Di Antonella Randazzo
02 agosto 2007
Se un pubblicitario italiano si scopre privo di talento non se ne duole più di tanto perché sa che in Italia c'è un escamotage che gli permetterà comunque di avere successo. Infatti, se egli utilizza chiappe, tette e donne nude in abbondanza il successo è assicurato.
In molte delle nostre pubblicità televisive, trasmesse a tutte le ore, appaiono corpi nudi o parti anatomiche femminili, associati a qualsiasi prodotto, dal telefonino alla birra. Soltanto nelle pubblicità dirette alle donne (detersivi, prodotti per la casa, ecc.) la donna è vestita e non è ammiccante.
Eppure nel nostro paese la censura c'è, ma non riguarda ciò che può offendere la donna, soltanto quello che può calpestare o offendere la dignità dell'uomo. Ad esempio, qualche anno fa, è stata censurata una foto, utilizzata per una pubblicità, che ritraeva un folto gruppo di uomini nudi posti molto vicini fra loro, ma privi di atteggiamenti sessuali. La foto è stata considerata oltraggiosa della persona maschile, tuttavia, immagini ben più volgari, che offendono gravemente la dignità della donna, vengono mostrate con disinvoltura sui muri delle metropolitane, per le strade e persino stampate sugli autobus. Questo significa che si riconosce la possibilità di esistenza di immagini che offendono la dignità dell'uomo, ma non si fa altrettanto per l'immagine della donna, permettendo così che l'immagine del corpo femminile venga utilizzata come si vuole, anche umiliando e svilendo la donna.
Il 15 luglio scorso, il "Financial Times" ha dedicato all'Italia un articolo, da cui emerge che le donne italiane aspirano ad essere casalinghe o "seduttrici". L'articolo, titolato "La terra che ha dimenticato il femminismo", era corredato da un'immagine di Elisabetta Canalis che mostrava con generosità le sue forme. La Canalis è stata protagonista di una campagna pubblicitaria della Tim, che produsse migliaia di cartelloni pubblicitari che la ritraevano china in avanti per mostrare il seno. Secondo il giornale inglese la donna italiana è la peggio considerata rispetto agli altri paesi europei, e per trovare situazioni ancora più drammatiche occorre andare in Corea, in Egitto o a Cipro. L'autore dell'articolo, Adrian Michaels, che è il corrispondente da Milano, racconta che in Italia la donna è mostrata per stimolare "i genitali dell'uomo, anziché il cervello". Michaels, che vive in Italia già da qualche anno, è rimasto molto colpito dal fatto che nessuno solleva il problema così grave della mercificazione e discriminazione della donna. L'intento dell'autore era proprio quello di attrarre l'attenzione sulla situazione degradante e umiliante in cui è stata relegata la donna italiana.
I telegiornali italiani hanno dato la notizia dell'articolo di Michaels, ma intervistando soprattutto persone che minimizzavano o addirittura criticavano il punto di vista del giornale inglese. Nessuna critica è stata fatta al sistema pubblicitario o mediatico, né alla cultura italiana.
Il giudizio del "Financial Times" appare del tutto fondato, e sarebbe il caso che le autorità italiane prendessero coscienza della gravità del problema per iniziare a fare qualcosa, come ad esempio difendere l'immagine femminile dalla mercificazione o fare leggi per tutelare meglio i diritti delle donne.
