire la scelta del percorso di minore resistenza, attuando una moralità più bassa rispetto a quella presente nella coscienza dei singoli individui.
Il gruppo di potere sa assai bene che "i grandi cambiamenti di incivilimento sono la conseguenza di cambiamenti nel pensiero dei popoli... Gli unici mutamenti importanti, quelli da cui scaturiscono rinnovamenti di civiltà, si operano nelle opinioni, nelle concezioni e credenze."(9)
Per questo l'attuale sistema tiene strettamente sotto controllo il pensiero, le opinioni e le idee, riservandosi di creare esso stesso idee e concetti da divulgare, e impedendo in vari modi che possano giungere ai mass media opinioni e idee completamente indipendenti.
L'ascesa delle classi popolari, iniziata nel secolo XVIII, avrebbe dovuto portare a sistemi di sovranità popolare, e invece, a causa del controllo attuato dal gruppo egemone, sono state create "masse" popolari quanto più simili nella mentalità al gruppo di potere (nell'egoismo, nel materialismo, nella superficialità, ecc.), ma depotenziate per ciò che riguarda l'effetto sulla realtà. In tal modo tutto è rimasto invariato nei fatti, ma con parole e tecniche politiche (fra queste c'è il sistema partitico) è stato fatto credere il contrario.
La fiducia ha un ruolo fondamentale nel mantenere inalterato un sistema politico-economico. Essa risulta una risorsa potentissima, senza la quale i cambiamenti sarebbero inevitabili. Per questo motivo viene alimentata in vari modi la fiducia nel sistema, e quando ciò non risulta possibile, si alimenta la sfiducia in se stessi, in modo tale da far apparire la realtà come immodificabile.
Un'altra risorsa importantissima per il mantenimento del sistema è la paura, che spesso è complementare alla sfiducia. Il sistema alimenta la paura del cambiamento, facendo intendere che se si tenta di cambiare si può andare incontro all'insicurezza, allo sfacelo, alla dittatura o alle divisioni "etniche".
Vengono alimentate anche molte altre paure, come la paura della povertà, la paura di ammalarsi e la paura dello straniero.
L'uso elettorale della paura deriva dal modello anglosassone, che da sempre ha utilizzato l'insicurezza, il "nemico", o le possibili catastrofi ambientali per far percepire il politico come colui che deve proteggere la società civile. Per risultare più efficaci, nelle campagne politiche anglosassoni si amplifica ogni possibile pericolo, facendo così diventare la paura un importante fattore per il consenso. Il mondo viene descritto come un luogo oscuro, pieno di nemici e di pericoli, e la politica diventa l'ala protettrice che salva dal pericolo. Gli argomenti per suscitare paura non mancano: c'è il "terrorismo", c'è il disastro ambientale, c'è l'avversario che delude, c'è lo straniero che minaccia la sicurezza, ecc. Come osserva Davi: "La paura è... la risorsa politica di coloro che hanno rinunciato a perseguire la giustizia, la libertà e l'uguaglianza".(10)
(CONTINUA PARTE SECONDA)


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LA FINZIONE POLITICA - Parte Seconda - Volgari imbroglioni come capi di governo

Di Antonella Randazzo


Il sistema politico attuale del nostro paese è stato creato dagli anglo-americani, e ad oggi procede imitando ogni aspetto della propaganda statunitense. Le tribune elettorali sono state inserite a partire dagli anni Sessanta, in seguito alle presidenziali americane in cui si ebbe il noto dibattito fra Kennedy e Nixon.
Negli anni Settanta il nostro paese ebbe la particolarità di vivere una stagione di grande attivismo politico delle classi lavoratrici, che, com'è noto, è stato duramente spezzato nel periodo dello "stragismo di Stato". In quegli anni i cittadini italiani non erano ancora stati a sufficienza passivizzati dalla televisione spazzatura e condizionati dalla pubblicità involutiva. Ciò preoccupava non poco le autorità statunitensi, e grazie all'introduzione delle televisioni private si iniziò un percorso massiccio di "rimbecillimento" .
Il sistema politico creato dalle autorità statunitensi è sempre più dominato dall'inganno, dalla menzogna e dall'intento di ridurre gli elettori a semplici partecipanti all'allegro teatrino elettorale. Spiega Klaus Davi:

"La menzogna non è certo un fenomeno nuovo nella politica americana. Tuttavia, molti osservatori notano come essa sia divenuta dominante nell'ultimo cinquantennio. Il più frequente ricorso alle bugie, così come ai raggiri, ai segreti e al cosiddetto "spinning", cresce di pari passo con l'aumentato degrado della classe politica, ubriacatasi dal potere e dalla ricchezza che da esso ne deriva... (Negli anni Sessanta) I programmi elettorali di entrambi i candidati furono così simili che era quasi impossibile distinguere le promesse dell'uno da quelle dell'altro... (i candidati o i presidenti) fanno ampio ricorso ai sondaggi, diventati di cruciale importanza nella conquista dell'opinione pubblica... I risultati dei sondaggi servono per creare e modellare l'immagine e i programmi di un candidato verso il target di elettori che si intende colpire".(11)

Oggi tutti i partiti promettono tutto quello che gli elettori vorrebbero. Addirittura Veltroni promette mille euro al mese ai precari. Una promessa che ricorda molto quella di Berlusconi, fatta nel 2001, di dare un milione di vecchie lire al mese a tutti i pensionati. Si tratta di strategie per garantirsi il voto delle categorie sociali coinvolte, ma una volta al potere si fa in modo che soltanto una minima parte di persone ne abbia realmente diritto, escludendo, attraverso clausole, tutti gli altri. Ad esempio, Berlusconi alzò la pensione soltanto ad una minima parte di pensionati, lasciando tutti gli altri a bocca asciutta. Ovviamente, in campagna elettorale fanno credere di estendere a tutti le promesse, tenendo conto che dopo aver preso il potere basterà dimostrare di aver mantenuto la promessa a qualcuno per potersi vantare di essere "di parola".
Nessun politico vi dirà mai che dovrà per forza promuovere l'impoverimento dei cittadini, in linea con la volontà dei suoi "padroni". Ormai da alcuni decenni è questa la "politica" voluta dal sistema, e i grandi partiti vi si adattano a perfezione. Ad esempio, con l'introduzione dell'euro, i politici non hanno affatto vegliato sui prezzi, scatenando un aumento del costo della vita pari a quasi il 100%, mentre, a causa delle leggi che legalizzano lo sfruttamento lavorativo, i salari sono diminuiti (dimezzando il potere di acquisto). Inoltre, a partire dagli anni Novanta, quasi tutti gli attuali personaggi politici hanno appoggiato la svendita dei beni pubblici, a favore dei grandi gruppi, controllati dalle banche d'affari. Questo aveva l'obiettivo di accrescere il controllo anglo-americano sull'economia del nostro paese.
Dobbiamo ricordare che le persone che stanno facendo discorsi di "rinnovamento e crescita economica", nei comizi elettorali di questo periodo, sono esattamente le stesse persone che hanno causato il disastro economico nel paese, e che hanno fatto finanziarie devastanti per accondiscendere alle richieste del debito-truffa dei banchieri. Qualsiasi promessa facciano nell'attuale campagna elettorale, i fatti confermeranno la loro corruzione.
Di pari passo col peggioramento della politica, si è avuto il fenomeno della sua spettacolarizzazione. Oggi i politici appaiono ovunque: nei talk show, nelle riviste di moda o di gossip, e in molti spettacoli di intrattenimento. Tutto sembra essere diventato "politica", ma si tratta di una politica "personalizzata", che ci informa sui rapporti sentimentali dei politici, o sui rapporti coi figli o coi parenti. Ci rivela i loro gusti nel vestire o nel mangiare, o se amano viaggiare. Nessun mass media ci dice dettagliatamente quale sarà il loro programma economico, né come vorrebbero far diventare più alti gli stipendi degli italiani. Ci si trova ad avere una valanga di informazioni, che però non aiuta affatto a capire meglio la realtà. Spiega Davi:

"Più aumenta) l'overdose di informazione politica, e (più) i parlamentari si sentono onnipotenti, indistruttibili, affetti da machismo cronico. Eppure questa loro continua esposizione non fa altro che confermarci il loro lato oscuro: l'impressione, se non la certezza che quando comunicano non fanno altro che raccontare 'balle'. Usando tecniche retoriche per omettere, smentire quanto detto prima, sviare".(12)

