lunedì

ULTIME STORIE DALLA SOMALIA

Di Antonella Randazzo

Le autorità americane continuano a martoriare un paese già devastato sotto tutti i punti di vista, utilizzando le truppe etiopiche o i gruppi terroristici assoldati dalla Cia e da altri servizi segreti occidentali. Ogni giorno muoiono centinaia di persone, quasi tutte civili. La giustificazione data è che bisogna combattere il terrorismo di al Qaeda, ma come ormai molti sanno, tale motivazione è stata creata ad oc per giustificare le guerre di aggressione, che hanno lo scopo principale di impedire che il potere dell'élite dominante venga messo in discussione.

Ieri era il Vietnam, la Cambogia o il Laos, oggi è la Somalia , l'Iraq, l'Afghanistan e molti altri paesi. Si tratta sempre della medesima situazione, in cui una popolazione, che vorrebbe autodeterminarsi, si trova ad essere aggredita da una forza militare enorme, contro cui sa di non poter prevalere, ma continua a lottare perché non ne accetta il dominio. Qual'è la differenza fra il Vietnam di ieri e la Somalia di oggi?

Ieri un piccolo paese di umili contadini attirò la furia delle autorità di un paese ricchissimo e potentissimo, oggi un piccolo paese abitato da meno di 10 milioni di persone attrae la stessa furia distruttiva, impietosa e disumana. Ieri qualche commentatore parlava di "effetto domino", ossia del timore dei governi statunitensi che se anche un piccolo paese fosse riuscito a liberarsi, l'effetto sarebbe stato dilagante e avrebbe decretato il crollo definitivo del dominio statunitense. Ieri si parlava di "lotta al comunismo" oggi si parla di "lotta al terrorismo". Ieri milioni di persone in tutto il mondo manifestavano a favore del Vietnam, oggi la gente nemmeno sa cosa effettivamente sta accadendo in Somalia. E' questa la differenza sostanziale fra ieri e oggi: la maggiore capacità dell'élite dominante di rendere la realtà poco comprensibile, in modo tale che l'opinione pubblica non possa schierarsi con certezza e chiarezza dalla parte delle vittime. Ieri tutti sapevano che c'era Ho Chi Minh, e che egli lottava contro il colonialismo attraverso ideali tratti dal comunismo. Oggi non si sa se c'è un Ho Chi Minh anche in Somalia, o in Iraq. Ma se c'è una resistenza popolare, di sicuro c'è anche un Ho Chi Minh, però non ci è dato saperlo.

La differenza fra la vecchia situazione vietnamita e quella dei paesi aggrediti oggi sta nella capacità degli aggressori di nascondere la vera realtà, e di riuscire a convincere che la guerra possa essere inevitabile o necessaria. Il concetto di "terrorismo" ha consentito di acquisire tale capacità. Infatti, esso, sfuggendo a una definizione precisa, viene propagandato come un coacervo di tutte le crudeltà possibili, rendendo il nemico talmente malvagio e disumano che la guerra risulta una sorta di intervento umanitario.
Non si sta affatto dicendo che il terrorismo non esiste, al contrario, esistono numerosi gruppi terroristici assoldati dai servizi segreti occidentali, ed esiste anche il terrorismo che potremmo definire "mascherato", cioè quello spacciato per operazione umanitaria. Mi sto riferendo a tutte le operazioni di guerra degli occupanti o ai bombardamenti, che anche in questo momento stanno terrorizzando e uccidendo la popolazione somala. Cos'altro sono se non terrorismo?

La capacità dell'élite dominante di nascondere la realtà o di mistificarla, a tal punto da renderla incomprensibile o del tutto falsata, ha oggi raggiunto livelli mai avuti prima. E' per questa capacità che non ci sono nelle piazze le folle che c'erano ai tempi della guerra contro il Vietnam. Oggi viene diffusa quasi esclusivamente la versione dei fatti bellici data dalle agenzie possedute dalle stesse persone che promuovono e fanno le guerre. Di conseguenza, in primo piano appare un nemico assai malvagio e contrapposto alla cultura occidentale. Un nemico primitivo, barbaro e crudele, che taglia teste e pratica violenze per soddisfare la sete di sangue. Peccato però che non venga detto che le persone che decapitano e uccidono civili sono assoldate da quelle stesse autorità che le denunciano come disumane e terroriste.

Ritorniamo alla situazione somala: i nostri telegiornali parlano di "guerra civile" e di un governo "debole" che non riesce a creare sicurezza e a proteggere i civili. Poi parlano anche di gruppi che si temono "affiliati ad al Qaeda", e quindi dell'intervento "umanitario" degli Usa. Occorre dire che le immagini che i nostri Tg mandano in onda mentre danno queste notizie sono fornite dalle stesse persone che hanno voluto la guerra. Si tratta o di immagini di repertorio (talvolta si riferiscono ad altre zone di guerra africane e non al paese di cui si sta dando notizia) o di combattenti che sparano per conto degli occupanti. Attraverso immagini di persone africane che sparano, il più delle volte in abiti civili, si vuole dare ad intendere che si tratta di gruppi in guerra fra loro, ma in realtà non si tratta di persone che fanno parte della resistenza. In altre parole, vengono mostrate immagini di africani che combattono, per dare ad intendere che lì c'è una guerra civile, ma si tralascia di dire che si tratta di persone a servizio della forza militare occupante, assoldate per creare paura e scoraggiare le lotte contro il governo. Ovviamente, questi servizi non sono mai corredati da interviste a persone somale o a commentatori locali, per evitare che la vera realtà possa saltare fuori.

Il cosiddetto "governo debole" somalo è un governo fantoccio voluto dalle autorità statunitensi per impedire che possa essere costituito un vero governo, e i signori della guerra sono vari gruppi di terroristi che servono a seminare paura. Per capire meglio il ruolo e la natura dei signori della guerra, possiamo trovare un'analogia nella paura prodotta dalle organizzazioni mafiose e nelle illegalità criminali che esse attuano.

Ai tempi del Vietnam l'avversario statunitense era un popolo con tradizioni comunitarie, che aveva sofferto così tanto durante il colonialismo e la Seconda guerra mondiale da ritenere necessario realizzare un sistema che impedisse il ritorno di quelle immani sofferenze. Nel caso della Somalia si tratta di un popolo che vorrebbe realizzare un sistema basato sui valori islamici di solidarietà e condivisione, in autonomia dal sistema occidentale. In altre parole, si tratta di un tentativo di autodeterminazione, che coinvolge persino il settore finanziario, economico e, soprattutto, culturale. I somali sono straordinariamente consapevoli del sistema criminale perpetrato dall'élite, ed è per questo che quest'ultima ha scatenato contro di loro i più feroci criminali, accusando poi gli stessi somali, paradossalmente, di essere "terroristi". E' questo livello così elevato di inganno che ci impedisce di capire quale sia la reale situazione somala, e ci fa credere all'eventuale necessità di intervento militare da parte dell'Occidente. I terroristi contro cui Washington dice di lottare sono in realtà coloro che il terrorismo non lo vorrebbero affatto, mentre il terrorismo presente in Somalia (e in altri luoghi dove si trovano le truppe americane) è organizzato e pagato da chi ha interesse a scatenare guerre e a terrorizzare le popolazioni, cioè dagli aggressori. I somali manifestano e si sollevano anche contro i Caschi Blu dell'Onu e contro i "Caschi Verdi" dell'Unione Africana, perché sanno che dietro queste organizzazioni c'è sempre lo stesso potere. Infatti, quale sarebbe il motivo della militarizzazione se non quello di tenere sotto controllo la popolazione?

Le Corti islamiche raggruppano persone che avrebbero voluto realizzare un nuovo assetto economico-politico, ma sono state trasformate dalla propaganda Usa in "terroristi", affinché potessero avere licenza di ucciderli. All'inizio dell'aggressione etiopico-americana, nel dicembre scorso, i rappresentanti principali delle Corti erano fuggiti, anche per evitare che gli occupanti continuassero ad uccidere civili, ma vedendo il livello di distruttività delle forze americane, che hanno continuato a bombardare e ad uccidere, sono ritornati, e con l'appoggio della popolazione hanno riorganizzato la resistenza. Le milizie islamiche sono milizie popolari, e non sono comandate da nessun signore della guerra e da nessun terrorista di al Qaeda, al contrario di quello che sostiene la propaganda occidentale. La popolazione somala è con le Corti islamiche, come ai tempi della nostra resistenza la maggior parte degli italiani sosteneva i partigiani, e non era certo dalla parte degli occupanti. Ciò è ovvio, ma l'élite dominante ha oggi il potere mediatico di confondere o nascondere persino quello che dovrebbe essere del tutto evidente.

Ricordiamo che dal febbraio del 2006, la Cia organizzò piani operativi per rendere deboli e attaccare le autorità somale riconosciute dal popolo. Ad esempio, creò l'Alleanza per il ristabilimento della pace e contro il terrorismo (Arpct), che riuniva i signori della guerra contro le Corti islamiche. Mogadiscio venne costretta a subire feroci combattimenti, fino a quando le Corti islamiche riuscirono, grazie all'appoggio della popolazione, ad occupare parte del territorio somalo, e a creare un sistema politico-economico utile a combattere la miseria e la fame, riportando sicurezza e tranquillità. Gli Stati Uniti iniziarono a preparare la riscossa. Organizzarono una vasta propaganda che definiva "terroristiche" le formazioni islamiche, e prepararono in Etiopia un piano bellico per cacciarle via e riportare al potere i signori della guerra, insediando il governo fantoccio di Abdullah Yusuf. La Cia si occupò anche dell'eliminazione degli elementi più scomodi delle corti islamiche, come Hersi Abdi Ali e Abdulkadir Yahia, persone molto amate perché si occupavano di questioni umanitarie, e la cui misteriosa scomparsa gettò nello sgomento l'intero popolo somalo.

A dicembre si ebbe l'aggressione etiopico-americana, la fuga delle Corti, il ritorno dei signori della guerra e del caos, e infine l'insediamento del governo fantoccio, che permette agli americani di continuare a bombardare e ad uccidere centinaia di persone inermi, colpevoli soltanto di aver voluto sfuggire al loro dominio. Oggi qualcuno parla di "guerra dimenticata", osservando quanto poco si parli dell'agonia che il popolo somalo sta vivendo. Infatti, pochi sanno che soltanto nel periodo che va dal 29 marzo al 1 aprile, a Mogadiscio sono state uccise 1089 persone, ferite 4334, e almeno 57.000 persone sono state costrette a fuggire. Le truppe del Governo Federale di Transizione (GFT) hanno deciso di massacrare senza pietà tutti coloro che avversano il governo, e le ultime offensive hanno colpito la popolazione di Mogadiscio con operazioni terrestri e aeree, supportate dall'esercito etiopico.

La presunta "guerra civile", occorre precisarlo, è in realtà una guerra del terrorismo statunitense contro il popolo somalo, che è l'unica vittima della furia distruttiva degli occupanti. I civili somali stanno vivendo una situazione terribile, come spiega il giornalista Abukar Albadri: "Gli ospedali sono stracolmi di feriti, i trasporti sono fermi, l'elettricità non funziona, le linee telefoniche neanche. Le strade sono tutte bloccate, la gente non può neanche scappare dalla città."[1]
Anche il giornalista della Reuters, Sahal Abdulle, descrive una situazione terrificante: "Gli etiopi hanno esploso razzi katiusha e colpi di cannone sulle case, senza neanche avvertire i civili, provocando un numero imprecisato di morti e decine di feriti... Tra le vittime ci sono almeno cinque soldati, non è chiaro se etiopi o somali... I cadaveri di due di loro sono stati trascinati per le strade, prima di venire bruciati. Un segno di come la popolazione sia psicologicamente stanca di una situazione in cui gli insorti e le truppe somalo-etiopi combattono dentro la città, non risparmiando ospedali né aree residenziali".[2]

Questi resoconti, seppur confusi e incerti, fanno emergere le condizioni tragiche della Somalia e la situazione da incubo che le autorità di Washington impongono ai somali, per far perdere ogni speranza di autodeterminazione.
Si punta alla massiccia militarizzazione, e a questo scopo sono state mobilitate anche truppe africane, come racconta il giornalista Paddy Ankunda: "Al momento in Somalia abbiamo 1.500 soldati ugandesi, tutti schierati a Mogadiscio mentre non si sa quando arriveranno gli altri contingenti (dovrebbero diventare 4.000)".[3]

Militarizzare significa peggiorare la situazione e continuare a spacciarla per situazione di guerra, mentre invece la guerra è stata creata per evitare di concedere l'autonomia dall'Occidente. I media occidentali parlano di "stabilire le condizioni di sicurezza", ma nascondono che le truppe mandate in Somalia (dell'Onu o dell'Ua) sparano contro civili inermi, e non credo che questo possa essere definito "portare sicurezza". E' certo che i somali non ne possono più del livello di militarizzazione che subiscono da molti anni. All'arrivo delle truppe dell'Ua hanno reagito con ostilità, come già fecero nel 1993, quando furono costretti a subire l'occupazione delle truppe dell'Onu e dei marines americani, che torturarono e uccisero migliaia di persone (anche i nostri soldati si macchiarono di orrendi crimini).

Oggi il popolo somalo è costretto a vivere in una situazione surreale e pazzesca, descritta così da Albadri:

La situazione a Mogadiscio è peggiore che durante la guerra civile, ogni volta che si esce di casa lo si fa a proprio rischio e pericolo, senza essere sicuri di tornare. La maggior parte dei negozi è chiusa, le scuole hanno sospeso le lezioni e metà della gente è scappata dalla città. L'esodo è così massiccio da aver fatto raddoppiare i costi di tutti i mezzi di trasporto, dagli aerei ai minibus... Ogni ora, in ogni strada, i miliziani rubano, stuprano, uccidono in totale impunità. Le truppe etiopi e somale proteggono loro stesse, così come gli uomini dell'Ua. La polizia, con la scusa di raccogliere le armi, perquisisce casa per casa e ruba radio, tv, soldi, tutto quello che trova.[4]

Per sostenere la versione della "guerra civile" si dice che le Corti islamiche fomentano la popolazione contro il governo, ma si tralascia di dire che in Somalia tutti sanno che Yusuf è complice degli aggressori, e anche un bimbo somalo è capace di distinguere chi ha voluto questa guerra e chi lotta per il bene dei somali. La propaganda dei nostri media ci impedisce di vedere la vera realtà somala, così come, del resto, ci impedisce di vedere molte altre altre questioni assai più vicine a noi della Somalia.