Il degrado che ha colpito l'immagine della donna in Italia, e gli effetti che produce, sono conseguenza di un percorso graduale, in sintonia con il metodo della "metafora del ranocchio" (vedi articolo "La metafora del ranocchio"). Ossia, tale realtà si è determinata a poco a poco, e per questo oggi è generalmente accettata e considerata "normale" da molti. A partire dagli anni Cinquanta, in Italia si diffusero le riviste femminili, in cui le donne erano rappresentate rigorosamente vestite con eleganza, e anche quando si riportavano notizie di "scandali" delle "stars" di Hollywood, le immagini e i testi erano sempre assai pudichi e discreti. Tuttavia, tali riviste, facevano passare una visione del ruolo femminile ben determinata: la donna doveva curare il suo aspetto fisico e ambire a sposare un "buon partito". La bellezza fisica era vista come risorsa essenziale di cui la donna poteva disporre per agguantare un uomo benestante o ricco. In queste riviste, molti articoli mostravano belle case, belle donne sorridenti e oggetti costosi, come gioielli, automobili e abiti di lusso. A partire dalla fine degli anni Sessanta-inizio anni Settanta, in armonia con la nascita di movimenti femministi e per la difesa dei diritti civili, l'immagine della donna iniziò a cambiare: sulle riviste e in TV apparivano donne in minigonna e con atteggiamenti di minore sottomissione al lusso e al potere maschile. Gradualmente, le pubblicità presentarono i corpi femminili sempre meno vestiti: dalla minigonna si passò alle scollature sempre più azzardate, fino all'immagine ammiccante in biancheria intima. A partire dagli anni Ottanta le immagini pubblicitarie ritraevano spesso la donna priva di reggiseno, e soprattutto dagli anni Novanta iniziarono ad apparire corpi completamente nudi, oppure parti del corpo, specie il sedere e il seno. Oggi le riviste femminili presentano una quantità enorme di pubblicità in cui il corpo della donna è nudo. L'abitudine a queste immagini ha indotto le donne italiane ad accettare l'estesa mercificazione del corpo femminile che la pubblicità oggi pratica. Oggi molte donne ritengono che ciò sia "normale", o addirittura positivo. Su questi giudizi pesa anche la lusinga che tende a far credere alle donne che esibire il corpo significa essere ammirate e amate. Si tratta della cultura dello spettacolo, che induce a credere che apparire possa significare esistere, e che mostrarsi sessualmente prorompenti può dare molto successo.
Delle lotte femministe per i diritti della donna rimane oggi ben poco. Col passare degli anni, la propaganda cercò di svilirle, mettendone in evidenza alcuni aspetti del tutto accessori, come la questione della rinuncia al reggiseno. Il termine "femminista" diventò a poco a poco un'etichetta nefasta. Infatti, tale parola venne associata a significati negativi, facendo apparire le femministe come lesbiche oppure persone con problemi nel rapporto con l'uomo. Ciò ha scoraggiato le donne dal professare di credere in una lotta per la difesa dei diritti della donna e ha contribuito al trionfo dell'immagine femminile svilita al ruolo di seduttrice ammiccante o di casalinga. La personalità femminile, attraverso i mass media, senza alcuna opposizione, è stata appiattita e relegata all'interno degli aspetti più superficiali, con messaggi continui che attribuiscono valore alla donna sulla base di ciò che è esteticamente.
L'Italia è dunque un paese gravemente sessista. Le donne stesse talvolta sono refrattarie a denunciare aspetti del comportamento maschile che ledono la loro dignità. La maggior parte delle donne italiane sa di essere discriminata, ma alcune minimizzano il problema, mentre la maggior parte degli uomini lo ammettono, per timore di essere relegati all'interno della categoria dei maschilisti. Molti di coloro che si affrettano a sostenere che la donna è discriminata sono gli stessi che discriminano. Lo fanno perché sono abituati a farlo, avendolo appreso sin da piccoli. Prevaricano la donna senza accorgersene, anzi, spesso credendo di comportarsi in modo "paritario". Anche solo nelle piccole cose mostrano la cultura in cui sono stati formati. Ad esempio, nel prender parola quando a parlare dovrebbe essere la donna, o nel sentirsi in diritto di criticare e correggere la donna anche quando non si viene affatto criticati o corretti.
La libertà e la parità sessuale, nel nostro paese sono chimere. Ad esempio, se un uomo sceglie di stare con molte donne viene considerato assai positivamente (latin lover), mentre se una donna fa altrettanto viene volgarmente e offensivamente apostrofata.
Nel nostro contesto culturale, le donne vengono viste come "colpevoli" anche quando non lo sono. Ad esempio, quando la donna viene picchiata o stuprata, alcuni hanno l'impulso a cercare una colpa nella donna stessa, nel suo comportamento o nel suo abbigliamento, per deresponsabilizzare l'uomo. Anche le donne che si esibiscono seminude in TV vengono criticate, dimenticando che è l'autore del programma (un uomo) a decidere di mettere donne che impersonano quei ruoli non gratificanti, e se anche la donna è responsabile perché si presta a quei ruoli degradanti, è pur vero che non sono le donne a decidere quello che oggi va in onda in TV.