Oggi le campagne politiche sono definite "campagne di marketing", poiché si tratta di "vendere un prodotto" (l'immagine del politico) con metodi tipici della pubblicità e dello spettacolo. Spesso i politici copiano addirittura gli stessi contenuti delle pubblicizzazioni dei marchi. Anche i prodotti pubblicizzati inneggiano al "nuovo", oppure sostengono di offrire ciò che altri non possono offrire. Ad esempio, una campagna promossa per vendere orologi Swatch aveva come slogan "Sempre nuovo, sempre diverso", oppure viene in mente la pubblicità della Coop: "Coop chi può darti di più".
Durante le campagne politiche, dunque, vengono messi in pratica gli stessi linguaggi persuasivi del marketing, e la vera politica, come luogo in cui si affrontano problemi collettivi e si migliora l'esistenza di tutti, viene cancellata dalla realtà, con tutti i disastri che ne deriveranno.
I politici oggi puntano alla suggestione e all'emotività più che al ragionamento, e spesso si contraddicono, ma nessuno può farglielo notare. Infatti, la realtà politica del mondo attuale, essendo quasi completamente asservita al gruppo dominante, che controlla i media, non presenta un reale contraddittorio da parte della gente comune o di giornalisti indipendenti. Spesso la situazione di contraddittorio è costruita "ad oc", con personaggi di partiti diversi e giornalisti che fanno parte del sistema. In tal modo i politici sanno che nessuno farà loro domande come "cosa pensate del potere di signoraggio delle banche?", oppure "credete che il nostro paese possa essere liberato dall'occupazione militare americana?", o ancora "Se non siete riusciti a risolvere i problemi del paese in quanto sottomessi al gruppo di potere, qual'è il motivo per cui vi siete ricandidati?".
Senza rischiare alcuna domanda che sveli la vera realtà, il politico a servizio del sistema punta a far credere a tutti di essere dalla loro parte: se si troverà a parlare con gli operai dirà di essere interessato a difendere i diritti lavorativi, se invece si troverà con i commercianti o gli imprenditori dirà che sosterrà i loro interessi. Lo stesso dirà se si dovesse trovare con qualsiasi altra categoria sociale ed economica. La sua bravura consisterà nell'impressionare positivamente, convincendo che effettivamente egli avrà a cuore ciò che professa essere importante. Ma per il semplice fatto che egli ha promesso tutto a tutti, è evidente che sta truffando qualcuno, ed è ragionevole ritenere che questo qualcuno sia il soggetto più debole del sistema (i cittadini comuni).
Il politico stabilisce i temi che saranno al centro dei suoi discorsi o delle sue strategie. Tale scelta è fatta in seguito ad alcune indagini statistiche da cui emergeranno importanti informazioni su ciò che l'elettorato vorrebbe. Ad esempio, Veltroni è stato informato delle critiche rivolte alla "sinistra", dovute all'immagine che i media davano di uno schieramento "ostaggio" della sinistra radicale, che facevano emergere il problema di avere un unico schieramento compatto. Per questo motivo egli avanzò la scelta di candidare da solo il Partito Democratico. Non si trattava dunque di una scelta "coraggiosa", come scrissero i media, ma di una scelta dettata dalla necessità di ispirare maggiore fiducia.
C'è un duplice scenario nelle campagne elettorali: da un lato i personaggi in scena cercano di convincere quanto più possibile gli elettori, dall'altro essi sono costantemente controllati e osservati dal gruppo di potere, che è l'unico ad "eleggere" realmente qualcuno (dato che decide la candidatura di quasi tutti i personaggi).
I personaggi politici, per far colpo sul gruppo dominante, devono riuscire a suscitare fiducia negli elettori, facendo discorsi convincenti, in cui utilizzeranno con generosità parole come "democrazia", "proteggere", "diritti", "trasparenza", "rinnovamento" o "risolvere", ossia parole che suscitano immagini positive e rassicuranti.
In realtà a quasi tutti i politici non interessa nulla se i lavoratori soffrono per il precariato, se ci sono sempre più poveri, o se muoiono sempre più persone in seguito ai danni provocati dallo smaltimento "mafioso" dei rifiuti, poiché il loro unico obiettivo è quello di fare "carriera" all'interno di un sistema che non ha come scopo il benessere di tutti.
Spesso l'uso delle parole nei comizi politici è tendenzioso o mistificatorio. Ad esempio, alcune parole tuonano come una terribile accusa, senza nemmeno dover argomentare il motivo che ha spinto ad usarle. E' il caso della parola "demagogia" oppure della parola "ideologico". Mentre, al contrario, alcune parole o concetti qualificano in modo splendido, senza bisogno di giustificarle coi fatti, ad esempio, "responsabile", "impegno", "meno tasse", "sostegno alle famiglie" o "sviluppo economico". I politici tendono dunque ad utilizzare termini precisi per affossare gli avversari o per suscitare consenso, e spesso tali termini non sono a sufficienza argomentati per far comprendere cosa esattamente intendono sostenere.
Addirittura alcuni personaggi dicono cose insensate o promettono riforme azzardate. Ad esempio, Gianfranco Fini ha sostenuto che la faccenda dei rifiuti in Campania era il segno evidente del fallimento del governo Prodi, senza però tener conto che il problema va avanti almeno da 14 anni. Di Pietro, invece, propone addirittura la soppressione di due reti Fininvest, senza ricordare che il governo di cui faceva parte non era riuscito nemmeno a sopprimerne una. I piccoli partiti possono permettersi di propagandare grandi cambiamenti (anche se adesso lo fanno persino i grandi partiti), tanto poi i loro deputati saranno talmente pochi da non incidere affatto sull'operato del Parlamento, e nel caso raro in cui potessero incidere sarebbero messi sotto ricatto ("se non voti così fai cadere il governo").
Gli stessi programmi dei Partiti sono una forma di propaganda, e saranno puntualmente disattesi. I discorsi dei politici abbondano di luoghi comuni, di riferimenti ai valori comuni della società e di termini altisonanti, con scarsi riferimenti concreti. L'effetto emotivo non esige una concettualizzazione compiuta. Come disse il filosofo inglese Henry Maine: "Sarà sempre facile far accettare a una folla delle idee generali presentate con parole impressionanti, anche se queste idee non siano mai state verificate e forse non sia possibile verificarle".(13)

Veltroni riprende addirittura la questione dei diritti/doveri, tanto cara a Mussolini, che spesso parlava di "diritti ma anche doveri." Ad esempio, in un discorso pronunciato al senato il 27 novembre del 1922, disse: "La libertà non è solo un diritto, ma è un dovere".

Negli ultimi decenni alcuni studiosi utilizzano il termine "campagna permanente", ad indicare che la campagna elettorale tende a sussistere anche durante il governo, poiché quest'ultimo deve poter continuamente giustificare il proprio operato, utilizzando le medesime tecniche di propaganda usate nella campagna politica.
I personaggi politici recitano discorsi preparati da persone che hanno una notevole conoscenza dei meccanismi di manipolazione mentale, ed è per questo che molti, pur essendo scettici poiché percepiscono la finzione politica, ascoltando un discorso politico possono convincersi e sentire simpatia per quel personaggio. I meccanismi attivati impediscono (a meno che non si abbiano grandi conoscenze della realtà o di se stessi) di ricordare che tutti i politici fanno discorsi in cui fanno credere di voler difendere gli interessi della gente comune e che tutti i politici hanno lo scopo principale di essere eletti.
Veltroni ha iniziato ufficialmente la sua campagna politica a Spello (Perugia), dicendo una serie di castronerie e di inesattezze. Ad esempio, ha detto: "Loro sono sempre gli stessi, noi il cambiamento". Ma se poco tempo prima egli sosteneva il governo Prodi, e tutti sanno che egli si propone come sostituto di Prodi, cosa mai rappresenterebbe di "nuovo"? Egli aggiunge:

"Grazie al risanamento portato avanti dal governo Prodi oggi è possibile venire incontro agli italiani con la riduzione delle tasse e l'aumento dei salari... Quelli del centrodestra sono sempre gli stessi... Hanno già governato l’Italia per sette anni e propongono di tornare a farlo esattamente con gli stessi di prima... È la politica che deve rialzarsi, non l'Italia... (la politica) è solo un mezzo e non un fine... Mi candido a guidare questo Paese, non per ricoprire una carica, ma per cambiarlo".(14)