[1] http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idpa=&idc=2&ida=&idt=&idart=7584
[2] http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idpa=&idc=2&ida=&idt=&idart=7584
[3] http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idpa=&idc=2&ida=&idt=&idart=7584
[4] http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idpa=&idc=2&ida=&idt=&idart=7483

venerdì

VERITÀ E NICHILISMO SECONDA PARTE: LE MISTIFICAZIONI

Sono molto contenta per le e-mail che ho ricevuto a proposito della prima parte di questo articolo. So di avere interlocutori sensibili e intelligenti, e questo mi stimola ad essere migliore. Qualcuno ha sollevato la questione dell'"idealismo", cioè del teorizzare cose ritenute difficilmente realizzabili, e allora ho pensato di continuare il discorso per cercare di capire le numerose mistificazioni del sistema in cui attualmente viviamo. Come sappiamo, l'élite oggi dominante non impone soltanto un sistema economico-finanziario che le consente di mantenere il potere, ma, soprattutto, crea una realtà emotiva e psichica favorevole ai suoi interessi, spingendo tutti ad indentificarsi con essa, in modo tale da ritenerla "vera". In altre parole, così come l'élite forma schiere di soldati tutti vestiti uguali e che marciano come una massa imponente, tende anche a farci indossare una divisa psicologica ed emotiva, in modo da indurci metaforicamente a "marciare" alla stessa stregua dei soldati, allineati e perfetti.
Come riesce il gruppo dominante a metterci una divisa emotiva, psichica o ideologica? Attraverso le mistificazioni, cioè le mezze verità, le falsificazioni o le trappole emotive. Per secoli ci ha raccontato la filosofia che ha voluto, ci ha detto che la scienza è verità inoppugnabile o che esiste una realtà "oggettiva" a cui riferirsi. Questa realtà ce la indicavano le autorità religiose o, per chi non aveva fede, gli "esperti scienziati". Per intraprendere il percorso di cui ho già parlato, occorre innanzitutto chiedersi come questo gruppo di persone manipola la nostra mente, facendoci acquisire concetti di base propri della loro mentalità e non della nostra. Ad esempio, il termine "idealista" indica nella nostra tradizione filosofica l'essere sganciati dalla realtà, come se il pensiero in sé non possedesse alcuna vera realtà, o non fosse esso stesso una realtà. Ora, dato che l'attività di pensiero è fondamentale per gli esseri umani, costituendone l'essenza, ritengo che essa debba essere considerata realtà in sé. Anche se non sempre ciò che si ritiene in teoria ha una valenza euristica o produce effetti concreti, è anche vero che nessuna realtà è divenuta tale senza esser prima stata creata dal pensiero. Di conseguenza, distinguere fra realtà cosiddetta "concreta" e realtà "teorica", nel senso imposto dall'élite, significa separare nettamente l'idea prodotta dal pensiero, intesa come non realizzabile, e la realtà "concreta", considerata vera perché già realizzata. Ovviamente, l'élite punta a farci credere che l'unica realtà possibile sia quella che essa stessa ha creato, nascondendo che tale realtà è soltanto una parte di ciò che potrebbe essere. Per dirla in modo più chiaro, all'interno di questa logica, se si viene tacciati di essere "idealisti" o "utopisti", e questo viene a significare "non sei concreto" o "non accetti la realtà concreta", ciò potrebbe essere lusinghiero, poiché la realtà concreta che l'élite oggi ha costruito è una realtà criminale, e se si sceglie di adattarvisi solo per sentirsi "concreti" si diventa complici di crimini orrendi. Meglio passare per "idealisti".
Per demistificare, occorre dire che il sistema che attualmente ci viene indicato come verità concretamente possibile è basato sull'inganno. Dunque, la "concretezza" è oggi soltanto una truffa. Infatti, essa è piena di contraddizioni e paradossi. Pensiamo, ad esempio, al fatto che ci vorrebbero far credere che tutto è relativo, però al tempo stesso ci inducono a credere che la scienza è assoluta; oppure, ci fanno credere che la realtà più superficiale degli esseri umani è la vera (percezione, istinto, ecc.), ma allo stesso tempo ci trattano come animali, perché sanno che se gli esseri umani derogano alle proprie prerogative di autoconoscenza diventano uguali a qualsiasi gregge animale. Avete dubbi sul fatto che ci trattino alla stessa stregua di un gregge animale? Pensiamo ai giornali o ai telegiornali che ci dicono parecchie falsità, perché lo fanno se non per metterci in una gabbia emotiva e psichica? Nella Storia ciò è avvenuto anche concretamente, nel senso che molte persone, specie in Vietnam, sono state rinchiuse nelle gabbie per animali. Diversi giornali raccontarono questi fatti agghiaccianti, ad esempio, il New York Times del 13 agosto 1973 scriveva: “Vo Thi Bach Tuyer venne picchiata e sospesa per i piedi sotto una luce abbagliante. Poi fu rinchiusa in una cella minuscola (gabbia per tigri), mezzo allagata, con i topi e gli insetti che si arrampicavano sul suo corpo”.
Si trattava, non a caso, di persone che avversavano il potere dell'élite, e il metterli in gabbia (come il torturarli) acquisiva il valore di metterli in schiavitù fisicamente, dato che non erano riusciti a metterli in gabbia psichicamente o emotivamente. Perché tanta ferocia? Perché le persone che oggi dominano sanno che il momento in cui la maggior parte degli esseri umani non avrà più bisogno di affidarsi ad un potere esterno coinciderà con la loro scomparsa. Più il momento si avvicina e più sfoderano tutte le loro capacità di ingannare e di brutalizzare. Ma il loro potere ha dei limiti, e per capire questi limiti occorre sapere su cosa esso si basa. Come abbiamo avuto modo di spiegare, delegare la propria esistenza conferisce un potere a qualcun'altro, e dato che ciò impedisce una reale crescita interiore, colui che si approprierà di questo potere è malvagio, in quanto basa il suo dominio sulla mancata crescita degli altri. La sete di potere e l'avidità inducono queste persone ad approfittare della delega emotiva che viene loro concessa per accrescere le possibilità che tale potere si perpetui nel tempo, e giunga a produrre effetti su ogni aspetto dell'esistenza umana, persino sui settori che dovrebbero attuare la liberazione, come la religione, la cultura o l'arte. Su cosa si basa tale delega emotiva? Si basa sulla paura della propria emotività, ovvero degli aspetti di se stessi percepiti come negativi o da nascondere. Infatti, sin da piccoli subiamo condizionamenti che ci inducono, anche in maniera del tutto subliminale, a ritenere di essere nullità oppure "sbagliati" se seguiamo spontaneamente le nostre emozioni. E' un aspetto fondamentale del sistema quello di inviarci impulsi che ci inducono a sentirci inadeguati, ad avere scarsa autostima oppure a credere che c'è qualcosa in noi che non va. Ciò non è affatto sorprendente se pensiamo che l'intero sistema è improntato alla distruttività, ed essa viene diretta da noi stessi contro noi stessi, esprimendo il grado con cui noi introiettiamo la realtà esterna ritenendola più forte e più vera della nostra realtà interna. Il sistema non potrebbe reggersi senza questa introiezione distruttiva. Dunque la paura è paura di noi stessi, ovvero degli aspetti che crediamo spaventosi, perché ci hanno indotti a crederlo. Per ovviare a questa paura ci appoggiamo a ciò che ci arriva dall'esterno, producendo in una certa misura (chi più, chi meno) una sorta di ottundimento emotivo, o di identificazione con la realtà esterna e la relativa rinuncia allo sviluppo e all'utilizzo di risorse interne. In altre parole, attuiamo una sorta di "congelamento" delle nostre vere risorse interiori, a favore di un sistema che in ogni aspetto plasmerà la nostra vita, e ci farà diventare ciò che ritiene opportuno, al fine di autoperpetuarsi. Va da sé che non ritiene affatto opportuno che molti di noi inizino a chiedersi chi sono veramente, cosa vogliono e, soprattutto, come cambiare i propri vissuti emotivi in modo da renderli meno distruttivi e più motivati alla vita e all'autorealizzazione. L'élite si prodiga a cooptare tutto quello che potrebbe indirizzare verso questa strada, cioè la scontentezza, la rabbia o la frustrazione, ed ecco che spuntano i vari "guru", i "capi carismatici" o coloro che denunciano il sistema ma si guardano bene dall'indicare su cosa esso si basa realmente. Gran parte delle filosofie, delle religioni o dei numerosi sistemi pseudo-spirituali sono frutto di questi tentativi di impedire un vero percorso di crescita interiore, che può essere soltanto libero, cioè sganciato dalle autorità esterne. Infatti, se la realtà è unica, significa che la verità è dentro di noi come all'esterno, e che cercarla all'esterno senza prima averla trovata all'interno significa ritornare allo stato gregario di prima. Trovare se stessi non esclude di certo il formare gruppi o società organizzate sotto tutti i punti di vista, ma certamente esclude l'assetto attuale, in cui è un gruppo ristretto a dettare legge, e ad imporre ciò che la maggior parte delle persone riconosce come sbagliato e deplorevole. In altre parole, dalla realtà dei singoli si potrà creare spontaneamente una realtà collettiva, ed essa non potrà essere, in una società di persone libere, frutto di un atto di dominio o di sopraffazione. Dirò di più, la realtà umana è una realtà collettiva, noi esistiamo in quanto parte di un tutto, anche se all'interno di quel tutto conserviamo le nostre proprie caratteristiche. L'élite ha deformato questa verità, facendoci credere di essere divisi in ordine al colore della pelle, alla religione o ad altre caratteristiche, e nel contempo ha alimentato gli aspetti emotivi che ci rendono conformi, non in modo costruttivo, ma in senso superficiale e piatto. Ad esempio, ci spinge ad avere lo stesso stile di vita, improntato al materialismo o alla dipendenza dagli oggetti esterni. Tutti (bianchi, neri, musulmani, cristiani, ecc.) dovremmo credere che la felicità derivi dal possesso di un oggetto o dal sentirci migliori o superiori agli altri, ma allo stesso tempo siamo indotti a sentirci diversi sulla base di aspetti superficiali dell'esistenza, e ad impedire il sentimento di solidarietà, su cui si fonda la nostra vera emotività. L'élite ci spinge a credere che gli aspetti più superficiali ed egoistici di noi stessi siano la nostra unica realtà, stimolando alcuni bisogni e ottundendone altri. Ad esempio, stimola il bisogno di sentirci superiori ad altri, più belli, più intelligenti ecc., sapendo che ciò deriva da una sostanziale insicurezza, prodotta dalla scarsa autostima e dal congelamento delle vere risorse, che sono ricchissime. Infatti, essere consapevoli delle risorse interiori è talmente soddisfacente che non si prova alcun desiderio di scalzare qualcun'altro per sentirsi importanti. Questo è soltanto un esempio per dimostrare che oggi l'élite sta utilizzando tutti i modi possibili per farci rimanere al livello emotivo in cui abbiamo bisogno di conferme esterne o di possedere oggetti per sentirci adeguati, perché tale livello è funzionale al suo potere. Ciò avviene anche in modi molto sottili, e sta alla nostra intelligenza smascherare queste tecniche.
Cosa possiamo fare per rafforzare il nostro potere? Se il sistema criminale si basa su un atto di deresponsabilizzazione, per scardinarlo occorre la responsabilizzazione emotiva, ovvero il riprendersi se stessi. In che modo ciò può avvenire? Innanzitutto occorre dire che questo è un percorso molto difficile, se così non fosse tutti lo seguirebbero, dato che è l'unico che può garantire autorealizzazione e felicità. Ma non è affatto semplice e immediato, perché se è avvenuta la deresponsabilizzazione ciò significa che essa ha prodotto una gratificazione o un sollievo, seppur illusorio e temporaneo. Infatti, non avere a che fare con gli aspetti più profondi di se stessi sembra in superficie qualcosa di vantaggioso, se non altro perché ci permette di autorappresentarci in modo diverso da come siamo, di solito migliore o idealizzato. Sembrerebbe una contraddizione: si sta parlando di prendere coscienza della propria vera emotività come fonte di risorse vitali e poi si dice che fuggire da essa da' sollievo poiché si tratta di avere a che fare con aspetti non lusinghieri di noi stessi. In realtà non v'è alcuna contraddizione. Gli aspetti emotivi sono in origine benigni, poiché si tratta di energia vitale, ma possono diventare nocivi nel momento in cui subiscono deformazioni. Pensiamo ai bambini piccoli: essi vivono le emozioni con spontaneità e possono passare in pochi minuti dal pianto disperato al sorriso più gioioso. Ciò avviene perché non hanno ancora costruito barriere alle emozioni, e quindi non le hanno ancora deformate. Quando sopraggiungono le esperienze a contatto con la realtà esterna, le emozioni possono essere alterate e produrre effetti nocivi. Il discorso è assai complesso; un esempio può essere quello del dolore: ogni essere umano sperimenta situazioni dolorose, che interpreta in molteplici maniere, ma dato che la sofferenza giunge già nell'infanzia, quando ancora non siamo in grado di essere razionali e obiettivi, non l'accettiamo, oppure ci costruiamo false rappresentazioni sul valore che tale sofferenza ha avuto. Da adulti, siamo indotti a continuare a non accettare il dolore e a seppellire nel profondo di noi le interpretazioni errate, che però continuano ad avere potere su ciò che accade nelle nostre vite. Nel momento in cui iniziamo a ripescare dentro di noi le vecchie paure e le vecchie sofferenze, ecco che possiamo attingere al nostro vero essere senza temere il dolore che inevitabilmente accompagnerà tale percorso. Accettare il dolore significa superarlo, e non avere più l'esigenza di affidare ad altri la nostra esistenza emotiva. E' prendendo atto delle emozioni deformate e delle paure che da esse derivano che sarà possibile dissolvere i timori e acquisire la fiducia necessaria per delegittimare tutti coloro che dall'esterno vorrebbero imporci quello che non riteniamo giusto o che non fa parte di noi. Ovviamente, ogni persona ha il suo proprio percorso e i suoi tempi di crescita, e sceglie liberamente ciò che vuole essere. Probabilmente, ancora a lungo, molte persone crederanno di aver bisogno di un capo forte, e ne troveranno quanti ne vorranno (ce ne sono per tutti i gusti e per tutte le esigenze), fino a quando arriverà il momento di capire la verità su loro stesse.
Non si deve credere, come l'élite ritiene, che la libertà sia licenza di commettere crimini. Al contrario, la libertà è libertà dalla distruttività, e dunque dai crimini. La vera rivoluzione, che sta avvenendo nella nostra epoca, è la crescita interiore che porterà ad una nuova realtà, basata sulla fratellanza e sulla solidarietà anziché sul crimine e sulla sopraffazione. Il futuro vede la possibilità di modificare a tal punto le esistenze umane da liberarle dalla disperazione, dalla paura e dall'infelicità a cui l'élite dominante le ha condannate per secoli. Ritenere ciò non è certamente più utopistico del credere che un sistema criminale che si alimenta con le guerre, le torture e l'inganno possa dominare per sempre.