L'uomo, nel nostro contesto culturale, è inquietato (a meno che non elabori attivamente il problema) dalla figura femminile, che da bambino lo vedeva in completa dipendenza. Inoltre, egli non viene abituato ad accettare e ad esprimere la propria emotività, che lo vede fragile, come un uomo, gli viene insegnato, non dovrebbe mai essere. La donna, invece, identificandosi con la madre risolve l'originaria dipendenza, e viene abituata ad esprimere la propria emotività, nei gesti affettivi, attraverso il pianto o con altri comportamenti emotivi. L'amore per il padre la spinge alla conquista del suo affetto, e per questo il suo comportamento risulterà spontaneamente incline alla "seduzione" affettiva. In caso di prevaricazione del maschile e di imposizione di ruoli sessuali stereotipati, la donna subirà conseguenze assai negative, poiché l'uomo che non ha risolto la sua originaria inquietudine verso il femminile sarà indotto a volerla rendere inoffensiva, percependo in essa un potenziale pericolo di dominio sulla sua persona. Di conseguenza, l'immagine stereotipata che l'uomo tenderà ad affermare sarà quella della donna/bambina, sessualmente seduttiva ma priva di personalità. Bella ma oca, sorridente e sciocca, da tenere in ruoli inferiori. E' questa l'immagine femminile che tranquillizza l'uomo.
Oggi i pubblicitari, gli autori di programmi televisivi, i dirigenti delle reti TV e i registi cinematografici sono quasi tutti uomini, e l'immagine mediatica proposta è quasi sempre esattamente quella che più li rassicura.
La donna viene incoraggiata ad introiettare l'immagine di seduttrice che l'uomo ha creato sulla base delle sue fantasie, e non a conoscere il proprio corpo e ad esprimere e creare essa stessa fantasie e immagini sessuali. Essa viene incoraggiata ad assumere ruoli subalterni rispetto all'uomo, e quando non lo fa deve giustificarsi. Fa notizia la donna che diventa pilota, idraulico o autista di tram.
In un contesto lavorativo, se la donna raggiunge un maggiore successo di altri colleghi uomini (ciò accade assai raramente perché di solito è ostacolata), qualcuno fra questi ultimi può provare un senso di ingiustizia perché fin da piccolo ha appreso implicitamente che egli deve dimostrare di essere superiore alla donna, raggiungendo un livello lavorativo più elevato, e se ciò non accade significa che ha fallito.
Fino a qualche tempo fa si sosteneva che le donne del sud Italia fossero più arretrate di quelle del nord perché più spesso sceglievano di fare le casalinghe. Ma se si approfondiva si capiva che molte donne del nord erano più svantaggiate di quelle del sud, perché oltre a lavorare molte ore fuori casa dovevano svolgere tutti i lavori in casa e occuparsi dei figli. Pochissimi uomini del nord erano stati educati all'idea di dover equamente dividere i lavori di casa, cosicché, mentre il ruolo di casalinga veniva sempre più visto come involutivo per la donna, in realtà tutte le donne (lavoratrici e non) erano costrette a farlo come un dovere.
Oggi il mercato del lavoro, diventato sfruttamento legalizzato e precariato perpetuo, ha spianato la strada per un "ritorno al focolare domestico" della donna. All'aspirazione casalinga si è aggiunta l'aspirazione a diventare vip. Le ragazzine, cresciute con la sessualizzazione massiccia offerta dai media, credono che sia del tutto normale ridurre l'intera esistenza all'essere visti o desiderati.
La giornalista del Messaggero Marida Lombardo Pijola ha fatto una scoperta raccapricciante: l'esistenza di bambine di 11/13 anni che "seducono" ballando seminude nelle discoteche. Nel libro Ho 12 anni faccio la cubista mi chiamano principessa,(1) la giornalista ha riportato le agghiaccianti interviste fatte a cinque di queste bambine, che raccontano anche di "favori sessuali" a pagamento.
Tutto questo è dovuto all'eccessiva sessualizzazione della realtà veicolata dai mass media, che incoraggia le bambine e sentirsi "donne" anzitempo, e a credere che la loro esistenza debba essere improntata esclusivamente alla seduzione sessuale. Le bambine, in questo contesto, sono indotte a credere che la loro mente debba essere assorbita soprattutto da preoccupazioni o pensieri che riguardano l'avere un corpo bellissimo, e che ciò possa garantire la possibilità di esistere, nell'essere guardate e desiderate.
La nostra cultura sembra sessualmente libera ma non lo è affatto. In essa si confonde la moralità con il moralismo e la libertà sessuale con la volgarità e la mercificazione della donna.