Prodi non ha attuato alcun "risanamento" dato che il paese ha continuato ad impoverirsi e sono andati avanti i tagli alla spesa pubblica. Se per "risanamento" Veltroni intende i pagamenti ingenti dati alle banche per la truffa del debito pubblico allora in effetti ciò è avvenuto, mettendo in ginocchio il paese ancora di più.
Veltroni critica lo slogan del centrodestra "Rialzati Italia", dicendo che si deve rialzare la politica. Ma per rialzare la politica si dovrebbero spazzare dalla scena tutti gli imbroglioni come lui.
Veltroni propone lo slogan "Yes, we can" (Si può fare), ispirato dallo slogan utilizzato nel 2004 da Bush ("Yes, America can") e da quello attuale di Barak Obama ("Change we can"). Veltroni copia tutto dai politici statunitensi: slogan, cartelloni rettangolari di propaganda mostrati dalle folle, uso di termini, ecc. Nei suoi comizi manca soltanto la bandiera a stelle e a strisce.
Egli illude gli italiani di voler attuare un "cambiamento", ma ci dovrebbe spiegare in cosa consista concretamente questo cambiamento, e come avverrà, se non si sfida il gruppo di potere che ha l'obiettivo di far rimanere tutto così com'è. C'è da immaginare, dato che il Partito Democratico è costituito dalle stesse persone del governo Prodi, che l'unico cambiamento consiste nel nome del partito e nel nuovo simbolo.
Il cambiamento facile di nomi e simboli dei partiti, tipico dei nostri giorni, è un chiaro segno di come la politica non sia più agganciata al sistema dei valori della società civile. Persino Clemente Mastella, nel 2004, ebbe a dire sarcasticamente: "Scusate, come ci chiamiamo oggi?".(15)

Veltroni esalta i risultati della "lotta all'evasione", ma i cittadini comuni sono già vessati da un'altissima pressione fiscale (per pagare le banche e alimentare il sistema corrotto) e dunque, dato che i grandi gruppi imprenditoriali hanno la sede nei paradisi fiscali, a chi vuol far pagare altre tasse? Ai "soliti noti"? Molto di quello che Veltroni dice nei suoi discorsi non è altro che una presa in giro delle persone comuni, e molti non se ne accorgono nemmeno, credendo alla sua aria di persona tanto "per bene".
I personaggi degli altri schieramenti non sono certo da meno di Veltroni in fatto di castronerie e truffe. Berlusconi e Fini, a San Babila parlano addirittura di "un grande sogno", senza specificare che per loro il potere è un grande sogno, ma per gli italiani corrisponde ad un incubo.
Una delle preoccupazioni principali di Berlusconi, in preparazione dell'incontro al Teatro Nuovo di San Babila (Milano), era la scelta del look, e si era consigliato con più persone circa la scelta dell'abbigliamento. Egli, da persona attenta al mondo propagandistico occidentale, trainato dagli "esperti" statunitensi, sa che durante i comizi non si deve apparire troppo diversi dagli elettori (né troppo eleganti né troppo sciatti) e che occorre apparire dinamici, ottimisti, sicuri di sé e scattanti. Berlusconi ha gettato critiche a valanga sul governo Prodi, come se loro negli anni precedenti avessero fatto meglio, e ha utilizzato varie tecniche persuasive per attirare l'elettore, come la strategia del "non votare al di fuori del bipolarismo... (perché) è pericoloso, sprecato e inutile perché i piccoli partiti hanno la forza di ostacolare i progetti".
Berlusconi utilizza persino la morte della propria madre e di quella di Fini per la sua propaganda. "Sono in paradiso, ci guardano e ci sostengono" ha detto durante il comizio a San Babila. E approfitta per apparire devoto agli affetti familiari dicendo, rivolgendosi ai giovani: "a voi giovani dico di avvicinarvi ancora di più alla vostra mamma che è la persona che vi vuole in assoluto più bene al mondo".(16) Sarebbe davvero molto commovente se non si trattasse di strumentalizzazione di ciò che è davvero importante per raccattare qualche voto in più.
Gli attuali personaggi che stanno facendo campagna politica, almeno per il 90%, sono motivati da un concetto strumentale di potere, ovvero si impegnano per giungere ad ottenere un "posto" (o poltrona) nel panorama politico italiano, potendo così acquisire privilegi materiali e sociali. Nel sistema attuale le persone sono state indotte a dare per scontato che esista una sorta di politica-spettacolo, fatta di feste, entusiasmi manifestati con scritte su striscioni, bandiere, cartelloni, ecc., sul modello della politica statunitense. Ma in realtà spendere milioni di euro (che pagheremo noi attraverso i "rimborso ai partiti") per mettere in atto spettacoli atti a far scegliere Tizio o Caio non serve affatto al popolo, anzi lo danneggia.
Lo spettacolo della politica è osceno se visto come un modo per saccheggiare le casse pubbliche, ed è doppiamente osceno se si considera l'inganno che sta alla base, e che permette di creare un "Parlamento", che costerà ai cittadini altri milioni di euro. Tutto questo per produrre un assetto funzionale al gruppo dominante che, attraverso quel più del 90% dei politici (alcuni sono ignari delle vere caratteristiche del sistema, o credono ingenuamente di poter fare qualcosa per "cambiare la realtà"), potranno impunemente agire per i propri interessi, e contro gli interessi collettivi.
Le tecniche per indurre il popolo a non accorgersi di questa drammatica realtà sono tante. Innanzitutto la formazione di Partiti e l'uso di simboli che evocano emozioni importanti (famiglia, lavoro, società, nazione, ecc.). Poi troviamo anche l'uso di parole, slogan e discorsi convincenti. Alcuni personaggi utilizzano anche eventi festosi (cene, feste, commemorazioni, ecc.).
In tutti i casi c'è un alto grado di finzione e una netta discordanza fra ciò che si dice o si fa credere attraverso slogan o simboli, e ciò che è l'obiettivo del personaggio politico.
I Partiti politici oggi sono ideologicamente tutti uguali, in quanto le persone che vengono candidate sono tutte a servizio dello stesso gruppo dominante. Dunque, quasi tutti i candidati politici sono assai più vicini fra loro di quanto facciano apparire. Potrebbero essere considerati come funzionari di uno stesso istituto (il gruppo egemone), che lottano fra loro per la "carriera", ma quando si tratta di far valere gli interessi dell'istituto si troveranno tutti uniti. Infatti, essi sono a servizio del gruppo egemone, e vogliono farsi strada nella loro carriera politica, ma quando i cittadini rivendicano il diritto alla sovranità (ad esempio nel caso di Vicenza o della Val di Susa), ecco che diventano compatti nell'avversare quello che è percepito come "nemico", ovvero la popolazione che rivendica una vera sovranità.
Pur essendo un popolo incline a criticare il potere, il popolo italiano, disconoscendo le tecniche di manipolazione della mente, cade (nella stragrande maggioranza dei casi) nelle trappole dei personaggi "leader" di turno. Pochi italiani sanno che il "leader" spesso non è colui che possiede qualità eccezionali, ma un personaggio che assume un ruolo, all'interno delle dinamiche emotive del momento. Essi sanno (secondo le statistiche almeno per il 70%) che il Parlamento creato dal sistema dei Partiti non sarà a servizio della popolazione, eppure vanno a votare, magari il "male minore". Finché gli italiani non osserveranno la realtà attuale e loro stessi, non potranno evitare di cadere nelle stesse truffe in cui sono caduti in passato.
Secondo la Psicologia delle folle, il più delle volte il leader che condiziona per avere il potere non è la persona migliore o più competente, ma un "capobranco con effetto trainante", che non può camminare troppo avanti rispetto al gregge. Le sue qualità riguardano la capacità di fingere per far credere di stare dalla parte del popolo, e di attivare le giuste emozioni per stimolare la fiducia e la sottomissione. Egli stimola l'empatia e l'identificazione facendo credere di essere "uno di voi". Già nel 1957, l'allora politico di fede monarchica, Achille Lauro, diceva: "Io sono uno come voi... estraneo agli intrighi della politica".(17) In realtà egli era a capo di un impero finanziario, ed era anche presidente di una squadra calcistica. Vi ricorda qualcuno? All'epoca le beghe politiche erano assai simili a quelle di oggi.
Non bisogna sorprendersi: il sistema è sempre uguale, anche se cambiano i personaggi.
Negli ultimi decenni le cose sono persino peggiorate, a causa del controllo sulla stampa che in precedenza era schierata con i lavoratori. Ad esempio, "L'Unità" del 24 dicembre del 1958, scriveva:
"Anche a Napoli, il fanfanismo è prepotenza, è sostituzione della 'autorità' alla volontà e al funzionamento degli organismi democratici eletti dal popolo, è visione burocratica dall'alto, di tipo coloniale dei metodi di governo e di amministrazione, è subordinazione agli indirizzi della grande industria monopolistica settentrionale, è corruzione. Dove la Dc non ha ottenuto i voti sufficienti a costituire delle maggioranze, là interviene l'autorità dello Stato".
Oggi nessun giornale di "sinistra" osa chiamare "coloniale" l'operato dei politici di oggi, eppure nulla è cambiato, anzi.
Il costo delle campagne elettorali non è un fatto secondario, dato che si tratta di parecchi milioni di euro che tutti noi dobbiamo sborsare. Ricordiamo che nelle scorse elezioni abbiamo dato a Berlusconi 41 milioni di euro per Forza Italia, la Margherita ne ha presi 20 milioni, l'Udc 15 milioni, i Ds 35 milioni, An 23 milioni, Rifondazione 10 milioni (18) ecc. Dato l'ingente costo pubblico, si dovrebbe proporre l'abrogazione della legge n. 156 del 26 luglio 2002, che titola "Disposizioni in materia di Rimborsi Elettorali". Questa legge permette a quasi tutti i partiti di ricevere somme molto alte di denaro pubblico. Chissà come mai nessun partito ne propone l'abrogazione.
All'interno di questa tragica situazione c'è una buona notizia: la finzione e il notevole utilizzo dei mass media rivelano quanto i governi dipendano dall'opinione pubblica. Il consenso pubblico al sistema è necessario per la sopravvivenza del sistema stesso.
La politica come truffa esisterà fino a quando le persone non saranno in grado di smascherarla e non riusciranno a liberarsi dal bisogno di illudersi e di credere alle favolette che i politici corrotti raccontano. I cittadini saranno truffati finché non prenderanno coscienza della realtà e non si renderanno conto della necessità di gestire direttamente la politica, come la finanza, e ogni altro settore pubblico.
Illudersi che deresponsabilizzarsi e affidarsi all'attuale sistema possa essere ragionevole è insensato, e avrà conseguenze disastrose. Il sistema attuale non è l'unico possibile, come siamo stati abituati a pensare ormai da troppo tempo. L'unica scelta non è quella fra partiti manipolati dalle stesse persone, ma quella di diventare sempre più consapevoli della realtà e di se stessi, per poter recuperare quelle responsabilità che in passato abbiamo delegato a corrotti e mafiosi.
Non siamo una "massa" o un branco, come vorrebbero farci credere, e siamo dotati di intelligenza e di capacità necessarie a valutare correttamente la realtà "politica" attuale. Sappiamo che gli attuali personaggi sono già stati al governo, e non hanno risolto i nostri problemi. Non soltanto: hanno ulteriormente saccheggiato il paese e hanno continuato ad alimentare il sistema di corruzione e di mafia. Dunque è paradossale che si ripresentino con nuove maschere e nuovi partiti. Chi non appartiene alla "massa" deciderà di comportarsi nel modo più ragionevole e intelligente, rigettando categoricamente ogni truffatore che affolla l'attuale panorama politico.