mercoledì

VERITA' E NICHILISMO

Quello che state leggendo non è uno dei miei soliti articoli, che in genere trattano un tema basandosi su una serie di prove, documenti o testimonianze. Questo è un articolo che ho deciso di scrivere in seguito a numerose e-mail di lettori, che mi dicevano di essere d'accordo con quello che scrivo ma di sentirsi demoralizzati e in preda al pessimismo circa quello che sarà il futuro dell'Italia o del mondo. Dato che secondo me tale pessimismo parte da premesse errate, ho ritenuto importante scrivere un articolo che argomentasse quello che a mio avviso potrebbe essere il giusto modo di rapportarsi alla realtà una volta che si è raggiunta una più elevata consapevolezza.
Questo articolo, dunque, non può avere il rigore degli altri, perché dovrò, per forza di cose, esprimere idee che nascono dalla mia esperienza, e che dunque potrebbero essere relative. Tuttavia, ritengo sia molto importante anche scambiarsi idee ed esperienze su come vivere una condizione che probabilmente non si è mai presentata prima nel panorama storico di questo pianeta. Mi sto riferendo allo stato di coscienza che sempre più persone raggiungono quando si accorgono di essere frodate dalle banche e da istituti economici detti "corporation", quando apprendono che dietro il sistema di potere basato su questi istituti ci sono sempre le stesse persone, poche centinaia, che decidono la vita o la morte di tutti noi; o nel momento in cui capiscono che le guerre possono essere evitate perché sono organizzate e volute dallo stesso gruppo di persone suddetto; o che le autorità locali sono a servizio sempre di quelle stesse persone, e che i mass media prendono per i fondelli, descrivendo una realtà di "democrazia" che non esiste affatto.
Il gruppo di persone smascherate, ovviamente, non avrebbe voluto che si sapessero queste cose e che venissero diffuse, ma grazie anche alla rete Internet ciò è avvenuto. Ora, in seguito a questo, cosa credete che l'élite dominante vorrebbe che avvenisse? L'ideale per loro sarebbe che ogni persona che sa pensi di non poter far nulla. Che si rappresenti come debole, incapace di fronteggiare la situazione, e che magari soffra per aver saputo, dicendo fra sé e sé: "siamo troppo pochi", "la realtà non potrà cambiare", "siamo costretti a subire", ecc.
In altre parole, ciò che giunge ad attanagliare molte persone che hanno raggiunto un alto livello di consapevolezza è una sorta di "nichilismo", ovvero quella sensazione di sfiducia che fa sentire, talvolta, anche una certa disperazione.
Il punto è: è proprio vero che non possiamo fare nulla? E se ciò fosse vero, allora non serve proprio a nulla acquisire un certo grado di consapevolezza? Sarebbe meglio rimanere nell'illusione che oggi esiste la "democrazia", che le autorità sono a servizio dei cittadini, e tutte le altre baggianate varie? Naturalmente, credo che non sia affatto così, credo che chi cede all'autocommiserazione stia seguendo, per così dire, la via di minore resistenza. Anzi, a ben vedere, ritengo proprio che scegliere la filosofia nichilista sia il metodo più confortevole per non affrontare gli aspetti sgradevoli della realtà. Quegli aspetti che hanno prodotto un certo turbamento, e da cui è derivata l'esigenza di assestare anche la propria interiorità per porla in linea con la maggiore consapevolezza raggiunta.
E' vero che la stragrande maggioranza di persone vive ancora senza una grande consapevolezza, non avendo idea di cosa stia facendo e del perché lo sta facendo, ma prima o poi tutti incapperanno in qualcosa che li risveglierà, magari in modo brusco. Esistono anche persone insoddisfatte, che si accorgono come in vari modi il sistema li frustra, e iniziano ad aggregarsi ai gruppi di denuncia (es: Beppe Grillo, ecc.) ottenendo una sorta di "gratificazione passiva". Cioè scaricano in una certa misura l'insoddisfazione ma poi concretamente fanno poco o pensano di poter cambiare il mondo senza cambiare se stessi.
E' certamente utile scambiarsi conoscenze e esperienze, ascoltare chi dice la verità, oppure leggere libri che possano permettere di acquisire maggiore conoscenza, ma oltre a capire il messaggio si deve scegliere di metterlo in pratica, e questa è la parte più difficile. Capire dovrebbe stimolare ad acquisire anche maggiori capacità operative. Pensare che ci si debba accontentare dell'effetto catartico che si ha attraverso l'ascolto delle denunce da parte di alcune personalità (come Grillo, Travaglio, Chiesa, ecc.) è errato. Lo si capisce non appena, poco tempo dopo, ritornano il senso di impotenza e la disperazione.
Formati all'interno di una società di massa, che scoraggia il libero pensiero e sostiene il gregarismo, alcuni credono sia importante cambiare gregge; per così dire, passare dal gregge ufficiale a quello "alternativo". Ma non è così che funziona: cambiato capo, il gregarismo rimane, e continua ad impedire una vera crescita interiore, nonostante le conoscenze possano accrescersi.
Molte persone (specie giovani) non hanno alcuna progettualità nell'esistenza, né un piano di crescita, né la necessaria autodisciplina per ottenere risultati concreti, e si rendono dipendenti dalla realtà sociale o esterna, credendo di poter risolvere i problemi con un'intelligenza estranea alla propria. Si tratta spesso di persone ricche dentro, ma che utilizzano palliativi per continuare a fuggire da se stessi. Mi da' un senso di desolazione vedere che il sistema criminale che ci domina riesce a sfornare soggetti che si possono riassumere in tre categorie: quelli che si sottomettono e si identificano col sistema, quelli che riconoscono la frode ma si reputano troppo deboli per reagire, e quelli che capiscono bene, cercano di reagire ma non sono in grado di contrastare le proprie tendenze autodistruttive potenziate dal sistema (ad esempio, quelli che pur avendo grandi potenzialità di avversare il sistema, si danno all'alcool, al disordine esistenziale, ecc.). A quest'ultimo caso appartengono coloro che credono che non sia necessario mettere in discussione se stessi per ottenere quel cambiamento di cui si diceva sopra, quello che dovrebbe permettere di elevare la propria esistenza al livello della consapevolezza raggiunta. Non si sta parlando di religione o di qualche ideologia trascendentale, ma del detto socratico "conosci te stesso", che riassume il potere che ogni individuo può avere sulla realtà: infatti, se non si è in grado di conoscere se stessi e di indirizzare la propria crescita è ovvio che si è impotenti anche verso la realtà esterna. Ora, la questione si fa difficile, perché se ogni individuo è unico, allora per ognuno c'è un percorso unico, che soltanto la persona stessa può trovare. Nessun altro può indicare tale strada, neppure il migliore imbonitore. Ciò vuol dire che ogni persona dovrebbe impegnarsi, così come tutti i giorni mangia, si lava o lavora, anche ad osservare se stessa per ricavare notizie su chi è, cosa vuole realizzare o di cosa si vorrebbe sbarazzare. Sembrerebbe un impegno insostenibile, ma l'alternativa è continuare ad appartenere al gregge, che è quello che l'élite dominante auspica caldamente, dato che spende miliardi di dollari per realizzare questo scopo. Insomma, non ci sono ricette precostituite, ma soltanto un impegno con se stessi, onesto, sincero e leale, per guardarsi in faccia e vedersi come si è realmente, fuori dall'idealizzazione che ci costruiamo. Ossia diventare capaci di vedersi con difetti atroci, che ci sembrano inaccettabili, quelli che temiamo ci facciano sprofondare senza pietà, e la cui consapevolezza, invece, può produrre effetti (nella nostra vita e all'esterno). Nel film La Storia infinita c'è una scena in cui uno dei protagonisti deve superare la prova più difficile: guardarsi in uno specchio che riflette la sua vera realtà. Forse per molti di noi è una prova che ancora non è stata superata, eppure rappresenta l'unico modo per comprendere che la realtà esterna è la proiezione di ciò che l'insieme di noi produce: se siamo gregari deve per forza corrisponderci una realtà in cui c'è il gruppo a cui noi, col nostro gregarismo, abbiano inconsciamente delegato il potere, e rimanendo gregari (anche se "alternativi") continuiamo a farlo. Viceversa, se riusciamo a percepire che anche dentro di noi c'è una parte malvagia o che deforma la verità perché ritiene più comodo rimanere com'è, allora iniziamo a sentirci meno impotenti verso la realtà, poiché ogni seppur piccolo cambiamento produce inevitabilmente anche cambiamenti nella realtà esterna. Siamo parte del mondo, se cambiamo noi anche il mondo cambia. Ovviamente, tutto è rapportato al grado di cambiamento e all'impegno che abbiamo verso il mondo esterno. Per fare qualche esempio, se anche soltanto il 30/40% dei cittadini italiani cessa di essere gregario e sceglie di coniare un propria moneta per liberarsi dalla schiavitù delle banche cosa credete possa succedere? Potrebbero condannarli tutti come fecero con Giacinto Auriti? Non credo. Quindi non è poi vero che siamo impotenti, anche se è vero che occorre estendere sempre più la consapevolezza, che grazie all'autoconoscenza può dare la necessaria fiducia a cambiare le cose.
Qualcuno potrebbe ancora obiettare che attualmente siamo troppo pochi per poter incidere sulla realtà. E' vero, ma all'inizio qualsiasi evento è sempre pionieristico, il punto è che se i pionieri, che dovrebbero estendere il fenomeno, si percepiscono deboli e impotenti allora incideranno ben poco sulla realtà attuale e futura. Se, viceversa, si acquista fiducia e si costruisce la propria esistenza non sul gregarismo ma sull'autoconsapevolezza e sul libero pensiero, allora l'efficacia emergerà nel tempo, sia nella propria vita che in quella degli altri. Ciò che conta, lo ripeto, è guardarsi dentro e chiedersi chi veramente siamo, cosa vogliamo realizzare e se vogliamo continuare a soccombere all'interno di un sistema che ci vuole sfiduciati, gregari e demoralizzati. E, possibilmente, anche impauriti e deboli, affinché quelle poche persone che non sono affatto così ci prendano in giro e facciano di noi ciò che vogliono. Vogliamo continuare a permettere che avvenga questo? La mia scelta potete inferirla. La vostra spero dipenda da un'approfondita conoscenza di voi stessi e non dai condizionamenti che subiamo tutti i giorni.
Ad ogni modo, nessuno è impotente e debole, se non vuole esserlo. Il nostro compito attuale potrebbe essere (oltre a quello di impegnarci a conoscere noi stessi in profondità e ad affrontare gli attacchi di sfiducia) quello di parlare del signoraggio, del sistema di dominio o di altri argomenti che conferiscono consapevolezza, senza svilirli con polemiche, aggressività o litigi, come fanno quelli che vorrebbero intralciare ogni cambiamento. Oppure ci si può rifiutare di acquistare i prodotti delle corporation che commettono crimini, o si possono divulgare i molteplici inganni dei politici, senza pretendere che da un giorno all'altro tutti capiscano e reagiscano. Qualcuno ha detto che è dalle piccole cose che possono derivare le grandi cose, e se si ha la necessaria fiducia e pazienza credo che ciò possa rappresentare la verità del mondo futuro. Tutto è in continuo movimento, perché la vita stessa si caratterizza come percorso mai uguale a se stesso, e dunque col tempo ciò che è oggi non sarà più. Forse i tempi sono difficili, o forse lo sono meno di quelli passati, dato che abbiamo maggiori possibilità di comunicare e dunque di conoscere e capire.
Saluto con affetto le persone che mi leggono, e spero sia facile per tutti noi ricordare sempre che ciò che si realizza può essere soltanto ciò che si ritiene possibile realizzare.

venerdì

L’ITALIA E' UNA COLONIA?

Di Antonella Randazzo

I mass media propagandano l'immagine dell'Italia come di un paese libero e democratico, in cui la popolazione gode di potere politico ed economico. Ma è davvero così? Il sospetto che l'élite egemone economico-finanziaria si sia appropriata del nostro paese sotto tutti i punti di vista e che lo stia guidando verso il baratro, è venuto persino al Financial Times, che in un articolo del 16 marzo 2006 scriveva che “L'Italia sta seguendo la stessa strada dell'Argentina verso la rovina”. L'autore dell'articolo, Richard Perle, è un esponente dell'estrema destra americana e un accanito sostenitore di George W. Bush, quindi è difficile credere che voglia mettere in cattiva luce l'élite dominante. Il paragone fra l'Italia e l'Argentina nasce da considerazioni finanziarie, precisamente dalla scelta italiana di assumere l'euro come propria valuta, pur essendo il paese condannato ad avere un'economia debole, a causa delle scelte di politica economica effettuate dai governi, che tendono ad avvantaggiare il capitale straniero piuttosto che lo sviluppo del paese, come accade in una colonia. Anche l'Argentina, agganciando la propria valuta al dollaro, si trovò a fare i conti con una moneta forte, mentre la sua economia era in mani straniere. Ciò che accadde all'Argentina è noto.

Le aziende italiane sono state in gran parte rilevate dalle grandi corporation anglo-americane. Oggi l'Italia è il paese europeo meno competitivo, e che ha più aziende in mani straniere. Il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Centrale Europea stanno col fiato sul collo per controllare i pagamenti del debito, ignorando il livello di benessere o di povertà dei cittadini italiani. Infatti, pur di esigere i pagamenti, il Fmi non esita a chiedere tagli alla spesa pubblica (sanità, scuola, amministrazione, ecc.) e ulteriori privatizzazioni, peggiorando le condizioni del paese. Lo scopo principale del Fmi (dobbiamo ricordare che esso è un istituto finanziario controllato dai banchieri anglo-americani) è quello di impoverire i cittadini italiani, in armonia con ciò che già, nel 1998, svelava Zbigniew Brzezinski, nel suo libro La grande scacchiera: il primato americano e i suoi imperativi geostrategici. L'eccessivo benessere dei paesi dell'Europa occidentale, secondo Brzezinski, era un grave ostacolo, poiché tale livello di ricchezza era più elevato rispetto a quello della media dei cittadini americani, ed essendo l'Europa considerata un protettorato americano, ciò risultava inammissibile[1]:

L'Europa ha una posizione fondamentale di fortezza geostrategica per l'America. L'Alleanza Atlantica autorizza l'America ad avere influenza politica e peso militare sul continente … se l'Europa crescesse, questo beneficerebbe direttamente l'influenza americana … L'Europa Occidentale è in larga misura un Protettorato americano e i suoi Stati ricordano i vassalli e i pagatori di tributi dei vecchi imperi... L'Europa deve risolvere il problema causato dal suo sistema di redistribuzione sociale che è troppo pesante e ostacola la sua capacità di iniziative.
L'Europa doveva essere indebitata e impoverita affinché il dominio statunitense potesse imporsi su tutta l'Eurasia. Occorreva con urgenza impoverire i ceti medi, e ciò è avvenuto in Italia anche a causa della Legge Biagi, che legalizza lo sfruttamento lavorativo. Il resto lo fecero il sistema bancario, le dittature imposte al Terzo mondo (che hanno costretto milioni di persone ad offrire manodopera semischiavile, abbassando il costo del lavoro e smantellando il sistema dei diritti, frutto di lotte politiche e sindacali), e le privatizzazioni, promosse dal Fmi. Le campagne mediatiche menzognere fanno credere che il Fmi e la Bce tengano alla "stabilità" del paese, o alla "competitività" delle aziende italiane, mentre è l'esatto opposto: vogliono tenere in scacco l'intera economia del paese, strozzandola con il debito e rendendola poco competitiva attraverso varie strategie. I nostri politici, anziché cercare di contrastare il potere del Fmi, lo assecondano, e lo propagandano come giusto e autorevole, mostrando così che l'Italia è soggiogata anche politicamente al potere straniero, come una colonia. In molti modi (privatizzando, non tutelando i prodotti italiani, accettando di pagare i diritti di signoraggio, foraggiando le società private, ecc.) i nostri governi operano per la distruzione economica e finanziaria del nostro paese, e non per il nostro benessere e per i nostri valori.