Qualche tempo fa, in un programma televisivo, ad alcuni uomini si chiese cosa pensassero delle donne che posano nude per i calendari. Tutti risposero che non c'era nulla di male nello spogliarsi. Quando però si chiese loro se fossero disposti ad accettare che la loro madre, sorella o moglie posasse nuda, risposero tutti di no, cercando di giustificarsi in modo impacciato.
Questo prova che anche coloro che usufruiscono delle immagini pornografiche, in realtà riconoscono che il mostrare il corpo femminile come oggetto, privato dell'entità di persona, non è accettabile, anche se oggi è diventato un fenomeno tristemente familiare.
Alcuni fotografi parlano di "foto artistiche", ma chissà perché la loro arte è ispirata soltanto dalle donne nude. Se è vero che il nudo in sé non è volgare né offensivo, è anche vero che esso può diventare una "merce", ossia un corpo privo di quegli elementi che lo rendono persona.
Nel mondo della finzione, qual'è quello televisivo e cinematografico, sembra che si possa mostrare di essere qualsiasi cosa senza effettivamente esserlo "dentro". E' da ciò che nascono le donne seduttrici dai finti labbroni, che ancheggiano conturbanti in abiti discinti. O le vallette che eseguono come burattini il copione preparato dal regista del programma. Caricature di donne, create da uomini. Oggi si chiede alla donna di adattarsi a questi stereotipi e ambire al "posto al sole" conquistato a colpi di seduzione. Molte donne si adattano a questa realtà, nella maggior parte dei casi con costi elevatissimi: nevrosi e varie patologie, specie di tipo alimentare.
La seduzione è un aspetto importantissimo della realtà, ma essa diventa grottesca quando è privata dell'essenza delle persone in gioco. Quando non coinvolge l'intera persona, ma soltanto parti anatomiche, e non è indirizzata ad un "oggetto" che seduce a sua volta.
Voler sedurre tutti, paradossalmente, può voler significare l'incapacità di vera seduzione, oppure il non essere capaci di essere sedotti. La donna dalla sessualità insicura cerca invano certezze all'esterno, nel sedurre tutti.
Essendo stata retrocessa a "seduttrice", la donna italiana è soggetta a giudizi estetici severi. Viene notato se una donna non è particolarmente bella, mentre l'uomo non bello non è per forza soggetto a giudizi estetici. Mi ricordo di una trasmissione televisiva in cui Rosy Bindi veniva criticata per la mancata "avvenenza", ma lo stesso giudizio non l'ho mai sentito rivolgere a uomini politici di scarse qualità seduttive.
Alla donna si chiede anche una maggiore forza emotiva e psicologica. La scorsa primavera, su Raidue fu mandato in onda un reality dal titolo "La sposa perfetta". In quella trasmissione si chiedeva alla donna, oltre alla bellezza, una resistenza psicologica maggiore rispetto agli uomini. Infatti, gli uomini erano accompagnati dalle madri, mentre le donne erano sole. Le donne dovevano dimostrare di essere "spose perfette" e alla fine del programma una di esse sarebbe stata premiata. Le riprese della vita nella "casa" erano spesso incentrate sul corpo femminile. Nonostante la trasmissione fosse diretta alle famiglie, le donne venivano inquadrate mentre si vestivano o svestivano (molto più spesso che gli uomini), e addirittura dalle immagini delle ragazze svestite si ricavò un calendario, mostrato durante una puntata del programma. Nell'ultima puntata si premiò la "madre perfetta", indicando che tutte le donne erano sottoposte a giudizi e chiamate al perfezionismo.
L'attuale realtà mediatica, oltre ad essere sessista, ci invia continui messaggi che minano il rapporto uomo/donna, istigando rivalità e rancori reciproci. La maggior parte delle produzioni televisive e cinematografiche sono caratterizzate da storie di separazioni e incomprensione fra i sessi. A volte c'è addirittura lo scontro aperto violento fra donna e uomo. Le informazioni sulla diversità fra i sessi e l'incomunicabilità sono assai veicolate, mentre quelle contrarie sono pressoché inesistenti.
E' inconfutabile che l'uomo e la donna abbiano aspetti fisici e psichici che li differenziano, tuttavia, queste differenze non sono tali da pregiudicare completamente ogni possibilità di rapporto costruttivo e positivo.