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PER APPROFONDIRE:

Cattarinussi Bernardo (a cura di), "Emozioni e sentimenti nella vita sociale", Franco Angeli Editore, Milano 2000
Davi Klaus, "I contaballe. Le menzogne per vincere in politica", Marsilio, Venezia 2006.
Krugman Paul, "La deriva americana", Laterza, Roma-Bari 2004.
Packard Vance, "I persuasori occulti", Einaudi, Torino 1989.
Sartori Giovanni, "Homo videns. Televisione e post pensiero", Laterza, Roma-Bari 1997.
Swift Jonathan, "L'arte della menzogna politica", Ibis, Como 2004.


NOTE

1) Davi Klaus, I contaballe. Le menzogne per vincere in politica, Marsilio, Venezia 2006, pp. 157-159.
2) De Sandre Italo, "Il colore delle esperienze e delle azioni. Le emozioni nell'analisi sociologica della vita quotidiana", in Cattarinussi Bernardo (a cura di), Emozioni e sentimenti nella vita sociale, Franco Angeli Editore, Milano 2000, pp. 52-53.
3) Bitetto Francesca Ursula, "'Uva acerba'. Lo sguardo traverso del risentimento", in Cattarinussi Bernardo (a cura di), Emozioni e sentimenti nella vita sociale, Franco Angeli Editore, Milano 2000, pp. 283-287.
4) Hochschild Arlie Russell, "Ideologia e controllo delle emozioni: prospettive e indicazioni per la ricerca futura", in Cattarinussi Bernardo (a cura di), "Emozioni e sentimenti nella vita sociale", op. cit., p. 105.
5) Mussolini Benito, "Dottrina del fascismo", vol. VIII, pp. 79-80.
6) Mussolini Benito, "Preludio al Machiavelli", in "Gerarchia" , aprile 1924, vol. IV, p.109.
7) Mussolini Benito, "Risposta al Ministero delle Finanze", 7 marzo 1923.
8) Le Bon Gustave, "La psicologia delle folle" (1895), TEA, Milano 2004.
9) Le Bon Gustave, "La psicologia delle folle" (1895), TEA, Milano 2004.
10) Davi Klaus, op. cit., p. 161.
11) Davi Klaus, op. cit., pp. 37-119.
12) Davi Klaus, op. cit., p. 108.
13) Le Bon Gustave, op. cit.
14) Discorso di Walter Veltroni A Spello (Perugia), 10 febbraio 2008.
15) Cit. in Davi Klaus, op. cit., p. 137.
16) Discorso di Silvio Berlusconi a San Babila (Milano), 9 febbraio 2008.
17) "Altra Storia", La7, 13 gennaio 2008.
18) "Report", 1 ottobre 2006.