Il livello di povertà nel nostro paese è aumentato dal 6,5% della popolazione degli anni Novanta, all'11,7% del 2001, fino al 12% del 2005.[2] Le riforme neoliberiste imposte all'Italia dal Fmi hanno sottratto ricchezza alla classe media e inferiore, per arricchire l'élite già ricca, come dimostra l'analisi fatta dalla Banca d'Italia nel periodo 1989/1998:

Il 10% delle famiglie più povere aveva il 2.7% del reddito totale nel 1989, mentre nel 1998 questa quota è scesa al 2%. Il 10% delle famiglie più ricche ha invece incrementato la propria quota dal 25.2% al 27.5%. L'incremento dell'indice di Gini, in 9 anni, è stato pari all'11%... piccoli incrementi (decrementi) dell'indice di Gini provocano enormi aumenti (diminuzioni) del divario tra il più povero e il più ricco dell'insieme.[3]
Oggi circa il 20% delle famiglie più ricche possiede oltre la metà del reddito del paese, mentre il 20% delle famiglie italiane povere possiede soltanto circa il 6%. Ciò spiega perché le famiglie ricche italiane, come i Benetton, i Pirelli e i Falck, siano così accondiscendenti alla colonizzazione dell'Italia: ciò garantisce loro maggiore ricchezza e privilegi.
Un paese risulta soggetto al dominio coloniale quando non è padrone del proprio territorio e non sceglie liberamente la propria organizzazione politica ed economica. I diritti degli indigeni coloniali sono subordinati agli interessi della potenza dominante, che si erge al di sopra delle leggi. Le autorità dei paesi coloniali esigono ingenti pagamenti, come accade con le banche titolari del nostro debito, che impongono alle nostre autorità di elaborare una finanziaria annuale per pagare il debito. Il debito è in realtà una forma di tassazione imposta dalle banche, architettata in modo tale che i cittadini credano di aver ricevuto qualcosa da dover pagare, mentre invece si tratta di una tassazione di tipo coloniale, cioè creata per impoverire i cittadini e arricchire il sistema di potere. Il debito imposto all'Italia è talmente alto che nel 2002 equivaleva ad un terzo del debito pubblico complessivo di tutti i paesi dell'Unione Europea (che era di 4707,7 miliardi di euro). Nonostante le manovre finanziarie che hanno dissanguato il paese, nel gennaio 2007 il debito era ancora di 1.605,4 miliardi. Non sarà mai estinto, affinché l'Italia possa rimanere in eterno assoggettata all'élite bancaria.

Le finanziarie hanno anche l'obiettivo di stanziare denaro per la partecipazione alle guerre del paese dominante, e nell'ultima finanziaria il governo ha aumentato tali spese a 20,354 miliardi di euro, che è una somma altissima per un paese che non ha nemici e ufficialmente non è in guerra. Si comprende tale spesa soltanto se si pensa che ogni paese sottomesso ad un potere coloniale è obbligato a partecipare alle spese militari del paese imperiale. Gli italiani pagano il 41% del costo di stazionamento delle basi americane, si tratta complessivamente di 366 milioni di dollari all'anno.[4] Proprio come una colonia, subiamo un'occupazione militare e siamo anche costretti a pagarla. Dagli anni Cinquanta, l'Italia è sotto controllo militare statunitense, attraverso 113 basi militari, che ospitano almeno 60.000 soldati. Gli Usa hanno potere sul nostro territorio, a tal punto che non sono obbligati nemmeno a precisare l'ubicazione delle loro basi o le attività che si svolgono all'interno. Ciò viola gli articoli 80 e 87 della nostra Costituzione, che dovrebbero proteggere la sovranità nazionale su tutto il territorio dello Stato. Diverse basi militari sono dotate di missili a testata nucleare, e l'accordo "Stone Ax" prevede l'uso delle armi nucleari da parte di soldati italiani autorizzati dalle autorità americane. Dunque, non soltanto le autorità statunitensi hanno potere sul territorio italiano come fosse una loro colonia, ma concludono accordi segreti che obbligano i soldati italiani a mettersi a loro servizio, come una truppa coloniale. L'accordo Stone Ax ("Ascia di pietra") è un accordo di cui il Parlamento non ha mai avuto modo di discutere, poiché è stato concluso segretamente fra Roma e Washington. Con questo accordo, che risale agli anni Cinquanta ma è stato rinnovato dal governo Berlusconi, l'Italia diventa uno degli avamposti per la futura guerra nucleare.

Nell'aprile del 2002, Umanità Nova, riportava la testimonianza di un ex-analista dell'Intelligence statunitense, William Arkin, che nel suo libro dal titolo Code names, parla di un documento chiamato "Nuclear Posture Rewiew", in cui la Casa Bianca ordina al Pentagono di pianificare l'uso di armi nucleari per le guerre future, contro nemici come la Corea del Nord, l'Iran e la Siria. L'ipotesi di guerre nucleari appare, da questo documento, tutt'altro che improbabile, e l'accordo Stone Ax permetterebbe agli Usa di progettare gli attacchi dall'Italia e di richiedere la collaborazione dei militari italiani. In caso di attacco a un paese dotato di armi nucleari (come la Corea del Nord) è assai probabile che il contrattacco nucleare avvenga contro il nostro paese (da cui sarà partito l'attacco) piuttosto che contro il territorio degli Stati Uniti, che è assai più protetto. Le autorità americane, come al solito, preferiscono che venga colpita una colonia piuttosto che la madrepatria. Molti italiani credono ingenuamente di essere "protetti" dalla massiccia presenza militare americana, e non immaginano che invece è il contrario: siamo esposti al pericolo di distruzione nucleare assai più di qualsiasi altro paese europeo.

In Italia, le testate nucleari sarebbero 90 soltanto ad Aviano e a Ghedi, e alcune di esse hanno una potenza dieci volte maggiore della bomba sganciata ad Hiroshima.
La presenza di armi nucleari sul suolo italiano è illegale in base alla legge n. 185 del 9 luglio 1990, che vieta la fabbricazione, il transito, l'esportazione e l'importazione di armi chimiche, biologiche, e nucleari. L'articolo 1 comma 7 della legge dice: "Sono vietate la fabbricazione, l'importazione, l'esportazione ed il transito di armi biologiche, chimiche e nucleari, nonché la ricerca preordinata alla loro produzione o la cessione della relativa tecnologia. Il divieto si applica anche agli strumenti e alle tecnologie specificamente progettate per la costruzione delle suddette armi nonché a quelle idonee alla manipolazione dell'uomo e della biosfera a fini militari". In base a questa legge, le autorità italiane che hanno rinnovato l'accordo Stone Ax dovrebbero essere processate.

Le nostre autorità, soltanto nel marzo del 2005, in seguito ad un'interrogazione parlamentare, hanno ammesso la presenza di armi nucleari in Italia, senza però contemplare in nessun modo la possibilità di sottoporre il problema alla popolazione, data la gravità, oppure di avere il dovere di chiarire da quando, dove e perché ci sono queste armi sul nostro suolo. E' come se i cittadini italiani non potessero avere alcun controllo sulle questioni militari, e se a ciò si aggiunge che essi non hanno alcun potere sulle questioni finanziarie ed economiche del paese, si può dire che la loro condizione è simile a quella del suddito sottomesso ad un potere che non accetta alcuna limitazione.
I cittadini italiani vengono convinti di avere potere politico, in quanto alle elezioni possono scegliere fra "destra" e "sinistra", ma quando essi chiedono che venga rispettata concretamente la loro volontà (ad esempio nel caso della Tav o della base di Vicenza), si scatena un putiferio mediatico e politico, per evitare di concedere il benché minimo reale potere.

Dalle basi americane ubicate in Italia, sono partiti missili per operazioni di guerra offensive, come nel caso della Jugoslavia e dell'Iraq, in spregio all'articolo 11 della nostra Costituzione che "ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali", e all'insaputa della popolazione. Inoltre, i soldati americani, quando commettono violenze, abusi o omicidi, sono impunibili dalla nostra giurisdizione, e quindi non pagano per i crimini, dato che la loro giurisdizione li assolve quasi sempre. Basti ricordare il caso di Ustica o di Calipari. L'uccisione del funzionario del Sismi Nicola Calipari e il ferimento della giornalista Giuliana Sgrena non hanno alcun colpevole secondo il Pentagono, che ha alterato la versione dei fatti per assolvere i soldati americani.

Il 27 giugno del 1980 esplose nel cielo di Ustica un DC-9 diretto da Bologna a Palermo, e 81 persone morirono. Era accaduto che i servizi segreti americani avevano appreso che Gheddafi avrebbe volato sui cieli italiani con il suo aereo personale, e avevano deciso di colpirlo. Ma il presidente libico non era su quell'aereo e i missili americani abbatterono anche l'aereo italiano. Il processo per la strage di Ustica, aperto dalla magistratura italiana, andò avanti per 25 anni, fra depistaggi e numerosi tentativi di occultare le prove. Si cercherà di far credere che l'incidente fosse dovuto ad una bomba che si trovava nel velivolo, nascondendo le tracce della presenza di forze militari americane sul luogo. Alla fine, non si ebbe alcun colpevole né alcun risarcimento alle vittime. Le vite degli italiani furono considerate di nessun valore, e le nostre autorità hanno dimostrato di non avere alcun potere per proteggerle, essendo subordinate alle autorità statunitensi, come fossero autorità coloniali.

La privatizzazione delle aziende pubbliche (ferrovie, poste, autostrade ecc.) ha prodotto perdite economiche gravissime, il peggioramento della qualità dei servizi e l'aumento del costo per l'utente. Svendere i beni pubblici non significa soltanto impoverire il paese (che perde i profitti delle aziende vendute ed è anche costretto a finanziarle), ma anche indebolire il governo. Ad esempio, il Ministro per lo Sviluppo economico Pier Luigi Bersani ha propagandato come importante la sua riforma che eliminava il costo di ricarica delle schede telefoniche, senza dire però che il governo non aveva alcun potere di impedire che la cifra della ricarica venisse reinserita mediante l'aumento delle tariffe. Nel giro di pochi giorni, alcune società telefoniche cambiarono i piani tariffari, in modo tale da garantirsi gli stessi introiti che avevano in precedenza. Questo è un chiaro esempio di come le privatizzazioni sottraggono denaro e potere all'intera comunità, costringendo i cittadini a sottostare allo strapotere delle società private. Se i nostri ministri dovessero davvero difendere gli interessi dei cittadini, contro le corporation e le banche, sarebbero immediatamente richiamati all'"ordine" dalle autorità dell'Unione Europea e da quelle statunitensi.

La privatizzazione della Telecom, avvenuta nell'ottobre del 1997, permise ad un gruppo di imprenditori e banche di impadronirsi dell'azienda, e al Ministero del Tesoro rimase soltanto il 3,5%. Il piano per il controllo di Telecom era stato progettato dalla Merril Lynch, dal Gruppo Bancario americano Donaldson Lufkin & Jenrette e dalla Chase Manhattan Bank. Dopo dieci anni dalla privatizzazione, il bilancio era disastroso sotto tutti i punti di vista: oltre 20.000 persone erano state licenziate, i titoli azionari avevano fatto perdere molto denaro ai risparmiatori, i costi per gli utenti erano aumentati e la società era in perdita.
I danni per la privatizzazione di Telecom non sono stati soltanto di natura finanziaria, ma anche relativi alla qualità e alla sicurezza del servizio. La privacy dei cittadini non è in alcun modo tutelata, e gli scandali degli ultimi anni lo hanno provato.

Oggi l'azienda è ridotta male, e i titoli azionistici oscillano. Tre grandi banche, Morgan Stanley, Goldman Sachs e Ubs, possono far salire o scendere qualsiasi titolo, avendo nelle mani il 70% del credito speculativo mondiale, e potendo diffondere notizie che condizionano il comportamento degli investitori. Manovrando il valore delle azioni, si condiziona l'andamento dell'azienda, e ciò consente ai grandi colossi bancari di preparare il terreno per appropriarsene, come sta accadendo anche con Alitalia.
Pirelli ha aperto trattative in esclusiva col colosso American Telephone and Telegraph Company (At&T), che appartiene ad un gruppo di grandi banchieri, che quest'anno ha vinto negli Usa un appalto pubblico ricchissimo, per gestire il settore delle telecomunicazioni, e fornire servizi a 135 delle 184 agenzie federali, insieme a Qwest e Verizon. Le trattative con At&t, e America Movil dureranno fino al 30 aprile, poi Generali e Mediobanca avranno 15 giorni di tempo per esercitare il loro diritto di prelazione.

Non sappiamo ancora se sarà la At &t ad impadronirsi di una delle aziende più importanti del nostro paese, ma sappiamo già cosa accadrà dopo la svendita: si avranno licenziamenti, aumenterà il costo per l'utente, la qualità del servizio sarà sempre più scadente ed emergeranno di tanto in tanto illegalità diffuse, che riveleranno la possibilità di controllo su ogni cittadino.
Chi dubita che l'Italia di oggi abbia caratteristiche di natura coloniale provi a scrivere una lettera alle autorità italiane, per chiedere spiegazioni sui debiti bancari e sul signoraggio, sulle privatizzazioni, sulla sovranità territoriale dell'Italia oppure sulle testate nucleari. Non otterrà alcuna risposta chiara, esauriente e onesta (semmai dovesse ricevere qualche tipo di risposta), e questa sarà una prova che le nostre autorità sono a servizio delle banche e delle corporation internazionali, e subordinano ad esse i diritti dei cittadini italiani, come accade nelle colonie.

NOTE:

[1] Brzezinski Zbigniew, "La grande scacchiera: il primato americano e i suoi imperativi geostrategici", Longanesi, Milano 1998.
[2] Fonti: World Economy 2001, Banca Mondiale, dati Istat.
[3] Bilanci famiglie Italiane 1989/1998, Banca d'Italia, "I bilanci delle famiglie italiane nell'anno 1989 e 1998", Roma, pp. 36-53. http://www.deiricchi.it/index.php?docnum=35. Dati consultabili sul sito www.bancaditalia.it.
[4] "La Repubblica", 6 febbraio 2007.

mercoledì

L'IDEOLOGIA DELLA TRUFFA

Di Antonella Randazzo

Con la fine della Guerra Fredda, è stata diffusa la convinzione che le ideologie fossero appannaggio del passato, e che si sarebbe aperto un futuro migliore e più "vero". La propaganda della fine delle ideologie ha convinto molti, che hanno creduto possibile affrancarsi da qualsiasi teoria ideologica, abbracciando e accettando senza timore la "realtà". L'idea che oggi non esistano più ideologie appare sempre più propagandistica e demagogica, se si pensa che il sistema attuale nasce da una serie di presupposti teorici spesso falsi e truffaldini. In realtà, se l'ideologia viene intesa come un insieme di valori, idee e opinioni, ogni persona - consapevole o meno -  ne possiede una. Coloro che credono di essere immuni da ogni ideologia sono esposti al rischio di abbracciare completamente l'ideologia propagandata dal potere dominante e, giacché privi di consapevolezza, possono essere plasmati da idee, valori e opinioni che non nascono spontaneamente dal loro profondo, ma che loro intenderanno come tali.