La nostra cultura mediatica non ci fornisce alcuna indicazione su come risolvere incomprensioni, incomunicabilità ecc., mentre ci dà tanti stimoli al contrasto e alla discordia.
Ad esempio, non tutte le donne sanno che gli uomini conservano la dimensione del gioco, e in un rapporto vorrebbero trovare anche la possibilità di contrastare la noia e la banalità del quotidiano, mentre le donne, puntano soprattutto a voler stabilire un profondo legame affettivo/sentimentale. E non tutti gli uomini sanno che per la maggior parte delle donne il tradimento intollerabile è quello sentimentale o affettivo. Per questo possono essere gelose persino della madre, mentre l'uomo, che intende il tradimento come sessuale, non può essere geloso del padre, quanto, piuttosto, di un collega che trascorre molte ore con la moglie. Ci si può capire meglio conoscendo le diversità, e le incomprensioni non sempre sono insormontabili. Esistono molti libri che possono aiutare a capirsi, ma per fare il passo di voler capire occorre prima pensare che ciò sia possibile.
Non c'è società libera senza rispetto per la donna. Se ogni uomo (anche i pubblicitari e gli autori dei programmi televisivi) avesse per ogni donna il rispetto e la considerazione che ha per se stesso, sparirebbero i modelli mediatici negativi posti come esempio da imitare.
Il futuro attende il coraggio di essere donne e la capacità di rispettare le donne.
Articolo correlato: "LA MERCIFICAZIONE DELLA DONNA. Violenze e discriminazioni contro le donne nel mondo contemporaneo".
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NOTE
1) Lombardo Pijola Marida, Ho 12 anni faccio la cubista mi chiamano principessa, Bompiani Editore, Milano 2007.
7 commenti:
L'immagine femminile è sempre stata usata per gestire le masse.
Il Concilio di Efeso ha decretato l'adorazione della Madonna.
Personaggi femminili immaginari come Lilì Marlene hanno accompagnato sui campi di battaglia i combattenti della II guerra mondiale.
E' mia opinione che anche le figure delle first ladies vengano esagerate sul mainstream, perchè una figura femminile attira sempre e comunque.
Siamo (stati) bene o male abituati a quest'uso di un'immagine femminile e separarcene ci resta difficile.
In ogni caso sono d'accordo che l'uso dell'immagine femminile è eccessivo.
Giovanni Pesce
Oltre ad essere eccessivo è altamente nocivo, basta guardare le nostre ragazzine per rendercene conto.
L'esposizione di parti anatomiche femminili in pubblicità serve a nascondere la truffa del prodotto offerto.
Carissimi, avete toccato tasti molto interessanti e importanti, su cui si dovrebbe riflettere a lungo.
E' vero che l'attuale sistema non svilisce soltanto la donna ma anche l'uomo, seppure in modi diversi.
L'uomo viene giudicato per il conto in banca o per l'automobile e altri status symbol, mentre la donna è giudicata per il suo corpo.
In maniere diverse si cerca di mercificarli entrambi, e l'unico modo per uscirne è guardare dentro se stessi, cercare cosa si vuole veramente e trovare la vera libertà, che il gruppo dominante cerca di impedire perché sa che le persone veramente libere non subiscono più l'oppressione, non si sentono più impaurite e disposte ad attribuirsi valore sulla base dei criteri superficiali e gretti che gli provengono dall'esterno.
Concordo col tuo bel post. Il danno è molto profondo quando si allevano generazioni attente solo all'immagine, e questo vale anche per un ipotetico domani dove l'immagine potrebbe essere quella maschile.
Splendido Post. Mi vedi perfettamente d'accordo nella tua analisi: noi tutti e i giovanissimi in particolar modo sono vittime di una tipizzazione sessuale che vede l'uomo rigorosamente ricco vincente e macho e la donna ochetta passiva e senza cervello. Tipizzazione che ai miei occhi nasce dalla via italiana al capitalismo "duro" che si è diffusa da qualche anno a questa parte.. Mi è anche venuto in mente il discorso di una mia amica svizzera che tempo fa mi ha detto: "mi sembra che in Italia, per poter avere una relazione, ci siano dei paletti all'entrata e che l'amore sia riservato a chi soddisfa certi requisiti.."
Ho da poco aperto un blog sui ruoli sessuali: http://autocoscienzamaschile.splinder.com nel quale mi fa piacere linkarti.
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