giovedì

LA SANA INDIGNAZIONE

Di Antonella Randazzo

Un paese occupato militarmente dalla potenza egemone, e costretto ad un graduale impoverimento dal potere di un gruppo di banchieri, che impongono il riconoscimento di un valore a pezzi di carta su cui stampano simboli e cifre. Un paese in cui la maggior parte dei personaggi che popolano i mass media sono sottomessi al sistema, e producono programmi spazzatura, o mistificano la realtà. Un paese in cui i personaggi detti "politici" sono sottomessi al potere dell'occupante. Un paese sbeffeggiato dai media internazionali, che oramai lo intendono come il fanalino di coda dell'Europa. Come si dovrebbero sentire i cittadini di un paese con queste caratteristiche?
Ce lo dice un giornale controllato dalle stesse persone che hanno impoverito il paese, e che tengono bloccata la sua economia: "vecchi, tristi e sfiduciati".
Il "New York Times" ha pubblicato, il 13 dicembre 2007, un articolo di Ian Fisher, in cui si descrivono gli aspetti negativi dell'Italia, senza trattare nemmeno lontanamente le cause, e senza parlare dei responsabili. Nell'articolo si parla di povertà senza specificare che l'enorme debito pubblico permette alle banche di saccheggiarci, si parla di mancanza di prospettive future senza parlare delle leggi che hanno reso precario il lavoro o del comportamento disonesto e truffaldino dei grandi gruppi industriali e bancari. Si parla della presunta mancanza di nuovi talenti, senza parlare di come, specie negli ultimi decenni, la realtà è stata modellata sulla base del profitto, svilendo in vari modi la vera cultura e l'arte. L'articolo del "New York Times" risulta come un attentato a quella poca fiducia e speranza che gli italiani ancora hanno, considerato come questo giornale eserciti una sorta di "effetto profezia" quando parla di eventi futuri.
La prospettiva assunta dal giornalista Ian Fisher è durissima. Il giornalista infierisce con crudeltà, e col senso di superiorità proprio della cultura anglosassone (ovviamente, non di tutti gli inglesi o americani). Fisher infierisce senza però indagare alcuna causa o responsabilità, com'è tipico della propaganda del sistema. Egli, ovviamente, non vuole certo denigrare chi lo stipendia, ma vuole soltanto mettere a nudo le caratteristiche di un paese che negli ultimi decenni ha subito parecchie angherie e ingiustizie, e che ha probabilmente la colpa di non essersi indignato adeguatamente, e di non essersi sollevato proprio contro i personaggi che stanno dietro a pubblicazioni come il "New York Times" e ai nostri politici.
Fisher non ha alcuna intenzione di far passare gli italiani per vittime del sistema, ma vuole mostrarli come derelitti, pessimisti, vecchi, arrabbiati e delusi, per motivi non detti, e dunque, che sarebbero come da relegare nel loro DNA. La sfiducia e tutti gli altri stati d'animo negativi, dall'analisi del "New York Times", sembrano derivare dalla stessa "natura" degli italiani. Insomma, Fisher non vuole certo indagare sui banchieri/imprenditori rapaci che gravitano a Londra o a Wall Street, e non sfiora nemmeno l'argomento "saccheggio", che l'Italia ha subito dall'inizio degli anni Novanta (vedi http://www.disinformazione.it/svendita_italia2.htm)
L'analisi del giornale americano risulta come un voler gettare fango dopo aver saccheggiato. Inoltre, serve a far sentire gli italiani delle nullità, e a far credere che il lavoratore precario o il pensionato poverissimo siano gli unici responsabili del proprio stato, come se la politica non esistesse o non fosse controllata dal gruppo dominante.
Il nostro paese viene descritto dal "New York Times" come attanagliato dalla tristezza, che sarebbe causata dalla scarsa fiducia nelle istituzioni. Ovviamente, il giornale americano non fa cenno alla corruzione dei personaggi politici italiani, possibile grazie al sistema partitico, che permette al gruppo egemone di operare un controllo pressoché totale sulla politica italiana. Fisher non spiega che gli italiani non odiano la politica, ma l'attuale politica, che non è di certo accettabile dato che si basa sulla corruzione e sottomissione ad un gruppo dominante che cerca di nascondersi.
I nostri stessi carnefici, attraverso i loro giornali, si permettono di dire che "Non ci sono più Fellini, Rossellini", senza però precisare che anche se i talenti vi fossero (e sicuramente ci sono), il sistema oggi rende assai difficile l'emergere di talenti non funzionali al sistema stesso. A causa dell'accresciuto potere del gruppo egemone, oggi la creatività è sottomessa al profitto molto più che in passato, e anche nei casi di grande talento, le produzioni possono rimanere relegate ad un ambito modesto, in quanto i mass media hanno un'invadenza assai più elevata che in passato.
Ian Fisher confessa al Corriere: "A Roma sono arrivato tre anni fa senza pregiudizi. L'idea di questo articolo mi è venuta parlando con la gente. Tutti a ripetermi: perché la politica non ascolta i cittadini? Perché abbiamo solo Prodi e Berlusconi? Perché la Spagna va avanti e noi no?... (a Praga e Varsavia) Anche lì le persone erano tristi, ma con la voglia di cambiare le cose. Da voi, manca questa speranza"(1).
E' vero che gli italiani non amano abbastanza il loro paese, e che cedono al pessimismo per mancanza di fiducia in loro stessi, e ciò produce infelicità. Ma la situazione attuale ha delle caratteristiche finanziarie, economiche e mediatiche ben precise, che non possono esulare dalla considerazione dello stato d'animo degli italiani. Eppure il "New York Times" ha esposto una serie di caratteristiche dell'Italia senza punto analizzare tali fattori.
Il fatto che gli italiani non amino il loro paese è emerso anche dalla mancata difesa di fronte ad un articolo del genere. Certo non è il caso di negare i problemi citati da Fisher, occorre semplicemente far presente che egli avrebbe dovuto analizzare in modo più approfondito e onesto la realtà, altrimenti non ci può essere alcuna critica costruttiva. Le critiche è giusto che ci siano, ma per essere costruttive devono essere profonde, e devono anche far luce sulle cause, suggerendo il modo per risolvere i problemi. L'articolo di Fisher ha un tono pessimistico, del tipo: "avete visto come vi siete ridotti?". Come a far intendere che i "soliti italiani" sono diventati ultimi in Europa. Non si tratta di critica costruttiva ma di una serie di osservazioni che fanno leva sul senso di sfiducia degli italiani e sulla nostra esterofilia. Se critiche feroci fossero state rivolte ad un paese come la Gran Bretagna, le autorità avrebbero immediatamente denigrato il giornalista americano, e adeguatamente documentato gli aspetti positivi del loro paese non menzionati nell'articolo.
Come mai Fisher, o altri giornalisti americani, non documentano con altrettanta crudezza la condizione in cui versano attualmente gli statunitensi? Non sarebbe più giusto prima chiarire i propri problemi anziché descrivere impietosamente i problemi degli altri? Che dire della percentuale di detenuti nelle carceri statunitensi, che è la più alta al mondo? Che dire della pena di morte ancora presente in molti Stati della federazione? Che dire dei 35 milioni di poveri e precari degli Usa, che non hanno alcun tipo di assistenza medica e i cui bambini spesso muoiono per malattie curabili o di freddo in case non riscaldate per la povertà?
Insomma, se l'Italia ha molti problemi, gli Usa non hanno una condizione granché migliore della nostra. Inoltre, i problemi italiani sono stati in gran parte causati dall'egemonia anglo-americana, che ha saccheggiato molte delle nostre ricchezze, e oggi, attraverso le banche e i grandi gruppi industriali, impedisce all'economia di crescere. Che lo stesso gruppo controlli la politica e i mass media è sotto gli occhi di tutti. Dunque, se è vero che l'Italia è diventata sempre più povera e che gli italiani stanno diventando più pessimisti, sfiduciati e tristi, è anche vero che proprio le autorità statunitensi hanno fatto in modo che il paese si riducesse in queste condizioni, ma Fischer, ovviamente, non lo dice (altrimenti l'articolo non sarebbe stato pubblicato).
Il giornalista americano scrive:

"L’Italia ha pianificato il suo personale modo di appartenere all’Europa, lottando con fratture politiche, crescita irregolare, crimine organizzato e con un tenue senso nazionale come pochi altri paesi hanno fatto.
Ma la frustrazione sta facendo emergere che queste antiche debolezze non sono ancora migliorate, e in alcuni casi sono peggiorate, mentre il mondo di fuori corre sempre più in fretta. Nel 1987 l’Italia ha celebrato la parità economica con la Gran Bretagna. Ora la Spagna, che è entrata in Europa solo un anno più tardi, potrebbe presto sorpassarla, e l’Italia è stata sorpassata dalla Gran Bretagna.
Il modello di vita low-tech (a bassa tecnologia) può ammaliare i turisti, ma l’utilizzo di Internet e del commercio elettronico sono tra i più bassi di Europa, così come gli stipendi, gli investimenti dall’estero e la crescita. Le pensioni, il debito pubblico e il costo dell’amministrazione pubblica sono invece tra i più alti.
Gli ultimi dati fanno riferimento una nazione più vecchia e più povera, a tal punto che il suo vescovo più importante ha proposto di incrementare i pacchi cibo per i poveri. Il 70% degli italiani tra i 20 e i 30 anni vive a casa dei genitori, condannato a una adolescenza sempre più lunga e poco produttiva. Molti dei più brillanti, come i più poveri un secolo fa, lasciano l’Italia. Ronald P. Spogli, l’ambasciatore americano che conosce l’Italia da quaranta anni, avverte che l’Italia rischia una diminuzione del suo ruolo internazionale e delle relazioni con Washington. I migliori amici dell’America sono i business partner e l’Italia non è tra i più importanti. La burocrazia e le regole poco chiare hanno portato gli investimenti USA in Italia a soli 16,9 miliardi di dollari nel 2004 mentre in Spagna erano 49,3 miliardi. In Danimarca il 64% delle persone ha fiducia nel Parlamento, in Italia il 36%. Le statistiche indicano che l’11% delle famiglie italiane vive sotto il livello di povertà e che il 15% ha difficoltà ad arrivare a fine mese con il proprio stipendio... “Basta! Basta! Basta!” ha urlato in un intervista Beppe Grillo, un comico e blogger di 59 anni con i capelli brizzolati... Gli Italiani raramente associano l’attuale generazione di leaders che invecchiano alla capacità di cambiamento. Sono gli stessi che si sono scambiati ruoli di potere per decenni... L’Italia non sembra distinguersi come un tempo per la sua grandezza. Non c’è un nuovo Fellini, Rossellini o una nuova Loren."(2)