Quale ideologia domina oggi?
L'ideologia del gruppo dominante ha oggi acquisito un potere enorme sugli individui, in quanto essa viene spacciata per verità scientifica, e quindi inoppugnabile. Si tende sempre più a nascondere che la stessa scienza è per molti aspetti evolutiva, cioè ha una storia, come qualsiasi altro prodotto umano, e si presentano gli scienziati come "esperti" e depositari di conoscenze assolute.

L'ideologia più perniciosa è quella che, più o meno implicitamente, vorrebbe condizionarci su ciò che riteniamo essere la nostra natura.
Attraverso la teoria di Darwin (o teorie derivate), si propaganda l'idea  che la realtà umana è, come per altri animali, una realtà di lotta e sopraffazione. 
La teoria di Darwin, applicata all'economia, ha creato il "capitalismo selvaggio", ossia un sistema in cui un gruppo, considerato "più forte" (o più furbo), si appropria della maggior parte delle ricchezze e le utilizza per dominare e avere privilegi. Scriveva Darwin: "tra tutti gli uomini ci deve essere lotta aperta; […] le razze umane più civili stermineranno e si sostituiranno in tutto il mondo a quelle selvagge."[1] 

La teoria di Darwin fu amata da Hitler e da molti altri dittatori, che attraverso di essa giustificavano i loro crimini. Anche i banchieri Andrew Carnegie e John D. Rockefeller fecero spesso riferimenti ai principi darwiniani,[2] ritenendo l'esistenza di una gerarchia fra le razze umane.
Darwin studiò molte specie animali in modo approfondito, ma non i primati non umani e umani. Egli applicò all'uomo categorie e conoscenze che aveva tratto dallo studio di alcune specie assai distanti dalla filogenesi umana.

I primati non umani hanno, come gli umani, la caratteristica essenziale di basare la loro esistenza sui rapporti fra gli altri esseri della loro specie e di stabilire forti relazioni sociali, grazie alle loro capacità empatiche e intellettive. Numerosi ricercatori hanno studiato a lungo comunità di primati non umani, e hanno osservato che la loro realtà comune è quella di cooperazione e di socialità, mentre assai raramente si presentano situazioni criminali, e non esiste la guerra.
Nei primati umani la situazione è analoga, anche se per molti aspetti assai più complessa. I primati non umani hanno una forma di intelligenza che Jean Piaget definiva delle "operazioni concrete", cioè basata sulla realtà percettiva, mentre gli umani, a partire dall'adolescenza, oltrepassano tale livello e assumono capacità di "pensiero formale". Si tratta del pensiero simbolico e teorico, che comprende complesse capacità linguistiche. Ad esempio, concetti come "patria", "amore" o "infinito", non essendo di natura percettiva vengono compresi intellettualmente soltanto quando ci si avvicina all'età adulta. L'intelligenza formale, che è prerogativa degli esseri umani, deriva dagli sviluppi corticali (sistema talamo-corticale), che hanno permesso un linguaggio complesso e capacità di pensiero astratte. L'essere umano, come già osservavano gli umanisti rinascimentali, ha la peculiarità di possedere aspetti ritenuti inferiori, come l'avidità e l'egoismo, e altre caratteristiche considerate evolute, come la socialità e l'empatia. Niccolò Cusano in De Pace Fidei, osservava che tutte le culture possono essere armonizzate fra loro, per consentire all'uomo di esprimere gli aspetti più sublimi della sua natura, che gli permettono di ergersi al di sopra degli impulsi distruttivi e prevaricanti.

Il sistema corticale ci consente di rappresentare il mondo e di osservare noi stessi. Essere coscienti significa avere capacità cognitive per poter cogliere il contesto, e noi stessi all'interno di esso. La maggior parte dei neuroni corticali viene utilizzata all'interno del cervello stesso, e soltanto una minima quantità per percepire il mondo esterno. Per questo motivo, le attività di coscienza e di autoconsapevolezza sono quelle che più caratterizzano le potenzialità umane, rispetto a quelle animali. Le situazioni ripetitive, monotone e passivizzanti, come lo schermo televisivo, riducono l'attività cerebrale e l'utilizzo delle capacità autoconoscitive.

Le parti sottocorticali (sistema limbico) presiedono alle risposte indotte dalle emozioni e alla percezione delle sensazioni dolorose o piacevoli. L'emotività può indurre ad un comportamento meno evoluto, basato sulla paura, sul senso del possesso e sulla competitività. Le funzioni sottocorticali possono essere stimolate in vari modi, per indurre ad avere un comportamento più primitivo rispetto ai progressi raggiunti dalla nostra specie. Ciò è possibile grazie all'uso dell'informazione ingannevole, delle tecniche di stimolazione emotivo-percettive e alla passivizzazione. L'élite dominante ha costruito un sistema politico-economico-mediatico che stimola gli aspetti inferiori della natura umana, come l'avidità, la crudeltà e l'egoismo, e fa credere che tale realtà sia fondamentale e inevitabile. L'assetto imposto tende a far peggiorare la società e a produrre patologie comportamentali e psichiche di vario genere.

Attraverso il sistema economico-finanziario-politico, l'élite attua strategie per condizionare la personalità e il comportamento, curandosi di stimolare soltanto quegli aspetti che concorrono a preservare il sistema stesso. Tale sistema è basato su una serie di disvalori, come la prevaricazione, la furbizia e l'avidità. L'inganno sta nel farci credere che siamo noi stessi, con la nostra "natura" a determinare la realtà, deresponsabilizzando in tal modo tutti coloro che creano l'assetto e ne traggono vantaggi. In realtà, il sistema si erge sulla paura e sull'insicurezza, che generano combattività e rivalità, intralciando gli aspetti più evoluti, come la fiducia, l'altruismo, la generosità e la sicurezza. Generare paura e sfiducia significa renderci più dipendenti dalle autorità esterne, e più disposti ad accettare ciò che altrimenti rifiuteremmo, come l'ingiustizia o la sottomissione acritica.

Attraverso le istituzione fondamentali del sistema attuale - le banche e le corporation - l'élite dominante costruisce una realtà basata sul profitto e sul possesso, e la impone come verità attraverso i mass media, che si basano essenzialmente sull'inganno. La ricerca del profitto ad ogni costo, inibisce in vari modi la naturale empatia e la spontanea socialità fra gli esseri umani. Questo sistema promuove la perdita del contatto con se stessi e con la realtà, assumendo il principio del profitto infinito e dello "sviluppo dell'azienda". In questa realtà, gli esseri umani non sono protagonisti ma vittime.
Le corporation vengono spacciate per istituti a favore di tutti, ma in realtà esse nascono come entità disumane, che tendono a distruggere i valori umani di bene comune, solidarietà e cooperazione. Sono "mostri" a cui viene attribuito un potere assoluto, in quanto godono dei diritti dei singoli individui ma non sono ritenute responsabili e obbediscono soltanto alle "leggi" del profitto.

Lo Stato, che dovrebbe rappresentare le persone, se portatore delle istanze delle corporation e delle banche, diventa disumano, come osserva l'economista Colin Crouch:

Più lo Stato rinuncia a intervenire sulle vite della gente comune, rendendole indifferenti verso la politica, più facilmente le multinazionali possono mungere, più o meno indisturbate, la collettività. Il mancato riconoscimento di questo fatto è la principale ingenuità del pensiero neoliberale.[3]

L'ideologia neoliberista vuole i politici e i governi a servizio dell'élite ricca, per poter imporre un dominio fondato sul profitto e sul possesso. Tale ideologia ha prodotto il concetto di "globalizzazione", che corrisponde alla sottomissione del mondo intero al modello del capitalismo selvaggio. Il neoliberismo, a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, ha ingannato in modo clamoroso, presentando la globalizzazione come "sviluppo di tutti i popoli", e occultandone le vere caratteristiche, come spiega Crouch:

La globalizzazione degli interessi economici ... (sposta) l'asse politico da coloro che cercano di limitare le diseguaglianze di ricchezza e potere a favore di coloro che desiderano riportarli ai livelli predemocratici. Alcune delle reali conseguenze di questo processo sono già verificabili in molti Paesi. Il welfare state diventa poco a poco residuale, destinato al povero bisognoso piuttosto che parte dei diritti universali della cittadinanza; i sindacati vengono relegati ai margini della società; torna in auge il ruolo dello Stato come poliziotto e carceriere; cresce il divario tra ricchi e poveri; la tassazione serve meno alla redistribuzione del reddito; i politici rispondono in prima istanza alle esigenze di un pugno di imprenditori ai quali si consente di tradurre i propri interessi particolari in linee di condotta politica generali; i poveri smettono progressivamente di interessarsi al processo in qualsiasi forma e non vanno neppure a votare, tornando volontariamente alla posizione che erano obbligati a occupare nella fase predemocratica.[4]
I politici servi di tale sistema acquistano caratteristiche emotive che li rendono primitivi e disumani. Ad esempio, George Bush padre, nel 1988, quando gli Usa lanciarono per sbaglio un missile contro un aereo civile iraniano, uccidendo 290 persone, ai giornalisti che gli chiesero se voleva scusarsi per la morte di quegli innocenti, rispose: "Non chiederò mai scusa per gli Stati Uniti. Non mi interessano i fatti". Il presidente statunitense attuale dimostrò la totale noncuranza verso i sentimenti altrui quando imitò il pianto di Karla Faye Tucker, una donna condannata a morte, che gli aveva chiesto la grazia attraverso il Papa e il Concilio mondiale delle chiese. Bush non soltanto respinse la richiesta, ma si divertì a deridere la donna che piangeva disperata. Un altro caso agghiacciate è quello del Primo ministro inglese Tony Blair, che nel 1997 mandò truppe in Sierra Leone per reprimere il popolo, allo scopo di difendere gli interessi delle corporation britanniche. Egli inviò diverse partite di armi leggere destinate all'esercito di bambini africani, rapiti da bande assoldate dalle corporation. Quando, nel 2001, l 'opinione pubblica inglese rimase sconvolta dalla foto di un bimbo armato di un grosso fucile fornito, assieme ad altri diecimila, con gli "aiuti" militari inglesi, Blair dovette ritirare le truppe dalla Sierra Leone. Furbescamente, egli le sostituì con quelle mercenarie, che continuarono a commettere ogni sorta di crimine impunemente, ancora peggio delle truppe occidentali regolari, potendo contare su numerose società che cambiano nome repentinamente, rendendo difficile risalire alle responsabilità.

Oltre a questi, molti altri episodi di comportamento criminale mostrano che tali personaggi dovrebbero trovarsi in carcere piuttosto che alla guida dei governi.
Anche le banche concorrono a produrre una realtà truffaldina e ingannevole. Esse non producono nulla, ma impongono un debito per potersi appropriare dei beni reali. La banconota è debito, e non nasce da un criterio di valore reale ma soltanto di potere. Avere potere di "creare" denaro dal nulla e di caricarlo di interessi significa avere un immenso potere.
In molti casi, c'è una stretta complicità fra banche e corporation, ad esempio, nei casi di bancarotta (Enron, Parmalat, Cirio, ecc.) e devastazione.

Nel 1976, fu pubblicato il libro di Richard Dawkins, Il gene egoista, che veniva propagandato come un testo "scientifico". In realtà non vi è alcuna prova dell'esistenza del presunto "gene dell'egoismo", e il testo aveva l'obiettivo principale di riproporre la teoria di Darwin della prevalenza del più forte. Numerosi dirigenti delle corporation americane, come Jeffrey Skilling (ex amministratore delegato della Enron), giustificavano attraverso questa teoria il sistema di cui facevano parte, basato sull'avidità e l'egoismo. Skilling diceva di preferire il libro di Dawkins perché in esso si sosteneva che fosse del tutto naturale e necessario essere avidi e competitivi, per "garantire la continuità della specie e liberare l'istinto di sopravvivenza del più forte".[5]

La Enron si ergeva al di sopra di ogni valore umano, propugnando l'unica necessità di alzare i profitti. Non si trattava soltanto di un luogo di lavoro, ma di una filosofia di vita, di una ideologia manifestata attraverso tutto ciò che avveniva al suo interno.
La scrittrice Bethany McLean spiegò: "Penso che la storia della Enron sia affascinante perché la gente la vede come una storia di grandi numeri, in realtà è una storia di persone, è una tragedia umana... Guardare la Enron è come guardare il rovescio di una medaglia dorata, è cominciata con un gruppo di persone che voleva cambiare il mondo, alla fine, con il passare del tempo, quelle persone sono diventate vittime della loro avidità".[6]

Nelle corporation americane, la visione darwiniana della realtà appare in molti aspetti dell'organizzazione e della formazione. Le frasi ricorrenti, ripetute dai dirigenti ai dipendenti sono: "siamo i più forti", "a noi piace il rischio perché solo rischiando si fanno i soldi", "stiamo cercando di cambiare il mondo", "bisogna eliminare dal mercato i deboli", ecc. Tale ideologia diffonde la cultura del macho, ossia della persona che incista le proprie insicurezze e debolezze nel profondo della psiche, per poter apparire forte e invincibile come un eroe dei fumetti.

La Enron attuava campagne pubblicitarie in grande stile, che mostravano l'azienda come un modello di sviluppo e di organizzazione. Tale immagine doveva servire ad attirare potenziali investitori, nel baratro di una società che si allontanava sempre più dalla reale produzione. Per simulare profitti e nascondere i debiti, le banche (Merril Lynch, J. P. Morgan, Dresdner, Chase Capital, Deutsche Bank, Citygroup, ecc.) assunsero Andrew Fastow, che avrebbe creato società fantasma. Gli analisti venivano pagati dalle stesse banche (un milione di dollari a settimana) per nascondere i pasticci dell'azienda. Nel dicembre del 2001, la Enron dichiarò bancarotta, lasciando 20.000 lavoratori senza pensione, senza lavoro e senza risparmi. Poco prima del crollo, i dirigenti ritirarono il denaro investito, ma impedirono ai lavoratori di fare altrettanto.

L'affare Enron dimostra come banche e corporation, in modo disumano e spietato, perseguono i loro interessi anche a costo di produrre sofferenza e morte. Per il crollo Enron, soltanto un gruppo di dirigenti venne condannato, e nessuna banca pagò.
Il caso Parmalat coinvolse alcune delle stesse banche responsabili del crollo della Enron, come la Morgan Stanley e la Deutsche Bank , che non pagarono per le migliaia di persone ridotte sul lastrico, come non pagarono nemmeno i dirigenti dell'azienda.

Nello stesso periodo del crollo della Enron, alcune delle banche responsabili attuarono anche la bancarotta dell'Argentina. Le ristrutturazioni degli anni Novanta, imposte dal Fondo Monetario Internazionale (istituto finanziario controllato da Wall Street), avevano posto l'intera economia argentina nelle mani di pochi privati stranieri, che non rispettavano le esigenze della popolazione, e non desideravano sacrificare facili profitti per i diritti umani. Le corporation progettarono il colpo finale: ritirarono la valuta e si rifugiarono altrove, lasciando il paese nel caos. Il New York Times scrisse che erano stati prelevati dalle banche "100 milioni di dollari al giorno".[7] Il denaro dei risparmiatori venne congelato dal governo, e milioni di persone rimasero senza alcun mezzo di sostentamento. Il popolo argentino si sollevò e le repressioni dell'esercito uccisero 40 persone, ne ferirono 2000 e 40.000 vennero arrestate. Un paese intero era stato devastato, ma né le corporation né le banche, né il Fmi ebbero alcuna condanna. Tutto questo dimostra che un gruppo ristretto di persone, che finora è rimasto impunito, propugna una realtà favorevole soltanto ai loro interessi, e nefasta per tutti gli altri esseri umani.