Se l'ambasciatore americano Ronald Spogli, ha detto davvero che l’Italia può sminuire ancora di più l'importanza del suo ruolo internazionale e nelle relazioni con Washington, qualcuno gli spieghi che abbiamo sul nostro suolo parecchi arsenali statunitensi di ogni genere, che siamo controllati da centinaia di migliaia di marines, e che le cosiddette banche d'affari anglo-americane, almeno da due decenni, stanno col fiato sul collo del paese, potendo saccheggiare e ridurre sul lastrico impunemente.
Occorre anche dire che Grillo è citato come fosse un personaggio straordinariamente interprete dello stato d'animo degli italiani, anziché un comico che utilizza il malcontento popolare per continuare ad avere successo e fama. Questo va detto senza in alcun modo svalutare il personaggio, che comunque rimane l'unico "dissidente" a cui i media di massa devono per forza dare spazio, in quanto già personaggio popolare. Ma bisogna anche dire che esistono parecchie altre persone, non comici ma persone di cultura, che i mass media tengono ben lontane, e che potrebbero offrire al paese non soltanto uno sfogo alla rabbia ma soluzioni concrete per uscire dal colonialismo mascherato da democrazia.
Occorre comunque aggiungere che l'impulso a mandare a quel paese i politici non è stato creato da Grillo, ma esisteva già da parecchio tempo nell'animo degli italiani. I "giorni di rabbia' sono tanti nella vita attuale di molti italiani, e sono dovuti a cause precise, alle leggi che precarizzano il lavoro, alla corruzione, alla mafia, e al sistema clientelare organizzato dai politici, che non soltanto non affrontano i problemi del paese, ma hanno la disonestà di nascondere responsabilità e di truffare non poco gli italiani (basti pensare al caso della spazzatura in Campania).
Fisher associa il ristagno politico all'età dei politici, e si sorprende che gli italiani non lo facciano. Si tratta di un artificio per nascondere che i nostri politici sono a servizio del gruppo dominante. Molti italiani sanno benissimo che non è questione di età, ma di chi controlla i partiti e candida da parecchi anni più o meno le stesse persone. Se nell'opinione pubblica si annidasse la convinzione che l'empasse politico fosse dovuto soltanto all'età dei politici, statene certi che coloro che controllano i partiti sfodererebbero trentenni e quarantenni a volontà, adeguatamente addestrati da spin doctors ad apparire volenterosi di difendere l'interesse collettivo. Cambierebbe l'età dei candidati, ma la truffa sarebbe analoga a quella attuale.
Fisher sembra avere problemi circa l'età delle persone, scrive "In televisione le star sono rugose". Non si capisce cosa ci sia di male nelle rughe, e le persone andrebbero giudicate per le loro capacità e non per la loro età o la quantità di rughe. Il giornalista americano, in linea col sistema che ci vuole tutti "tirati" dal chirurgo estetico e che mette sul palcoscenico persone sempre più giovani, evidentemente, disprezza le donne che non sono lolite ammiccanti o gli uomini non avvenenti come "latin lovers".
Se in Danimarca il 64% delle persone ha fiducia nel Parlamento e in Italia il 36% (ma alcune statistiche darebbero il 19%), ci sarà una ragione. Come si può dare fiducia a personaggi collusi con la mafia, che promettono di interessarsi al bene pubblico ma agiscono sempre a favore dei grandi gruppi bancari ed economici? Se l’11% (in realtà molte statistiche danno almeno il 12%) delle famiglie italiane si trova sotto il livello di povertà e il 15% fatica ad arrivare a fine mese, c'è un motivo preciso, e va detto (vedi a questo proposito http://www.disinformazione.it/svendita_italia2.htm). Limitarsi ad elencare le cose che vedono svantaggiata l'Italia non serve agli italiani, serve soltanto a chi ha ridotto il paese in questo stato, per cercare di far sentire colpevoli gli stessi italiani.
L'articolo di Fisher è anche pieno di luoghi comuni, come il concetto di "competitività" dell'industria, che reso in modo piatto non fa comprendere che la competitività non è la vera caratteristica dell'attuale sistema economico. Oggi il successo o il fallimento nell'imprenditoria dipendono soprattutto dal sostegno delle banche e dal potere dei grandi gruppi industriali, che ormai possono spadroneggiare nel nostro paese come e quando vogliono, senza alcun ostacolo. In altre parole, se questi gruppi (controllati dagli stessi banchieri) decidono di intralciare un dato settore possono farlo, potenziando, ad esempio, il medesimo settore in Cina o in altri luoghi. Così è avvenuta la quasi distruzione del nostro settore tessile. Il giornalista americano tutto questo non lo dice, e si limita ad osservare che "gli imprenditori sono mosche bianche in uno scenario desolante", come si ciò fosse dovuto a tare nel DNA italiano.
Al grave danno creato dalle autorità anglo-americane nel nostro paese, si aggiungono anche le beffe mediatiche. Queste persone denigrano il nostro paese, ovviamente non a fin di bene, ma per scaricare sugli stessi cittadini italiani la responsabilità della condizione del paese, come se le banche non saccheggiassero il 40% del nostro Pil, e come se il nostro sistema politico non fosse corrotto. Occorre indignarsi e mettere i puntini sulle "i", per non farci scaricare addosso tutto il marcio che il gruppo di autorità e di banchieri/imprenditori anglo-americani ha prodotto per ridurre allo stremo il nostro paese.
E' utile al gruppo dominante propagandare che l'Italia è in declino, nascondendo che questo declino è indotto da chi controlla media e politica. Queste persone vogliono destabilizzarci nella mente e nel morale, approfittando della presunta ignoranza degli italiani, prodotta dalle menzogne dei telegiornali, e dalla miriade di giornalisti e intellettuali che osannano la "grande democrazia americana". E' proprio sull'ignoranza che il gruppo dominante conta per indurre gli italiani a sentirsi delle "merde" e a stare a compatirsi perché i giovani non hanno futuro, i vecchi vivono con pensioni misere e i bambini sono stretti sempre più nel disagio e nella problematicità dei mass media, fomentatori di violenza e volgarità.
Ma tutto questo ha delle cause e dei responsabili. La causa della precarizzazione del lavoro sono ovviamente, le leggi che permettono lo sfruttamento lavorativo. Queste leggi sono state approvate da politici corrotti e manovrati proprio da quelle stesse persone che attraverso il "New York Times" criticano gli italiani perché a trent'anni e più vivono ancora in famiglia. Se il 70% di giovani fra i 20 e i 30 anni vive ancora con i genitori, è soprattutto perché non sarebbe in grado di mantenersi da soli o perché non hanno uno stipendio sicuro.
Gli italiani però non sono così ignoranti e sprovveduti come il "New York Times" vorrebbe far credere. E questo è provato dal fatto che quasi il 70% (alcune statistiche danno l'80%) non crede che il Parlamento agisca per il bene del paese e che molti italiani, se intervistati, saprebbero dire chi sono i responsabili della deriva del paese. Certo, molti di essi indicherebbero personaggi politici, trascurando i burattinai che li hanno assoldati, ma comunque sarebbero capaci di trovare precise responsabilità.
Provate ad andare in Campania, in Calabria o in Sicilia, e a parlare con la gente comune, trovereste sorprendente il grado di consapevolezza di molte persone, e la loro percezione esatta su ciò che è realmente l'attuale sistema di potere. E tenete conto che questo avviene in un paese in cui l'informazione è fortemente e costantemente manipolata, e in cui le persone vengono trastullate da programmi spazzatura, da vallette seminude e da giochi a quiz demenziali.
Il problema vero degli italiani è quello di dover provare una sana indignazione, che porti quel 70% di cittadini, che non credono agli attuali politicanti, a prendere le distanze dall'intero sistema, non sostenendo nessuno dei suoi fantocci e coltivando la propria mente per poter avere sempre più fiducia in se stessi. In modo tale da rendere possibile creare un sistema di vera politica, in cui i cittadini comuni (senza essere assoldati da partiti o da gruppi di potere) possano a turno amministrare la cosa pubblica, con onestà e saggezza, come soltanto i cittadini comuni saprebbero fare, se non fossero stati convinti dalla propaganda secolare di non esserne capaci.
Molti italiani sanno chi sono i responsabili dell'attuale situazione italiana, e sanno che gli attuali personaggi politici non si pongono l'obiettivo del benessere del paese, tuttavia, non hanno abbastanza fiducia in loro stessi per prendere le redini del paese e per autodeterminarsi. L'autodeterminazione risulta un percorso assai più difficile rispetto all'illudersi che forse un nuovo partito o un nuovo personaggio possano cambiare le cose. Ma finché esiste l'attuale sistema di partiti non bisogna illudersi che qualche politico voglia realmente abrogare le leggi che permettono lo sfruttamento lavorativo, o voglia limitare il potere delle banche.
Certo, quando si crea una situazione c'è anche la responsabilità di chi la subisce, e dunque, occorre sempre farsi un'autocritica. Gli italiani non hanno fiducia in loro stessi, e talvolta sono creduloni verso il potere, mentre possono essere assai diffidenti verso i loro simili.
Secoli di colonialismo e dittature ci hanno convinto di dover per forza sottostare ad un gruppo dominante, e ci piace credere che qualcosa di buono ci sia in questo. Per questo motivo, quando spunta un nuovo partito o un personaggio percepito come autorevole, si continua a sostenere il sistema offrendo il proprio voto, senza accorgersi che si tratta della stessa truffa in cui eravamo caduti in precedenza.
Il futuro del paese deve essere messo nelle mani dei cittadini, perché finché sarà nelle mani del gruppo di banchieri/imprenditori che continua a saccheggiare, non ci potrà essere che un futuro peggiore dell'attuale.
La speranza è che gli italiani non debbano giungere a situazioni di povertà estrema o di guerra per ravvedersi e prendere una netta distanza dal sistema mafioso e corrotto imposto dal gruppo egemone.
Seguire la strada più comoda del voler credere che all'interno del sistema stesso ci possano essere azioni positive, può portare al disastro di concedere ancora potere e fiducia a chi truffa, ruba e inganna.
Bisogna vincere la paura del cambiamento e di assumersi responsabilità, indignandosi di fronte ai truffatori e ai mafiosi che esercitano potere nel paese.
Una cosa scritta nell'articolo di Fisher è assai vera: "Noi Italiani abbiamo in mano il nostro destino come mai è accaduto prima". Ma per cambiare la realtà dobbiamo agire con coraggio, mandando veramente e per sempre a quel paese tutti i politici corrotti, i mafiosi, i banchieri, e tutti i giornalisti che elencano i problemi senza indicare cause e responsabili.