Gli aspetti evoluti degli esseri umani (socialità, affettività, fiducia, amicizia, cooperazione, altruismo, generosità, ecc.), se repressi, rimangono atrofizzati e producono nevrosi, infelicità e varie patologie psichiche. Poterli esprimere risulta necessario per avere equilibrio. Talvolta i comportamenti evoluti si manifestano anche nelle più terribili condizioni. Persino nell'inferno dei lager nazisti si ebbero comportamenti sublimi. Alcuni prigionieri, rischiando la vita, fecero circolare pezzetti di carta con versi poetici, che avevano il prezioso scopo di preservare l'umanità che c'era dentro ogni persona.[8] Inoltre, alcuni prigionieri ormai ridotti a scheletri, cedevano il loro vitto ai nuovi arrivati, affinché non si debilitassero anche loro.
In tutte le guerre, nonostante le minacce di esecuzione capitale, almeno il 20/30% dei soldati disertano, e quelli che rimangono, per riuscire a combattere, assumono alcool (ad esempio, nelle due guerre mondiali) oppure droga (in Vietnam e nelle attuali guerre in Iraq e in Afghanistan). Ciò accade perché il comportamento naturale della maggior parte degli uomini è quello sociale ed empatico e non quello criminale. Circa l'80% dei reduci americani della Seconda guerra mondiale riportò problemi di natura psichiatrica. Anche oggi, la maggior parte dei soldati americani ritornati dall'Iraq, soffrono di affezioni psichiatriche, e molti di essi sono stati considerati disabili.

Per rendere possibili le guerre, l'élite dominante deve necessariamente stimolare la paura e disumanizzare il nemico. Oggi le autorità statunitensi hanno elaborato nuove strategie per rendere possibili le guerre, in una realtà in cui sempre più persone le avversano. Ad esempio, addestrano le reclute attraverso i videogiochi, come "Full Spectrum Warrior", che inducono il giocatore ad identificarsi con un combattente americano, e a sviluppare l'impulso ad uccidere. In "Full Spectrum Warrior" la scena di guerra è ambientata in un paese di fantasia, il Tazikhstan, indicato come facente parte dell'Asse del Male, e guidato da un fanatico combattente che odia l'Occidente e forma terroristi, soprattutto "Talebani e lealisti iracheni". In questi giochi, i nemici, ad esempio gli iracheni, hanno volti appena abbozzati, quasi inesistenti, perché non devono essere percepiti come pienamente umani. L'empatia suscitata dalla vista degli occhi del nemico, inibirebbe la risposta assassina. Il processo di disumanizzazione del nemico risulta quindi indispensabile affinché il soldato possa colpire, poiché vedere l'altro come proprio simile impedirebbe l'azione violenta. Le giovani reclute dell'esercito americano vengono così abituate ad intendere la guerra come uno spettacolo che si svolge su uno schermo. Talvolta esse confondono la realtà virtuale con i veri massacri, a tal punto che il generale Norman Schwarzopf, nel 1991, durante la guerra del Golfo, dovette spiegare ai soldati che "non si tratta di un gioco della Nintendo"[9] ma di una vera guerra.

Rendere la guerra spettacolare e simile ad un'esercitazione virtuale significa stimolare il senso di potenza, di divertimento e di eccitazione, evitando che intervengano gli aspetti emotivi più evoluti. Ciò è oggi una tragica realtà: i combattimenti appaiono sugli schermi e diversi soldati nel deserto, durante la guerra del Golfo, intervistati successivamente, riferivano di dipendere, come chiunque altro, quasi completamente dai mass media per sapere ciò che si presumeva stesse accadendo.
I media (soprattutto Tv e cinema) stimolano in vari modi l'istinto violento e sessuale. Assistere continuamente a produzioni con un altissimo livello di violenza espone a vari pericoli e rischi, mentre i continui stimoli sessuali attraverso il corpo mercificato della donna, promuovono una sessualità istintiva, non basata sul rapporto di coppia. Attraverso molte produzioni cinematografiche si diffonde una visione inquietante dei rapporti uomo-donna e dei rapporti sociali. La natura umana emerge talvolta come senza speranza, votata ad una realtà che rende o vittima o carnefice, ma in entrambi i casi non si può sfuggire all'infelicità.

La pubblicità ha lo scopo di appiattire l'esistenza, attraverso "forme di inquinamento mentale che degradano le nostre menti. Riconosciamo più facilmente il logo di una marca che una specie di fiori, ascoltiamo più slogan che poesie".[10]
Non esistono leggi che proibiscano o limitino la menzogna pubblicitaria e questo permette ai pubblicitari di presentare i prodotti in modo fuorviante e ingannevole. I cibi ricchi di coloranti e conservanti vengono presentati come "genuini" e adatti ai bambini, gli alimenti grassi (come la mozzarella) diventano cibi dietetici, e i prodotti cosmetici o antirughe diventano indispensabili per avere "successo". La pubblicità ha lo scopo di peggiorare la personalità e di impedirne lo sviluppo privo di manipolazioni o condizionamenti.

Il messaggio pubblicitario ha anche lo scopo di indurre ad agire nel modo favorevole al consumo e al sistema economico attuale. La pubblicità mostra una falsa realtà e induce a crederla vera, crea falsi significati e falsi bisogni.
I giornali e i telegiornali diffondono paura e insicurezza attraverso i continui allarmi ambientali, energetici, sanitari o terroristici, mentre l'élite si arroga il ruolo di custode della democrazia e degli ideali di libertà.

La propaganda fa credere che l'informazione nei paesi occidentali è libera, ma le agenzie d'informazione e gli Studios di produzione televisiva e cinematografica sono corporation nelle mani delle stesse persone che posseggono il potere economico-finanziario. I media sono un enorme apparato di controllo della mente e dell'emotività umana. In modo diretto o indiretto, la maggior parte delle produzioni televisive e cinematografiche promuove e rafforza l'ideologia dominante. Ad esempio, nel film Wall Street, del 1987, Gordon Gekko, un uomo d'affari ricchissimo e senza scrupoli dice:

Il punto è, signore e signori, che l'avidità è un bene. L'avidità funziona, l'avidità è giusta... e l'avidità, segnatevi le mie parole, non salverà solo la Teldar Paper ma anche quell'altro carrozzone traballante che si chiama Stati Uniti d'America.
Il protagonista principale del film, Bud Fox, un giovane agente di Borsa, vede in Gekko un esempio da seguire per arricchirsi e per dominare il mercato. Alla fine del film, Bud prende le distanze da Gekko, avallando la teoria della "mela marcia", e occultando in tal modo che è l'intero sistema ad ergersi su fondamenti disumani e criminali.
Attraverso l'ideologia della truffa - che consiste, in sintesi, nel farci credere che la natura umana è essenzialmente malvagia e violenta, che il profitto è l'aspetto più importante della realtà, e che la guerra è inevitabile - spadroneggia un gruppo di persone, che cerca di far passare tale ideologia per scienza.
Il sistema che domina oggi il mondo non è stato creato né voluto dalla maggior parte dei suoi abitanti, ma soltanto da un gruppo sparuto, che vuole far credere che tale assetto nasca dalla "cultura" o addirittura derivi dalla natura umana. Ma non è così, e queste persone, responsabili di numerosi crimini, dovrebbero andare in carcere, mentre gli esseri umani dovrebbero riappropriarsi degli aspetti più evoluti di se stessi, per realizzare un società più umana e rispondente alla loro libera evoluzione.


NOTE:

[1] Cit. Sermonti Giuseppe, Fondi Roberto, "Dopo Darwin, critica all' evoluzionismo", Rusconi, Milano 1980, p. 6.
[2] Vedi Rachels James, "Creati dagli animali, implicazioni morali del darwinismo", Edizioni di Comunità, Milano 1996, p. 77.
[3] Crouch Colin, "Postdemocrazia", Edizioni Laterza, Bari 2005, p. 25.
[4] Crouch Colin, op. cit. pp. 29-30.
[5] "Enron: l'economia della truffa" di Alex Gibney, Report, 8 aprile 2007.
[6] Ibidem.
[7] New York Transfer, 24 Aprile 2002.
[8] Devoto Andrea , Martini Massimo, "La violenza nei lager", Franco Angeli, Milano 1981.
[9] Herz Jessie C., "Il popolo del joystick", Feltrinelli, Milano 1998, p. 197.
[10] Gruppo Marcuse, "Miseria umana della pubblicità: il nostro stile di vita sta uccidendo il mondo", Eleuthera, Milano 2006, p. 39.

lunedì

LE STRATEGIE E SCENEGGIATE PER INVADERE L'IRAN

Di Antonella Randazzo

Il popolo iraniano, come quello iracheno, ? assai orgoglioso del suo antico e illustre retaggio culturale, e si ? sempre dimostrato insofferente verso il dominio anglo-americano, che per molto tempo ? stato imposto tramite governi accondiscendenti, guerre e crimini. Le attenzioni dell'Occidente sull'Iran iniziarono quando, nel 1908, furono scoperti importanti giacimenti petroliferi.
La dinastia dei Pahlavi, imposta nel 1925, rimase sempre severamente controllata e manovrata dagli anglo-americani. Nel 1941, il paese venne brutalmente occupato dalle truppe inglesi, che non tollerarono la mancata espulsione dei cittadini italiani e tedeschi dall'Iran. Lo sci? fu costretto ad abdicare a favore del figlio Mohammad Reza, pi? disposto a sottomettersi. Quello stesso anno, si form? il Tudeh (Partito delle Masse dell'Iran), che sosteneva idee comuniste, e divenne in breve tempo il partito politico pi? importante dell'Iran. Il comunismo faceva gi? parte della cultura iraniana da quando, alla fine dell'Ottocento, era stato introdotto negli ambienti culturali. Il primo partito comunista iraniano si form? nel 1920.

La Gran Bretagna sfruttava il petrolio iraniano attraverso la Anglo-Persian Company, che realizzava alti profitti, mentre lo Stato riceveva poche briciole. La situazione del popolo iraniano era terribile: l'80% della popolazione era denutrito, la vita media era di 40 anni, e la mortalit? infantile toccava il 51%. 
Negli anni Cinquanta, i servizi segreti americani, preoccupati per l'ascesa del partito comunista iraniano, progettarono un piano per rafforzare il potere dello sci? e per subentrare agli inglesi nello sfruttamento dei pozzi petroliferi. Nel 1953, si apr? una crisi fra lo sci? e il primo ministro Mohammad Mossadeq, che aveva nazionalizzato i pozzi petroliferi, in accordo con ci? che l'intera popolazione iraniana aveva espresso attraverso il partito Tudeh. La Cia attu? un colpo di Stato contro il ministro Mossadeq, che era stato regolarmente eletto, mentre lo sci? ricevette 45 milioni di dollari per rafforzare il proprio potere repressivo. L'avviata nazionalizzazione dei pozzi permise agli Stati Uniti di stipulare nuovi contratti petroliferi assai favorevoli ai loro interessi.

Mohammad Reza Pahlavi assunse poteri dittatoriali e mise fuorilegge quasi tutti i partiti, compreso il Fronte Nazionale di Mossadeq e il Tudeh, che dovettero organizzare la propria attivit? clandestinamente. Negli anni Cinquanta, molti esponenti del Tudeh vennero arrestati o uccisi. Ci? nonostante, esso rimase uno dei movimento popolari pi? forti, ricoprendo un ruolo molto importante nell'indurre il popolo ad attuare la Rivoluzione del 1978.
I regimi iraniani sostenuti da Washington erano autoritari e costringevano la maggior parte della popolazione a vivere in miseria. I ceti medi non avevano alcun potere politico, e molti esponenti simpatizzavano per le idee social-comuniste.  

Dal 1977, l 'opposizione social-comunista diventò sempre più forte, acquisendo molti consensi nelle classi popolari. A nulla era servita una legge approvata nel 1975 dallo scià, che metteva fuorilegge tutti i partiti, tranne Rinascita Nazionale Iraniana (partito dello scià). Nel 1976 si era formata l’Unione dei Comunisti dell’Iran, che riuscì a diffondere il comunismo fra la popolazione. Lo scià, in vista della scadenza dei contratti petroliferi, voleva attuare importanti cambiamenti che garantissero maggiori proventi dalla vendita del petrolio. Per avversare le lotte popolari per la democrazia, e per non dover concedere contratti più equi, le autorità americane dettero campo libero ad una gerarchia religiosa che avrebbe di sicuro represso duramente ogni comunista o socialista.

Nel 1979, lo Scià Reza Pahlavi, abbandonato dagli anglo-americani, fu costretto a fuggire, mentre l'intero popolo iraniano festeggiava nelle piazze gridando: "dopo la fuga dello scià quella degli americani". Ritornò il capo religioso esiliato, l'Ayatollah Ruhollah Khomeini, accolto con favore dalla popolazione.
Le autorità di Washington non sbagliarono, il nuovo regime, dopo un primo momento di simulazione di benevolenza e tolleranza, si scagliò ferocemente contro i social-comunisti, imprigionando, torturando e uccidendo. Migliaia di persone morirono, e molte altre riuscirono a fuggire.

Nel settembre del 1980, l 'Iran venne costretto ad entrare in guerra con l'Iraq. Il paese venne aggredito da Saddam Hussein, che era armato e addestrato dall'élite americana ed europea, che voleva indebolire entrambi i paesi.
Nonostante le feroci persecuzioni contro i dissidenti, il governo degli Ayatollah ebbe anche aspetti positivi: favorì la modernizzazione del paese, fece una campagna di alfabetizzazione e migliorò le condizioni economiche di molte famiglie. Oggi la popolazione è alfabetizzata oltre l'80%, la scuola è obbligatoria dai 6 ai 14 anni e il tasso di mortalità infantile è sceso al 25 per mille.

L'Iran è un paese con un sistema elettorale che vanta una percentuale altissima di cittadini che vanno alle urne, impensabile nelle democrazie occidentali. Possiede il 10% delle riserve mondiali di petrolio, e il 15% delle riserve di gas. Ha 69 milioni di abitanti e il reddito procapite è di circa 7.000 dollari annui. L'Iran vanta università di ottimo livello, e i suoi ingegneri e programmatori sono richiesti in tutto il Medio Oriente. Il 17 giugno del 2005 è stato eletto Mahmoud Ahmadinejad, un personaggio descritto dalla propaganda occidentale come ultraconservatore, senza tener conto che le classificazioni e i significati occidentali spesso non coincidono con i significati della situazione politica iraniana. In Iran i capi di governo hanno un potere limitato perché alla base del sistema c'è la legge coranica. Gli schieramenti politici iraniani non possono essere spiegati in termini di "conservatore" e "progressista" alla stessa stregua del modello anglosassone, e il sistema islamico non è dittatoriale ma costituzionale, anche se la costituzione si basa su principi religiosi islamici.