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NOTE

1) www.corriere.it/cronache/07_dicembre_14/ ny_times_italia_triste_61294208-aa11-11dc-abc2-0003ba99c53b.shtml - 61k
2) "New York Times", 13 dicembre 2007.

martedì

NEWSMAKING E GIORNALISTI TONTI

Di Antonella Randazzo


Il processo detto di "newsmaking" dovrebbe permettere al giornalista la produzione di notizie, ossia la scelta delle notizie e la forma con cui saranno date. In realtà, sembra che, specie in Italia, operino soprattutto giornalisti "tonti", cioè non capaci di scegliere le notizie più importanti, e che talvolta mistificano o danno notizie ridicole, su cuccioli di animali o sul silicone di attrici o cantanti.
In Italia, i giornalisti sono per la stragrande maggioranza dei casi, come degli impiegati a servizio del gruppo politico a cui appartengono. Essi non sono più specializzati come erano in passato, e possono fare servizi su ogni tipo di notizia. Ciò fa emergere che la competenza loro richiesta è assai limitata, dato che ricevono le notizie già "confezionate" dall'esterno, e si devono limitare a darle, spesso utilizzando un linguaggio "standard", e dunque conformandosi a parametri esterni sia nel significato che nella forma.
Le notizie dei telegiornali non vengono scelte dai giornalisti, ma vengono date dall'alto, dalle poche agenzie d'informazione, che sono tutte controllate da un ristretto gruppo di banchieri/imprenditori, lo stesso che controlla gli altri aspetti della realtà. Le notizie sono selezionate alla fonte, dalle agenzie d'informazione, e i telegiornali locali si occupano soltanto di far assumere alla notizia una certa forma e di aggiungere le notizie di cronaca locale.
Questo spiega perché tutti i telegiornali sono praticamente assai simili, e spesso anche l'ordine con cui danno le stesse notizie è il medesimo. Si riceve una "informazione unica", ossia proveniente dalle stesse fonti, soggetta alle stesse interpretazioni e data utilizzando gli stessi linguaggi verbali e non verbali. A questo proposito sarebbe difficile non parlare di "giornalista tonto" (o che fa il tonto), ossia quel giornalista che ignora i collegamenti fra gli eventi e la loro Storia, e anziché informare disinforma. Talvolta egli sceglie le notizie più sciocche, come la gara delle mongolfiere, o parla di argomenti non pertinenti ad un telegiornale, si chiede se il sorriso fa vivere di più, se piace di più la donna bionda o bruna, o se gli italiani preferiscono più il cane o il gatto.
La cronaca mira ad avere uno spazio sempre più esteso, e a riportare i casi più raccapriccianti, ossia quelli in cui vengono uccisi bambini o donne, oppure quelli in cui le vittime hanno subito torture e violenze. La cronaca serve a generare allarme contro gli immigrati e un senso di insicurezza, di disagio e di paura, emozioni utili per meglio dominare.
Il giornalista tonto ignora gran parte delle corrette informazioni che circolano su siti informativi o sono pubblicate sulla sempre più esigua editoria indipendente. Ad esempio, egli parla del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale come fossero istituzioni serie, mentre, ormai da diverso tempo, si sa per certo che queste istituzioni hanno commesso crimini colossali, in Argentina e in molti altri paesi, specie del Terzo Mondo. Lo stesso Joseph Stiglitz, ex funzionario della Banca Mondiale, ebbe a denunciare chiaramente i crimini che queste istituzioni hanno commesso e commetteranno ancora se verrà data loro la credibilità concessa nel passato. Dunque, il giornalista tonto si macchia di complicità nei crimini senza nemmeno accorgersene. Spiega il "terrorismo" con le stesse parole e categorie utilizzate da chi lo pratica e lo crea ( a questo proposito leggere http://www.disinformazione.it/significato_terrorismo.htm). Egli parla di "guerriglia urbana" in relazione alla situazione dell'immondizia in Campania, assumendo il punto di vista del potere e non quello dei cittadini comuni che stanno lottando per la salute dei loro figli.
Il giornalista tonto è quello che non tiene conto della realtà, utilizzando le categorie che il sistema di potere che lo ha assoldato gli impone. Quando c'è una manifestazione contro l'attuale potere politico, parla di "antipolitica", che equivale a legittimare e a definire "politica" l'attuale sistema. In realtà, dall'analisi dei fatti, occorre notare che l'attuale assetto detto "politico", è un miscuglio di corruzione e di clientelismo, e dipende dai vertici dei partiti, che sono controllati dalle stesse persone che controllano la finanza e l'economia. Ma al giornalista tonto tutto questo non interessa, egli è interessato al proprio stipendio e alla "carriera" che chi lo assolda gli promette in cambio di un perenne imbecillismo.
Il giornalista tonto assume per buone considerazioni assurde e del tutto insensate. Ad esempio, dice che l'informazione è "specchio della società" (1) , che "la BBC è... obiettiva, imparziale, neutrale", o che "la logica dell'informazione (è) lo specchio fedele... di qualsiasi vicenda umana" (2).
I giornalisti tonti sono quelli che invocano "l'obiettività" e la "verifica dei fatti", ma nella realtà commettono svariati errori e mistificazioni. Basti pensare a quando annunciano che "si tratta di un attentato terroristico di Al Qaeda", oppure dicono "c'è un video di Al Qaeda" senza indicare le prove o il sito su cui è apparso il video.
Il giornalista tonto è perfettamente in grado di dare l'informazione che il sistema di potere vuole dare, assumendo un unico punto di vista e reagendo ad ogni tentativo altrui di rivendicare sovranità o autonomia di pensiero. Ad esempio, il giornalista e conduttore televisivo Massimo Giletti, nel programma "Domenica In" mandato in onda domenica 3 febbraio 2008, ha alzato la voce contro alcuni ospiti campani del programma, che volevano raccontare l'assurda situazione della spazzatura in Campania. Giletti, come un giornalista tonto, voleva far passare l'informazione ufficiale che viene data su questo problema, e impedire che gli ospiti parlassero dei retroscena non detti nei telegiornali. A questo scopo egli ripeteva le stesse frasi più volte, con voce alta e irritata. Frasi come "ma la fate la raccolta differenziata?", ignorando che la raccolta differenziata è stata impedita dalle società appoggiate dalle autorità (a questo proposito vedi http://www.disinformazione.it/rifiuti_campania.htm). Giletti, dunque, pur non conoscendo approfonditamente la situazione (il giornalista tonto non deve conoscere la vera situazione) si permetteva di strillare contro i cittadini campani, che sono le vittime, subendo l'umiliazione di avere montagne di spazzatura davanti casa o avendo avuto lutti in famiglia proprio a causa degli effetti dei rifiuti tossici che le autorità hanno permesso alla Camorra di gestire per tanti anni.
Il giornalista tonto, non essendo specializzato in nulla e avendo un bagaglio culturale non sufficientemente approfondito, deve utilizzare metodi "innocui" per apparire preparato e per "informare". Questi metodi sono molteplici. Ad esempio, personalizza l'informazione per evitare di dare notizie non concesse dal sistema. Anziché informare sulla Francia, informa sulla relazione del presidente francese Nicolas Sarcozy con Carla Bruni, anziché spiegare la situazione negli Stati Uniti, parla dei personaggi che stanno facendo campagna politica. La personalizzazione è un metodo ormai utilizzato sia nel giornalismo che nella politica. Basti pensare che le elezioni negli Usa vedono i candidati che parlano soprattutto della propria famiglia, delle attività delle mogli, e addirittura dei parenti, omettendo le vere questioni che attanagliano gli americani, come la disoccupazione, il lavoro precario, i debiti con le banche, ecc. La notizia è la persona e non gli eventi e le situazioni reali. In tal modo si evita di parlare dei problemi delle persone e di proporre soluzioni chiare. L'evento-persona permette di focalizzare l'attenzione su personaggi particolari, su come vestono, agiscono, se divorziano o si sposano, ecc. Alcuni personaggi vengono innalzati ad eroi, altri continuamente criticati e svalutati. Si assume il punto di vista del gruppo egemone, e dunque le autorità statunitensi non vengono mai seriamente criticate, mentre personaggi come Putin o Ahmadinejad, vengono spesso ferocemente criticati e talvolta anche criminalizzati. Ovviamente, senza darci notizia alcuna sulla situazione in Russia o in Iran.
La personalizzazione ha portato i nostri telegiornali a diventare semplici resoconti delle opinioni dei personaggi politici. La politica interna, infatti, non viene spiegata in modo reale, ossia non vengono date notizie chiare e tempestive sull'operato giornaliero del governo, ma vengono privilegiati alcuni argomenti (come i Dico, o adesso la legge elettorale), e si fanno parlare gli esponenti dei partiti o delle coalizioni. Ovviamente, questa non è informazione, poiché l'informazione dovrebbe essere indipendente dagli assunti dei personaggi politici.
Il giornalista di regime personalizza anche la giustizia, e fa credere che le indagini dei magistrati Luigi De Magistris o di Clementina Forleo siano inficiati da un qualche tarlo proprio della persona che le porta avanti, nascondendo che esistono anche i magistrati non sottomessi al potere. Nel caso Forleo, i giornalisti dei telegiornali hanno spesso dato notizie di provvedimenti del CSM contro il magistrato, senza mai intervistare l'interessata.
Un'altra tecnica dei giornalisti tonti è l'autoreferenzialità, ossia il riferimento a contenuti insiti nella stessa TV. Sempre più spazio viene dato ai personaggi televisivi o ai programmi televisivi, e fa notizia un nuovo programma o un nuovo personaggio, su cui i giornalisti possono dilungarsi (ad esempio, su programmi come "Grande Fratello" o "L'isola dei famosi"). La stessa televisione, dunque, crea notizie, e le presenta come fossero importanti o meritassero molta della nostra attenzione e del nostro tempo.
Il giornalista tonto stimola la sfera emotiva più che quella cognitiva, presentando, ad esempio, notizie relative al soccorso di cuccioli, o alle campagne per non dimenticare l'Olocausto.
Il suo linguaggio è stilizzato, con miriadi di etichette, che hanno lo scopo principale di impedire la comprensione della realtà, richiamando ai pregiudizi, ai luoghi comuni o agli stereotipi. Ad esempio, possono diventare "estremisti" coloro che sollevano critiche al sistema, possono essere denominati "gruppi violenti" i cittadini che protestano perché i loro diritti sono calpestati (a Vicenza, in Campania o in Val di Susa). Parlano di "guerre etniche" riferendosi alle guerre africane, dando ad intendere una presunta "primitività" nel comportamento degli africani. Privando le notizie sulle guerre africane del senso storico e delle implicazioni delle banche e delle corporation occidentali, fanno capire che le autorità occidentali non c'entrino niente, mentre in realtà esse sono a servizio di chi scatena le guerre nel Terzo Mondo. Quando parla di "guerre etniche", il giornalista dei Tg mostra la guerriglia, fa sentire spari di mitragliatrici oppure mostra immagini di attentati. Non mostra mai le sedi delle banche e delle corporation che hanno il controllo su quei paesi, e che sono possedute dalle persone che provocano le guerre per continuare a controllare il paese. Grazie alle guerre queste persone possono commettere ogni crimine contro i popoli, e impedire alla resistenza di sortire effetti. Il giornalista tonto tende a semplificare, a banalizzare o a mistificare, approfittando della credulità della gente, e del fatto che non molti avranno modo di leggere le notizie su Internet o verificheranno l'attendibilità delle notizie ricevute.
Il giornalista che opera nei canali ufficiali, che raggiungeranno la quasi totalità della popolazione, non potrebbe essere un professionista indipendente e serio, poiché in tal caso opererebbe in modo corretto, utilizzando la propria intelligenza e dando notizie non mistificate. Il giornalista assoldato dal potere non può occuparsi di newsmaking. In altre parole, non può liberamente decidere le notizie da dare e il modo in cui darle. Egli è controllato dall'alto, accetta di diventare un semplice impiegato, sapendo che sarà presentato al pubblico come un giornalista, e che potrà fare carriera sulla base della sua devozione al potere.
Dato che non può esistere alcuna democrazia senza libertà d'informazione, è evidente che viviamo in un sistema fascista mascherato da democrazia.
L'Agenzia Nazionale Stampa Associata (ANSA), nata nel 1945, è la principale agenzia di stampa italiana. Tuttavia, le notizie date dai nostri telegiornali derivano anche da agenzie inglesi e americane come la Reuters e la CNN, oltre che da altre agenzie italiane come l'AGI. Si tratta di poche agenzie controllate delle stesse persone.
Si potrebbe dire, paradossalmente, che nel periodo fascista la stampa era assai più "libera", pur controllata e censurata. Infatti, se occorreva censurare e avere un controllo più attento rispetto ad oggi, significava che le notizie che potevano circolare erano diverse, e non presentavano un punto di vista unico già alla fonte, come accade oggi.
L'invenzione di Internet ha permesso di far circolare materiali altrimenti non reperibili, tuttavia occorre notare che i siti su cui appaiono le notizie non mistificate vengono visitati da poche migliaia di persone (al massimo 20/30 mila), mentre i media di massa raggiungono quasi tutti. Dunque, attualmente il sistema non si sente affatto minacciato da chi diffonde le vere notizie, dato che può controllare un numero enorme di reti televisive e di editori, e attraverso le migliaia di giornalisti tonti, diffonde le notizie di propaganda di regime, che saranno ritenute vere da quasi tutti i cittadini.
Il giornalista detto "freelance" è sempre più raro, e oggi viene escluso dai media di massa, e deve limitarsi a scrivere su giornali non ufficiali o su Internet, potendo così arrivare ad informare soltanto poche migliaia di persone. I proprietari dei media di massa escludono tutti coloro che fuoriescono dal sistema, o quelli che svolgono seriamente la professione giornalistica. Questo spiega come mai oggi emergono soltanto i giornalisti più devoti al sistema, o quelli più viscidi verso chi ha potere.
Il politologo Giovanni Sartori, nel libro "Una televisione senza smentite", ha messo in evidenza il grado di falsificazione delle immagini trasmesse dalla TV, che è così alto da riuscire a modificare le immagini per far apparire ciò che non c'è. Ad esempio, "crea" un pubblico folto che applaude ai discorsi dei più importanti politici, o fa sparire fischi presenti durante i comizi di D'Alema o Berlusconi. In effetti, la televisione non può avere alcuna smentita perché i cittadini comuni non possono accedervi liberamente, se non per partecipare a programmi spazzatura o alla "Tv delle lacrime". Oggi esiste un intero sistema di media di massa senza smentite, creato per manipolare la mente delle persone comuni, in modo tale da scongiurare ogni presa di coscienza e il relativo cambiamento.
I programmi televisivi di taglio giornalistico (ad esempio "Porta a Porta") producono ottusità, facendo credere di informare, ma in realtà dando notizie in modo superficiale, senza spiegare le cause e senza proporre soluzioni o individuare i responsabili dei problemi. C'è un appiattimento culturale e intellettuale enorme, e il vuoto valoriale e della saggezza. Girano sempre più o meno gli stessi personaggi, che ammiccano, litigano, si insultano o si rimpallano le responsabilità, facendo credere agli spettatori che questa possa essere informazione o giornalismo. Questi programmi rafforzano ancora di più l'idea che fare politica significa litigare o insultare, e che per i problemi veri dei cittadini non ci possano essere soluzioni. Questo è funzionale ad un sistema che non rispetta l'interesse collettivo, ma è finalizzato a mantenere il potere di un gruppo ristretto di persone.
Le persone cercano nei mass media informazione, svago o un canale per capire meglio il mondo. Molti credono che i sistemi di comunicazione di massa siano canali di mediazione fra cittadini e istituzioni, e non tengono conto del potenziale di condizionamento che si può esercitare attraverso di essi. Meno il cittadino ha percezione del condizionamento e più ne è vittima.
Molti non credono al controllo che viene esercitato attraverso i mass media, e preferiscono credere che le autorità siano autorevoli, e non abbiano l'esigenza di sorvegliare e di manipolare le menti dei cittadini. In effetti, in una vera democrazia non dovrebbe esserci alcun controllo delle menti delle persone, ma nei sistemi dittatoriali mascherati da democrazia il controllo è capillare, e si fa credere che non c'è o che possa essere fatto soltanto per "motivi di sicurezza". In realtà la sorveglianza è massiccia, e riguarda sia i media (in Tv ci sono sempre più o meno le stesse facce e i direttori dei giornali sono scelti all'interno di una ristretta cerchia di persone) che quasi tutti gli aspetti della realtà. Oggi non è data alcuna alternativa alla presa di distanza netta e decisa dall'attuale sistema, che per sopravvivere mette in atto azioni sempre più criminose, svilendo l'intelligenza e ingannando senza ritegno.

Articolo correlato:
"La manipolazione dell'opinione pubblica nei Tg italiani"
http://www.disinformazione.it/manipolazione_opinione.htm

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NOTE

1) Giorgino Francesco, Dietro le notizie, Mursia, Milano 2004, p. 41.
2) Giorgino Francesco, op. cit., pp. 120, 228.