La resistenza contro il regime degli Ayatollah non è mai scomparsa, anche se molti dissidenti sono stati costretti all'esilio. Negli anni Novanta venne approvata una legge che restringeva la libertà di stampa, e nel 1999 si ebbero numerose proteste degli studenti, che furono duramente represse. L'Iran è un paese giovane, il 70% della sua popolazione è costituita da giovani con meno di 30 anni, che oggi sono insofferenti alle restrizioni religiose imposte dal governo. Anche molte donne, che sono il 52% degli studenti universitari, non condividono l'ortodossia islamica imposta. Oggi molti iraniani vorrebbero liberarsi del regime tirannico, ma al tempo stesso temono il potere anglo-americano, che ridurrebbe il paese in condizioni semicoloniali. Di conseguenza, si stringono ad un governo che in realtà non li rappresenta, per essere difesi dalle minacce di Washington.

I tentativi di controllo dell'élite americana sull'Iran non sono mai cessati. Le autorità americane non hanno mai accettato di essere esclusi dallo sfruttamento delle risorse iraniane, e hanno appuntato diverse strategie per criminalizzare il paese e indebolirlo economicamente. Il 30 aprile 1995, il presidente americano Bill Clinton iniziò a parlare di divieto del programma nucleare iraniano, e impose un embargo commerciale contro l'Iran, accusandolo di attuare un programma nucleare bellico e di finanziare il terrorismo. L'amministrazione Bush ha definito l'Iran "Stato canaglia" e ha interrotto ogni rapporto diplomatico.

La situazione è peggiorata dopo l'11 settembre, quando l'amministrazione americana, approfittando del clima di terrore e di paura seminato dagli attentati terroristici, indusse il Congresso ad approvare l'Authorization for Use of Military Force Resolution (14 settembre 2001), una risoluzione che consente di utilizzare la forza contro coloro che organizzano "attacchi terroristici" o i paesi ritenuti sostenitori del terrorismo. I paesi da colpire, dunque, vengono prima accusati di "terrorismo" o di nascondere bin Laden, come accadde all'Iraq e all'Afghanistan. Anche all'Iran sono state rivolte le stesse accuse. Alcuni canali televisivi e giornali americani, hanno cercato di incolparlo di essere un rifugio per i terroristi. Ad esempio, il giornalista David Martin, della Cbs, dichiarò che alcuni funzionari statunitensi "dicono di avere la prova che i bombardamenti in Arabia Saudita ed altri attacchi ancora in preparazione sono stati pianificati e diretti da agenti di primo livello di al Qaeda, che hanno trovato un rifugio sicuro in Iran".[1]

Il presidente americano Bush riprese il tema del divieto all'Iran delle ricerche e dell'arricchimento dell'uranio, dando per scontato che ci fossero motivazioni belliche. Nel 2003, il vicepresidente Dick Cheney disse che l'Iran era "proprio in cima alla lista... dato il fatto che l'Iran ha una politica stabilita per cui il loro obiettivo è la distruzione di Israele, gli Israeliani possono ben decidere di agire per primi, lasciando che sia poi il resto del mondo a preoccuparsi di rimettere in ordine il pasticcio diplomatico". Cheney ha anche detto che gli iraniani "stanno già seduti su un gran mucchio di petrolio e gas. Nessuno può immaginare perché abbiano bisogno anche del nucleare per produrre energia"[2], dimenticando che già negli anni Settanta l'allora amministrazione Ford propose allo scià di considerare lo sviluppo del nucleare per fini pacifici.

Gli Stati Uniti posseggono un arsenale nucleare di almeno 10.600 testate, che negli ultimi anni è stato rinnovato con testate di nuova generazione, assai più potenti, che rappresentano un potenziale distruttivo mai esistito nella Storia del pianeta. Pensare che un paese come l'Iran, che negli ultimi secoli ha soltanto subito aggressioni, voglia mettersi contro un mostro nucleare come gli Usa, è da sciocchi. Nel "club del nucleare" rientrano anche la Federazione russa (oltre 10.000 testate), la Gran Bretagna (200 testate), la Francia (350), Israele (200-400), il Pakistan (24-48), l'India (30-35) e la Cina (400).
Numerose armi nucleari statunitensi si trovano in Europa, in base ad accordi segreti non sottoposti alla volontà dei Parlamenti. In Italia c'è l'accordo "Stone Ax", che permette l'uso delle armi nucleari anche a soldati italiani autorizzati dalle autorità americane.

La situazione del nucleare iraniano presenta aspetti ambigui. La possibilità di dotarsi del nucleare è in segreto promossa e resa possibile dall'aiuto dei servizi segreti pakistani (Isi) che sono sotto il controllo della Cia. Il giornalista del Wall Street Journal Daniel Pearl, che stava indagando sull'Isi nel 2002, per verificare il coinvolgimento con al Qaeda, è stato ucciso. L'Isi è coinvolta nella maggior parte delle operazioni militari e dei servizi segreti che riguardano il Medio Oriente e l'Asia centrale, e ha contatti con autorità iraniane.
Ritenere che l'Iran possa pensare di mettersi contro la maggior parte dei paesi che già posseggono armi nucleari è da pazzi, considerando che ci vorrebbero almeno dieci anni per la costruzione di un arsenale atomico, e i paesi nemici, già ampiamente forniti, avrebbero tutto il tempo per distruggerlo.

Tenere sotto pressione l'Iran e pretendere di condizionare le scelte del governo iraniano risulta essere una tattica per suscitare orgoglio e ostilità. Infatti, le autorità iraniane si trovano ad essere ancora più motivate a portare avanti il progetto nucleare, data la minaccia di guerra e l'ingerenza da parte del governo americano.
Lo scopo principale delle strategie di Washington è quello di poter occupare l'Iran, per appropriarsi di riserve petrolifere consistenti e per poterlo ricolonizzare. Un altro motivo che induce le autorità Usa a perseguitare l'Iran, considerato importante da numerosi analisti, è la necessità di difendere il valore del dollaro. L'Iraq è stato colpito anche perché Saddam Hussein aveva iniziato a vendere petrolio accettando l'euro al posto del dollaro. Quando le autorità americane occuparono l'Iraq, immediatamente cambiarono i conti iracheni dall'euro in dollari e imposero a tutti di comprare il petrolio con i dollari.

Da alcuni anni, le autorità iraniane stanno progettando la creazione di una Borsa petrolifera iraniana, che utilizzerebbe l'euro anziché il dollaro, e questo rappresenta una vera minaccia per l'economia statunitense. Nella Borsa iraniana si potrà comprare o vendere petrolio e gas, come avviene nell'International Petroleum Exchange (Ipe) di Londra o nella Mercantile Exchange di New York (Nymex). Le due borse petrolifere attuali sono entrambe controllate dalle autorità americane, e la creazione di una terza borsa creerebbe competizione e ridimensionerebbe il potere che oggi ha Washington sul prezzo del petrolio. Il predominio americano verrebbe spezzato e il dollaro perderebbe l'egemonia. I paesi europei risparmierebbero sul prezzo del petrolio, e potrebbero rafforzarsi economicamente ed essere più indipendenti da Washington. Anche la Cina e la Russia avrebbero vantaggi e un maggiore sviluppo economico.

Se dovesse essere creato un commercio di petro-euro molti investitori ritirerebbero i loro investimenti dal mercato americano e opterebbero per gli investimenti in euro, e ciò farebbe crollare l'intero sistema basato sul dollaro. Il sistema monetario è una convenzione, e come tale si basa sul valore attribuito alla valuta, che deriva anche da assunti di tipo psicologico e sociologico. Negli ultimi anni il prestigio degli Usa si è abbassato notevolmente, e le autorità americane stanno quasi esclusivamente utilizzando la forza bellica per imporre il loro assetto. Ciò influisce sulla decisione delle nazioni di mantenere il sistema basato sul dollaro, e negli ultimi anni molte autorità vorrebbero cambiare tale sistema. La brutalità americana contro l'Iraq è servita come deterrente per tutti i paesi desiderosi di adottare altre valute, e le minacce all'Iran hanno lo stesso scopo.

L'utilizzo dell'euro è apprezzato dalla Russia poiché i suoi scambi commerciali avvengono soprattutto in Europa, e trova d'accordo anche la Cina e il Giappone, desiderosi di cambiare le loro copiose riserve di dollari in euro. Persino i regnanti sauditi, che devono fare i conti con l'avversione sempre crescente dei loro cittadini verso gli Usa, stanno valutando la convenienza dell'adozione dell'euro. Ciò imbestialisce le autorità americane, che diventano sempre più violente, peggiorando la loro considerazione agli occhi dei popoli e dei governi. Fino a quando le nazioni saranno costrette ad acquistare dollari (il 68% delle riserve mondiali è in dollari), l'economia americana potrà andare avanti, ma quando i dollari diventeranno carta straccia, gli Usa crolleranno.
Secondo l'economista Krassimir Petrov, la borsa petrolifera iraniana rappresenta un gravissimo pericolo per Washington:

Da un punto di vista puramente economico se la borsa iraniana avrà successo verrà presto preferita dalle maggiori forze economiche mondiali accelerando l’abbandono del dollaro. La caduta del dollaro aumenterà in modo drammatico l’inflazione americana facendo salire verso l’alto gli interessi americani a lungo termine. A questo punto la Fed si troverà a fronteggiare una difficile scelta… deflazione o iperinflazione, quindi o farà ricorso alla “medicina classica” dello schema deflativo, con l’aumento dei tassi di interesse, che, a loro volta causeranno una depressione economica grave, con la caduta del mercato immobiliare, l’implosione delle azioni, dei bonds e dei mercati dei derivati, insomma un collasso finanziario totale, oppure, in alternativa, scegliere la strada di Weimar dell’inflazione…. Senza alcun dubbio il Comandante in Capo Ben Bernanke, un applaudito studioso della Grande Depressione…, sceglierà l’inflazione… il Maestro gli ha insegnato che la panacea di ogni problema finanziario è quella inflativa, accada quello che accada… per evitare la deflazione si farà ricorso alle rotative tipografiche del Tesoro,… e, se necessario, si monetizzerà tutto quello che c’è da monetizzare. Il risultato finale sarà la distruzione della valuta americana per mezzo della iperinflazione.[3]
L’Iran estrae 4,1 milioni di barili di petrolio al giorno, e ne esporta 2,5. Dagli anni Novanta, si è avvicinato a molti paesi occidentali e asiatici, per concludere contratti vantaggiosi di vendita del petrolio. Per contrastare ciò, il Congresso americano, nel 1996, approvò l'Iran-Libya Sanctions Act (Ilsa), una legge che permetteva di sanzionare ogni paese che avrebbe investito oltre 20 milioni di dollari l'anno nell'acquisto di petrolio iraniano o libico. La legge suscitò talmente clamore in Europa che il governo americano non la applicò.
L'élite americana ha imposto l'embargo contro l'Iran per impedire che vengano fornite tecnologie per raffinare il petrolio (per poterlo utilizzare per il paese stesso), e per questo il governo iraniano ha bisogno del nucleare civile. In Iran la benzina costa soltanto otto centesimi di euro al litro, e questo non potrà durare a lungo se gli americani impediranno la raffinazione del petrolio e strangoleranno economicamente il paese con altri embarghi.

La propaganda occidentale contro l'Iran sta diventando sempre più invadente e massiccia. Il presidente iraniano Ahmadinejad viene descritto dai media occidentali come un invasato nemico giurato dell'Occidente. Per risultare convincenti, i comunicati di Ahmadinejad vengono alterati e alle immagini vengono aggiunti improbabili cartelloni in inglese che incitano alla guerra. Si è diffusa la falsa notizia che Ahmadinejad avrebbe minacciato di distruggere Israele, mentre invece egli ha semplicemente denunciato la situazione criminale che l'élite israeliana, con l'appoggio degli anglo-americani, ha stabilito in Medio Oriente.

La frase "Israele deve essere cancellato dalla carta geografica", attribuita al presidente iraniano, ha circolato nei media occidentali, ma è una frase costruita ad effetto, per convincere gli occidentali che l'Iran è nemico di Israele e dell'Occidente. In realtà Ahmadinejad non ha mai pronunciato quella frase, e non ha mai minacciato alcuno Stato. Egli ha parlato soltanto contro il sionismo, cioè quel movimento politico che a partire dagli anni Venti del secolo scorso ha provocato lo sterminio del popolo palestinese e numerosi altri crimini contro ebrei e palestinesi. La traduzione errata della frase di Ahmadinejad "Imam ghoft een rezhim-e ishghalgar-e qods bayad az safheh-ye ruzgar mahv shavad"[4], ha dato ad intendere che l'Iran volesse fare guerra a Israele, mentre stava soltanto denunciando i crimini dell'élite israeliana. Crimini, peraltro, denunciati dagli anni Trenta e Quaranta da illustri intellettuali ebrei, come Hannah Arendt e Albert Einstein.[5]

La perifrasi "rezhim-e ishghalgar-e qods" significa "il regime che domina Israele", è chiaro il riferimento all'élite di regime e non al paese. Il presidente iraniano non ha mai parlato di "carta geografica" o di "cancellare Israele", come scrissero i giornali occidentali. Egli ha criticato la politica di aggressione del regime israeliano, e ha auspicato un cambio di governo e non certo la guerra contro un paese militarmente assai più potente.
Un altro modo utilizzato dalle autorità occidentali per criminalizzare il presidente iraniano è quello di imputargli la negazione dell'Olocausto.

Secondo i media occidentali, il presidente Ahmadinejad, nel dicembre del 2006, si sarebbe interessato a "verificare se l'Olocausto realmente abbia avuto luogo durante la II Guerra mondiale". Con questa informazione, la propaganda puntava a suscitare indignazione e a far ritenere le autorità iraniane come una sorta di nazisti redivivi. Per capire la frode, occorreva chiedersi come mai un presidente, che avrebbe molti altri problemi più urgenti da trattare, fosse così interessato ad occuparsi di eventi accaduti oltre 60 anni fa. La verità era che in Iran nessuno ha mai negato l'Olocausto, nemmeno l'Ayatollah Khomeini, e nessuno vuole uccidere ebrei. Già l'ex presidente Mohamed Khatami dette ampie rassicurazioni in merito dicendo: "la morte anche solo di un ebreo è un crimine".[6]
Altri metodi menzogneri criminalizzano l'Iran, per indurci ad accettare l'aggressione che gli anglo-americani stanno progettando da tempo.

La propaganda proviene anche direttamente dalle autorità americane ed europee. Ad esempio, George W. Bush, in un suo discorso, nel marzo del 2006, disse di dover proteggere Israele contro la "minaccia iraniana" e che "la minaccia rappresentata dall’Iran è, evidentemente, costituita dal suo obiettivo dichiarato di distruggere il nostro stretto alleato, Israele".[7] Le autorità americane utilizzano la frase tradotta male per giustificare l'aggressione. L’ex Consigliere del Presidente Richard Clarke ha dichiarato che "il Presidente dell’Iran ha detto più volte che vuole cancellare Israele dalla faccia della terra". Anche il Segretario di Stato alla Difesa Robert Gates, disse che Israele "non aveva mai minacciato nessuno di annientamento, mentre l’Iran minacciava apertamente di spazzare via Israele dalla cartina".[8]

Questi personaggi non tengono conto di ciò che le autorità iraniane dichiarano per smentire la propaganda criminalizzante. Ad esempio, l’Ayatollah Khamenei, dichiarò: "Noi non abbiamo nessun problema col (resto del) mondo. Noi non rappresentiamo in alcun modo una minaccia per il resto del mondo, e il mondo lo sa bene. Noi non scateneremo mai una guerra. Non abbiamo la minima intenzione di entrare in guerra con nessuno Stato, qualunque esso sia".[9]

Contro l'Iran si stanno utilizzando gli stessi metodi già utilizzati per giustificare l'aggressione all'Iraq: il paese viene additato come pericoloso per il mondo e le sue autorità vengono accusate di "terrorismo" e di essere tiranniche. Ciò permette di far apparire l'aggressione come necessaria per "liberare" oppure, come si diceva per l'Iraq, per "portare la democrazia". Importanti notizie vengono omesse, come, ad esempio, la preparazione dei missili in Israele e il finanziamento di bande terroriste per indebolire il governo iraniano e per destabilizzare il paese. Da tempo gli Usa appoggiano e finanziano il gruppo dei "Mujaheddin del popolo", che cerca di destabilizzare il governo compiendo attentati dinamitardi.

I giornali inglesi, addirittura, cercano di impaurire i cittadini facendo intendere che l'Iran potrebbe colpire il paese con attentati terroristici. Ad esempio, scriveva il Sunday Times del 6 Agosto 2006: (Una fonte vicina all'MI5 ha detto che) "C'è una grande preoccupazione a proposito di cellule dormienti Iraniane presenti in questo paese. I servizi di intelligence stanno prendendo questa minaccia molto sul serio". I media occidentali hanno parlato anche di un presunto traffico illegale di materiali radioattivi (barre di uranio sparite dal Congo) da parte dell'Iran, proprio come era accaduto anche per l'Iraq, che era stato accusato di avere acquistato uranio in Niger per presunti piani nucleari.

Secondo la scrittrice iraniana Farian Sabahi, la propaganda può essere efficace perché i paesi occidentali conoscono poco la Storia dell'Iran: "Sorprende... la mancanza di conoscenza in Occidente della storia del nostro Paese, non è scritta correttamente nei vostri libri di scuola. Nel corso del novecento l’Iran non ha invaso nessun paese, non ha mai attaccato nessuno. Al contrario ha più volte subito attacchi e occupazioni. Nel 1941 gli alleati, in particolare gli inglesi, invasero l’Iran utilizzandolo come corridoio per i rifornimenti a Mosca. Nel ’53 ci fu un colpo di stato contro il premier iraniano Mossadeq, che aveva osato nazionalizzare il petrolio. Il 26 settembre del 1980, giusto ventisei anni fa, Saddam Hussein invase l’Iran. Sono i due pesi e due misure dell’Occidente che colpiscono gli iraniani. Saddam viene processato per vari crimini, contro i curdi e gli sciiti iracheni, ma non è stato processato per aver invaso l’Iran con una guerra durata otto anni e costata al Paese due milioni tra morti ed invalidi".[10]

Mentre l'opinione pubblica viene condizionata a considerare nemico l'Iran, gli anglo-americani e le autorità israeliane preparano l'attacco. Anche l'incremento del potenziale bellico a Vicenza è dovuto alla preparazione per l'attacco all'Iran.
Dal mese di marzo sono aumentate le forze armate americane situate nei pressi del confine iraniano. Il Generale Leonid Ivashov, vice presidente dell'Accademia di Scienze Geopolitiche, ha reso noto che il Pentagono sta preparando un attacco aereo contro le infrastrutture militari dell'Iran, e ha posizionato nel Golfo una portaerei con 3200 soldati e 80 velivoli, fra questi, bombardieri F/A-18 Hornet e Superhornet, otto navi d'appoggio e quattro sottomarini nucleari. I sottomarini nucleari sono stati portati nel Golfo già nel dicembre 2006.
Lo studioso Michel Chossudovsky spiega che già dal maggio 2003 venne messo a punto il piano "Tirannt", che prevedeva "importanti operazioni di combattimento" contro l'Iran.[11] L'attacco potrebbe richiedere l'uso di armi nucleari:

L'uso di armi tattiche nucleari, che ora fanno parte dell'arsenale per lo scenario di guerra in Medio Oriente, non è esplicitamente contemplato, almeno durante la prima parte del Blitzkrieg americano. Tuttavia il fatto che armi nucleari vengano ammesse come una possibile scelta nello scenario di guerra convenzionale è indicativo del fatto che il loro uso è parte integrale dei piani militari. Nel novembre 2004 Il Comando Strategico americano ha condotto un'esercitazione su larga scala di un "piano di attacco globale" chiamato "Fulmine Globale". Parte di questo era una simulazione di attacco usando sia armi convenzionali che armi nucleari contro un nemico "immaginario" (l'Iran). A seguito di "Fulmine Globale" il Comando Strategico degli Stati Uniti ha dichiarato un avanzato stato di preparazione... L'uso di armi tattiche nucleari è contemplato in CONPLAN 8022 accanto alle armi convenzionali, come parte della dottrina della guerra preventiva dell'amministrazione Bush. Nel maggio 2004 fu emessa la Direttiva Presidenziale sulla Sicurezza Nazionale NSPD 35, intitolata Autorizzazione all'Impiego di Armi Nucleari. Mentre i suoi contenuti sono ancora coperti da segreto ufficiale, si presume che NSPD 35 riguardi lo spiegamento di armi tattiche nucleari nel teatro di guerra in Medio Oriente secondo CONPLAN 8022.[12]
Dal 21 al 24 Gennaio 2007 si è svolta la conferenza di Herzliya, in cui sono state messe alla luce le strategie contro l'Iran. Herzliya è una università privata che si occupa di problemi politici e ha legami con i servizi segreti israeliani. Annualmente, dal 2000, organizza una conferenza per trattare la "sicurezza di Israele". A queste conferenze partecipano anche i neo conservatori statunitensi, che condividono appieno le strategie belliche dell'élite israeliana. In una di queste conferenze, Benjamin Netanyahu spiegò alcune strategie contro l’Iran:

Diffondere nei media l’idea che l’Iran, sulla scia del Reich nazista, si appresta a distruggere gli ebrei. Poi far giudicare il Presidente Ahmadinejad da un tribunale internazionale per istigazione al genocidio ( principio della giustizia preventiva ).
Convincere gli stati occidentali ad adottare unilateralmente delle sanzioni economiche contro l’Iran per mettere la sua economia in ginocchio senza passare per il Consiglio di sicurezza dell’ONU.
Attaccare con precisione per infliggere danni critici alle basi nucleari, con efficacia e rapidità. I bombardieri B2 e i missili da crociera possono farlo. Dovrà farlo Israele se è chiaro che c’è una minaccia alla sua esistenza. Israele dovrà farlo ed il Presidente (Bush) vi si aggiungerà.[13]
Secondo questi piani, l'Iran deve essere indebolito economicamente prima dell'attacco, attraverso diverse strategie, come si fece anche nel caso dell'Iraq. Il Dipartimento del Tesoro americano e altri istituti, stanno condizionando governi, banche e imprese a interrompere rapporti finanziari o economici con l'Iran, per isolare il paese.
Le autorità americane denunciano che i governi europei (Germania, Italia, Francia, Spagna e Austria), nel 2005, hanno dato all'Iran prestiti per 18 miliardi di dollari. Ciò è avvenuto perché negli ultimi dieci anni l'Iran è diventato un importante partner commerciale per l'Europa, vendendo il suo petrolio in cambio di macchinari, equipaggiamento industriale e altri prodotti europei. Washington vuole spezzare questi legami commerciali, anche per impedire che l'Iran stipuli contratti di vendita del petrolio assai convenienti, come è già avvenuto. Nel 1999, le autorità iraniane firmarono accordi con l'Eni e con la Total , in cui gli investitori potevano avere anche una piccola quota della produzione, come riserva. Washington aveva fatto pressione affinché gli accordi non andassero a buon fine, ma ciò non accadde.

Le autorità americane vorrebbero sanzionare coloro che investono oltre 40 milioni di dollari per l'acquisto del petrolio iraniano. L'Iran basa la sua ricchezza per il 90% sulle esportazioni di petrolio, e impedirle o limitarle significa distruggerlo economicamente.
Da molti anni gli Usa cercano di indebolire l'Iran anche attraverso sanzioni. Nel novembre del 1979 si ebbero le prime sanzioni unilaterali, seguite da quelle del 1987, 1995 e 2000, che vietavano l'importazione di beni iraniani e ogni investimento Usa. Nonostante le sanzioni, l'Iran ha comunque stabilito rapporti commerciali e ha attratto investimenti da parte di molti paesi europei e asiatici. Oggi, data l'ostilità degli Usa e dell'Europa, l'Iran si sta avvicinando alla Cina, che ignorando le pressioni americane sta concludendo affari con Teheran. Nel 2005 la Cina ha stipulato contratti con l'Iran per l'acquisto di gas e petrolio per oltre 100 miliardi di dollari. Anche diverse compagnie petrolifere russe stanno firmando contratti con l'Iran per estrarre petrolio da giacimenti iraniani.

Nelle acque di Shatt El Arab, il 23 marzo scorso, sono stati arrestati 15 soldati britannici, e i media occidentali si sono scatenati per rendere il fatto quanto più possibile criminalizzante verso l'Iran. Ad esempio, il giornale inglese Sunday Times, senza spiegare perché i soldati della Corona fossero sconfinati nelle acque iraniane, assunse il punto di vista delle autorità anglo-americane e parlò di una presunta vendetta degli iraniani per le sanzioni contro il nucleare proposte dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu.
Il ministero degli Esteri iraniano ha affermato che i marinai britannici sono entrati illegalmente nelle acque territoriali iraniane, e il governo li accusa di spionaggio. La gerarchia militare britannica nega che i marinai si trovassero nelle acque iraniane e sostiene che erano nelle acque territoriali irachene. Lo stesso giorno dell'arresto dei marinai, l'ambasciatore britannico alle Nazioni Unite, Emyr Jones Parry, annunciava nuove sanzioni contro l'Iran.

Dato che la preparazione per l'aggressione all'Iran va avanti già da diverso tempo, non è del tutto improbabile che i 15 militari stessero controllando i possibili preparativi di guerra iraniani. Per capire se e come l'Iran si sta preparando alla guerra, è stato prelevato segretamente il generale iraniano Ali Reza Asgari, che con molta probabilità ha dovuto subire torture in una delle carceri create dalla Cia, affinché rivelasse informazioni sulle strategie e sulle potenzialità belliche iraniane. I media occidentali non si sono occupati granché della scomparsa del generale iraniano. Soltanto qualche giornale inglese, come il Sunday Times, ha dato un resoconto (senza citare le fonti) di una presunta fuga di Asgari dal paese: "Il 7 Febbraio, 4 giorni dopo il suo arrivo a Damasco ed assicuratosi che la propria famiglia fosse al sicuro, Asgari ha preso un volo per Istanbul. Gli è stato dato un nuovo passaporto ed ha lasciato la Turchia in macchina, facendo perdere le proprie tracce nell’ombra". In realtà, Asgari è scomparso il 9 dicembre 2006, e fonti iraniane hanno svelato all’agenzia Fars che è stato portato in Turchia da agenti della Cia, per torturarlo, com'è accaduto negli ultimi anni a centinaia di persone.

Occorre ricordare che il tratto di Shatt El Arab non è mai stato diviso in maniera formale (con un trattato) e il centro del fiume costituirebbe il confine fra Iraq e Iran. Tale imprecisione venne utilizzata anche da Saddam Hussein, nel 1980, per scatenare la guerra.
I media occidentali danno per scontato che le autorità britanniche stiano dicendo la verità, dimenticando le numerose menzogne dette dal governo Blair ai tempi della questione irachena. L'operazione di Shatt El Arab potrebbe essere una messa in scena organizzata dalle autorità anglo-americane per provocare l'Iran.

Un attacco all'Iran permetterebbe agli Usa di alzare il prezzo del petrolio, e di mostrare al mondo intero chi comanda. Servirebbe anche a rendere più deboli i paesi che resistono ai diktat di Washington, come la Siria , la Corea del nord e la Cina. I progetti dell'élite anglo-americana, dopo la Guerra Fredda , hanno seguito un piano di impoverimento e ricolonizzazione di numerosi paesi, per poter contrastare le lotte dei popoli per una vera democrazia. L'Iran è il prossimo paese nel mirino, anche per poter realizzare il progetto statunitense di dominio mondiale. Ma l'Iran è più forte militarmente dell'Iraq, e la sua popolazione resisterebbe maggiormente anche ai tentativi di scatenare la guerra civile, perché ha già avuto modo di vedere ciò che è stato fatto in Iraq. Un'aggressione a Teheran, che ha ancora appoggi da parte di alcuni esponenti dell'Alleanza del Nord, potrebbe scatenare un lunghissimo e sanguinosissimo conflitto, che vedrebbe coinvolto tutto il Medio Oriente e anche altri paesi, come la Cina e la Russia.

Nelle guerre contro i popoli, l'élite anglo-americana non si aspetta di "vincere" nel senso tradizionale del termine, perché colpendo paesi più deboli ciò risulta ovvio, ma vuole portare devastazione, appropriandosi delle risorse e creando una situazione di caos, che impedirà alla resistenza di unire il paese nella lotta.
Dopo l'occupazione, i media parlerebbero di "crisi iraniana", ad indicare la guerra civile, che sarà progettata dai servizi segreti, utilizzando bande di terroristi e creando insicurezza, disperazione e morte. Lo scenario che gli Usa vorrebbero realizzare è simile a quello iracheno e afghano, con livelli di disoccupazione e di povertà altissimi, con privazione dell'acqua e della corrente elettrica e con la pratica di ogni crimine contro la popolazione. In tal modo, l'élite oggi dominante, vorrebbe rendere l'orgoglioso popolo iraniano sottomesso al sistema del capitalismo selvaggio.



Note:

[1] http://www.counterpunch.org/leupp02172007.html
[2] http://www.counterpunch.org/leupp02172007.html
[3] http://www.dissidentvoice.org/Jan06/Whitney24.htm
[4] Arash Norouzi, http://www.globalresearch.ca
[5] New York Times , 4 dicembre 1948.
[6] http://www.rebelion.org/noticia.php?id=45629
[7] Arash Norouzi, http://www.globalresearch.ca
[8] http://www.globalresearch.ca/
[9] Arash Norouzi, http://www.globalresearch.ca
[10] "Il nuovo Riformista", 12 Settembre 2006.
[11] William Arkin, Washington Post, 16 aprile 2006.
[12] www.globalresearch.ca/articles/CHO112C.html
[13] "Mobilizzazione contro l’Iran", Réseau Voltaire, 17 Novembre 2006. http://www.voltairenet.org/article145047.html